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Termoli storia & amarcord: il calcio in bianco e nero e il rito quindicinale dei tifosi

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TERMOLIONLINE.IT (Luigi De Gregorio) – TERMOLI. Il telefono designato per la gioia e dolore degli appassionati di calcio era quello del Bar dello sport. L’assiepamento era forte e già con molto anticipo rispetto al termine della partita.L’attesa era quella riservata oggi ad una star della musica.

A dirla tutta, a prescindere dal risultato, il tutto era un rito per la Termoli del calcio che si ripeteva una domenica si ed una domenica no.

IL LUOGO. In piena coerenza il rito non poteva che avvenire nel bar dello Sport. Quale? Uno ce n’era. In fondo al Corso Nazionale, poco prima di poter svoltare a sinistra per andare sul piano di Sant’Antonio.

L’occupazione in massa del bar era praticamente una ressa che si estendeva sul marciapiede e sul corso antistanti il locale. Iniziava almeno mezz’ora prima del termine della partita. Che era uguale per tutte le partite di calcio della nazione di qualsiasi livello (seria A, serie B, serie C etc.): inizio h 1430; termine alle 1615. (La puntualità delle partite di calcio e l’inizio della benedizione del papà in San Pietro – h 1200 sono le due cose che hanno sempre funzionato in Italia, tralasciando l’attuale rivoluzione nel settore calcio)

L’ATTESA. Si parlava ovviamente di calcio. Si vociava. Si pronosticava. Tutto ad alto volume in un crescendo continuo per superarsi in decibel, tutti contro tutti. Insomma un casino. Che però d’incanto scompariva quando il super termolese rappresentante dei tifosi termolesi entrava nella cabina telefonica in attesa della chiamata del corrispondente tifoso – accompagnatore- uomo tuttofare che aveva seguito la squadra in trasferta ed avrebbe dovuto comunicare il risultato.

Dopo le 16.30 ogni minuto che passava era una freccia al cuore dei tifosi. Perché si sa chi deve dare notizie negative tende a darle in ritardo. Non mancavano le giustificazioni ottimistiche: forse il primo telefono utile è lontano dal campo sportivo, forse l’unico telefono del paese della squadra ospitante non funziona. Ovviamente i più pessimisti:abbiamo perso e basta!

IL RISULTATO. Finalmente squilla il telefono. Colui che annuncerà la novella ai tifosi in sala entra in cabina chiedendo di fare silenzio. Subito obbedito, una quiete tombale. Brevissimo tempo. Meno di un minuto. Esce dalla cabina. Viso nero e sguardo accigliato. Tutti hanno compreso la sconfitta. Il dubbio: con onore o una mazzata? Una voce dalla sala a quanto abbiamo perso? La risposta Tre a zero suonava come un annuncio mortuario.

LA FINE (o quasi) DELL’EVENTO. La domenica sportiva era terminata. I più si riversavano sul Corso per il passeggio. Oppure andavano a cinema. Od altro.

I chiu sfegat-t continuavano a parlare di calcio e della partita non avendo nessuna notizia a riguardo (tranne che il risultato), come facessero una frittata senza avere le uova. Ed attendevano il bus di ritorno della squadra, fosse anche previsto per la mezzanotte. Un calcio parlato senza immagini. Che tempi. Ma c’era la radio per le partite nazionali.

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