19 agosto 2007 - 10 anni fa la Roma vince la sua seconda Supercoppa - Gli Eroi del Calcio
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La Penna degli Altri

19 agosto 2007 – 10 anni fa la Roma vince la sua seconda Supercoppa

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LAROMA24.IT (Federico Baranello) – E’ sempre Roma – Inter la sfida per eccellenza dal 2005 al 2010, in campionato e in Coppa Italia. E’ così anche il 19 agosto 2007 per la sfida di Supercoppa. L’Inter, Campione d’Italia, ha un undici dai nomi importanti: Julio Cesar, Burdisso, Cordoba, Materazzi, Chivu, Dacourt, Vieira, Zanetti, Stankovic, Suazo e Ibrahimovic. Una grande squadra e molti di loro saranno presenti nella stagione del Triplete. Un solo italiano in formazione. La Roma risponde con Doni, Cassetti, Mexes, Panucci, Tonetto, De Rossi, Aquilani, Taddei, Giuly, Vucinic e Totti. La coccarda tricolore sul petto e sei italiani nella formazione giallorossa, di cui tre romani, costituiscono il vanto. In 10.000 si mettono in marcia, vessilli al seguito, per accompagnare la compagine giallorossa e alle 20,45 tutto è pronto per la contesa.

Nella prima mezz’ora in campo si vede solo la Roma. I giallorossi sembrano più vivi, più in forma, più pronti a giocare una gara vera dopo la sosta estiva. Vucinic, Tonetto, Totti e Giuly spaventano i nerazzurri di Mancini. Sui piedi di Giuly passano due occasioni splendide, al 7’ e al 27’, vanificate forse per troppa precipitazione. Una partita dominata sino a questo momento, ma sale il rammarico per non aver concretizzato. L’Inter quindi prova a scuotersi e crea qualche grattacapo alla retroguardia giallorossa. Intanto dal “Settore Ospiti” è un gran bel sostenere.

Nella seconda frazione di gioco subito un’occasione per Suazo e poi ancora una palla d’oro per il solito Giuly che spreca di nuovo, portando a tre le occasioni fallite dal francese. L’Inter si affida a lanci lunghi verso il proprio attacco, la Roma gioca invece palla a terra. Al 78’ l’azione che cambia la partita. Totti defilato sulla sinistra controlla il pallone e cerca di guadagnare l’area. Un paio di finte e Burdisso lo stende: nessuno ha dubbi che non sia rigore. Non si hanno dubbi nel “Settore Ospiti”, non si hanno dubbi nei Pub romani, non si hanno dubbi sui divani delle famiglie giallorosse. È rigore, come è giusto che sia. Totti non ce la fa ad andare sul dischetto: nel contatto con il difensore argentino ha sentito il riacutizzarsi di un vecchio dolore. È troppo importante la posta in palio per rischiare. S’incarica della battuta Daniele De Rossi. Da romano a romano. Da tifoso giallorosso a tifoso giallorosso. Da Capitano a Capitano. “Quando sono andato sul dischetto ho provato le stesse sensazioni di quella notte, quando dovevo calciare uno dei rigori che avrebbero deciso la finale”, dirà poi De Rossi riferendosi al mondiale di Berlino dell’anno precedente. Con quella sensazione dentro di se prende il pallone, lo sistema sul dischetto, indietreggia. Di fronte Julio Cesar, la porta. Quella porta che in determinate occasioni sembra lontana e piccola piccola. Dietro ancora c’è un mare giallorosso: quel “Settore Ospiti” che ha voglia di esultare. De Rossi prende la rincorsa e calcia. Forte, angolato sulla sinistra. Il portiere nerazzurro intuisce e si getta dallo stesso lato. Per una frazione di secondo sembra che la palla sparisca, tra la mano del portiere nerazzurro e il palo. I cuori giallorossi si fermano. Poi sbuca di nuovo e si va a posizionare dentro la rete. C’è euforia, c’è gioia. Daniele nostro sembra impazzito, forse lo è davvero. Si dimena, urla, corre verso i suoi tifosi. Bacia la maglia. La vena pulsa. Il primo ad arrivare su di lui è Aquilani, ancora un romano. Poi tutti gli altri. Arriva Totti, si guardano. E Daniele nostro, perché Daniele è nostro, gli dice quello che a Roma ci si dice tra amici, quando ci si vuole bene: ”Mortacci tua”. Solo noi ne conosciamo il senso. Non serve spiegarlo.

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Dopo poco ancora un’occasione per Vucinic che non viene sfruttata a dovere. La partita termina e la Roma si aggiudica la sua seconda Supercoppa dopo quella dell’anno dello scudetto. 19 Agosto era allora, 19 Agosto è oggi.
Portace la Coppa, capitano portace la Coppa”, urlano i tifosi che attendono il trofeo in curva. Il Capitano li accontenta. Un premio per chi ha seguito la squadra. Ora si può cantare e ballare di fronte a chi aveva iniziato la partita con la coreografia “Padroni di Milano”. Milano è ormai terra di conquista, come nel Maggio precedente.
Alla “Scala del Calcio” suona la “Banda Spalletti”.

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