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22 dicembre 1926 – 90 anni fa nasceva Alcides Ghiggia. Il figlio a LR24.IT: “Ha sempre respirato l’essenza di Roma, dei suoi tifosi. Amava la gente romana”.

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LAROMA24.IT (Federico Baranello) – Il 22 dicembre 1926 nasce a Montevideo, in Uruguay, Alcides Ghiggia. Con il classico numero “7” sulle spalle, è una fenomenale ala destra dal dribbling fulmineo e spesso irriverente. Giunge a Roma preceduto dalla fama derivante dall’aver vinto due volte il campionato Uruguaiano con il Peñarol e, soprattutto, per aver ammutolito il “Maracanà” nella gara che laurea Campione del Mondo l’Uruguay nel 1950. In quell’occasione il più quotato Brasile, ospitante la fase finale della manifestazione, deve arrendersi al gol di Ghiggia nell’ultima partita del girone. Un gol che getta il Brasile tutto nel silenzio ad 11’ dal termine. Un gol che porta Alcides sulle vette più alte del calcio internazionale. E una data, il 16 Luglio 1950, che diventa il “Maracanazo”.

Per l’occasione abbiamo raggiunto telefonicamente il figlio Arcadio, a Montevideo. La prima domanda che gli rivolgiamo è relativa al suo nome, un nome da “Imperatore Bizantino”, un nome molto caro ai colori giallorossi, e infatti…: “Il mio nome è in onore di Arcadio Venturi, giocatore e Capitano della Roma in cui giocò papà. Mio padre mi raccontò che Venturi fece di tutto per farlo sentire a casa sua, per fargli dimenticare la lontananza da casa”. Addirittura quando ci fu l’esordio in campionato il 13 settembre del 1953 contro il Genoa la Federazione non aveva ancora trasmesso tutta la documentazione e Ghiggia giocò con una “Assunzione di responsabilità” da parte di Venturi. E proprio in quella partita, cioè all’esordio, fece anche il suo primo gol. “Nacque una grande amicizia tra di loro” continua il figlio Arcadio, “e nel dicembre successivo, quando nacqui, mio padre mi diede il nome del suo più grande amico”. Arcadio Ghiggia è infatti nato a Roma, dove ha studiato e parla un italiano perfetto.

Dopo il successo al Mondiale non tutto va alla perfezione per Alcides e nel 1953 deve scontare anche una squalifica per aver colpito con un calcio l’arbitro durante “El Superclásico” Penarol – National. “Su questa vicenda vorrei fare una precisazione” ci dice Arcadio Ghiggia, “Non fu mio padre a colpire l’arbitro, ma un altro giocatore. L’Arbitro però dopo essere stato colpito vide mio padre e lo espulse. Per anni ho chiesto a mio padre di dirmi chi effettivamente avesse colpito l’arbitro. Mi ha sempre detto che non poteva accusare un suo compagno di squadra e che sarebbe stato un segreto che lo avrebbe seguito nella tomba; e così è stato”.

Nel 1953, durante una riunione di tifosi tenuta a Testaccio, il Presidente Sacerdoti dichiara: “Poche ore fa, prima di venire tra voi, sono stato informato che uno dei più grandi giocatori del mondo, vestirà, all’inizio del torneo, la maglia gloriosa della Roma…”. La folla a stento riesce a trattenere il fiato. Un tifoso grida, interrompendo le parole del Presidente: “Dicce er nome…”. “Porta lo stesso nome del nostro beneamato Presidente del Consiglio”, risponde ad alta voce Sacerdoti. “Alcide” fa eco la folla. Si ode di lontano qualche Palmiro ed anche un Pietro, ma Sacerdoti copre tutte le voci: “E’ Alcide Chiggia, campione del mondo, con la nazionale dell’Uruguay…” (Cit. Vita segreta della Roma, G. Tramontano, 1964). Il prezzo per acquistare il “Campione del Mondo” Uruguaiano si aggira intorno i 35 milioni; l’anno della “B” sembra lontanissimo e a Roma si sogna di nuovo.

Seguono otto stagioni in giallorosso dove colleziona 213 presenze e 19 reti. Come i numeri confermano il gol non era la sua specialità, preferiva servire il compagno di turno dopo serpentine ubriacanti, un autentico suggeritore. Si narra anche di come la sua condotta fuori dal campo non sia così esemplare. In effetti è innamorato della vita mondana. “Papà giunse a Roma nel periodo post bellico” ci dice il figlio Arcadio, “nel momento in cui la società stava risorgendo, e Roma era la massima espressione di questo risorgimento. Era diventato amico di Sordi, Gassman, De Sica e la Lollobrigida. Era il periodo della “Dolce Vita” e un uomo così in vista come lui ne fu conquistato. L’amore per Roma e la Roma fu massimo, ha sempre portato sopra la pelle quella maglia e quella città. Ha sempre respirato l’essenza di Roma, dei suoi tifosi. Amava la gente romana.” Un amore reciproco visto che i tifosi della Roma lo eleggono nella Hall Of Fame giallorossa nel 2014.

Alcides Ghiggia sa che inseguire il sogno del calcio può portare al nulla, “Il calcio può finire in un attimo ripeteva” ci racconta Arcadio, “e voleva che io studiassi. Stessa cosa diceva a Guarnacci, tanto che quest’ultimo arrivava al campo d’allenamento con i libri. Ho seguito il suo consiglio e sono tornato anche a Roma a studiare, alla Sapienza. Ma questo non mi ha impedito di diventare anche un allenatore. Il mio sogno? Allenare la Roma, la squadra e la città che papà aveva nel cuore”. Il 16 luglio del 2015 il campione sudamericano viene a mancare. Lo stesso giorno, sessantacinque anni dopo, del “Maracanazo”. Un giorno rivissuto tante volte e un gol che era stanco di raccontare, sapendo che aveva reso felice tanta gente ma anche triste un intero popolo. “Chissà se avrò fatto bene o no” diceva, “Solo Dio può saperlo”.

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