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Amarcord: Gioacchino Prisciandaro, il bomber da 300 gol senza pagina Wikipedia

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MEDIAPOLITIKA.COM (Marco Milan) – Storie di goleador, di attaccanti che hanno fatto innamorare piazze affamate di calcio diventandone simboli assoluti: questa è spesso la vita e la carriera dei cosiddetti bomber di provincia, centravanti che girano in lungo e in largo l’Italia, acquistati e pagati per fare gol senza però salire di categoria. La storia di Gioacchino Prisciandaro è ancora più completa e particolare, fatta di gol, campi polverosi ed un’unica breve apparizione in serie B, il tutto senza avere neanche una pagina Wikipedia dedicata.

Gioacchino Prisciandaro nasce a Bari l’8 settembre 1970, tifosissimo del Bari già da bambino quando inizia a giocare in un piccolo club cittadino, la Tangari Bari, dove inizialmente fa il portiere. Un giovedì in allenamento l’allenatore gli dice: “Mettiti in attacco per la partitella”, senza sapere che cambierà la vita del ragazzo. Prisciandaro quel giorno segna 10 reti e capisce che forse la sua strada è quella di spingerla dentro la porta la palla piuttosto che evitare che vi finisca. Così si mette presto in mostra ed entra a far parte del settore giovanile del Monopoli, scoperto dal direttore sportivo Domenico Pellegrini che lo porta a Noci (BA) dove vince subito il campionato, fino all’esordio fra i professionisti nel 1990 a Fasano in C2, poche presenze (anche a causa del servizio militare), nessuna rete ma la capacità di imparare dai più grandi, di mettere in cascina tanto fieno da chi in quel momento ha gol ed esperienza da vendere. A Pistoia ed Aosta le prime reti in serie C, un breve passaggio ad Avellino dove è chiuso dagli attaccanti titolari, poi un lungo girovagare nei dilettanti dove sembra trovare la sua dimensione: gol a grappoli a Maglie, a Cava de’ Tirreni, a Terzigno, sfiora la promozione in C2 con la maglia del Potenza nel 1998, poi a Rutigliano nel 1999 diventa famoso in tutta la Puglia per la quaterna rifilata al Taranto in un clamoroso 6-0 per la formazione barese con la quale alla fine del girone d’andata segna addirittura già 22 reti (31 totali a fine anno), quindi la svolta quando non ci credeva più, a quasi 30 anni, nel 2000 quando sempre in Puglia, è ingaggiato dal Martina che è in serie D e punta al ritorno nel professionismo dopo 10 anni; Martina Franca è una città piccola, la locale squadra di calcio è seguita da tifosi amareggiati da una storia fatta di promesse raramente mantenute e di una serie C inseguita come una chimera.

Prisciandaro è uomo da gol, lo capiscono subito tutti: alto e possente, chiama palla spalle alla porta, lavora per i compagni e quando ha l’occasione giusta non sbaglia quasi mai. Il Martina torna in C2 grazie alle reti del bomber barese che ne segna 22 in 24 partite, una media spaventosa per un calciatore che ha ormai 30 anni. Il meglio l’ha dato, sostiene qualcuno a Martina Franca dove Prisciandaro si concede qualche libertà gastronomica di troppo ma scopre la cultura del lavoro. L’attaccante ha infatti raggiunto una maturità fisica e mentale fino ad allora sconosciuta, perchè fino ad allora si era sempre allenato in modo approssimativo, non curando i dettagli, pensando che il calcio fosse solo divertimento, concendendosi cibo ed avventure galanti oltre il consentito. Ora suda e sbuffa in allenamento, il suo rendimento cresce, così come la sua resistenza fisica, perchè ora Prisciandaro corre dal primo all’ultimo minuto e non si blocca dopo un’ora con le mani sulle ginocchia, ora fa il calciatore vero, quello che gioca a pallone per mestiere e non soltanto per diletto. Il Martina vince anche il campionato di C2 e Prisciandaro mette a segno altri 22 gol che trascinano i biancoazzurri in C1 dove nella stagione 2002-2003 partono per salvarsi e si ritroveranno invece ad un passo dal Paradiso. Grazie alla coppia di attaccanti formata da Prisciandaro e Mitri, infatti, il Martina si installa fin da subito nelle posizioni alte della classifica, infastidendo compagini blasonate come Pescara, Avellino e Taranto; il Martina gioca bene, guidato dal tecnico Vincenzo Patania, e vince tanto, al punto dal contendere per buona parte della stagione il primato all’Avellino (che vincerà poi il campionato) e al Pescara, secondo al termine del torneo proprio davanti ai pugliesi. Martina ai playoff per la serie B, chi lo avrebbe mai detto? In semifinale, la squadra di Prisciandaro elimina il Teramo e si qualifica clamorosamente per la finale contro il Pescara, a confronto con una realtà che per anni ha calcato i campi della serie A. L’8 giugno 2003 il piccolo stadio Tursi di Martina Franca è pieno all’inverosimile, la gara finisce 0-0, Prisciandaro fallisce anche un calcio di rigore a pochi minuti dalla fine e il sogno si interrompe una settimana dopo allo stadio Adriatico di Pescara quando gli abruzzesi vincono 2-0 e tornano in serie B spezzando le speranze del piccolo Martina.

Prisciandaro capisce che il declino dei pugliesi è vicino ed accetta l’offerta della Cremonese per riportarla dalla C2 alla C1. Altra città, altra concezione di calcio, all’attaccante non sono perdonati gli eccessi di Martina Franca quando poteva sgarrare liberamente la dieta passando le serate a mangiare panini con la mortadella e a bere birra, perchè a Cremona si respira aria di grande calcio e c’è voglia di tornare in categorie prestigiose. Ma Prisciandaro si impone immediatamente diventando l’idolo della tifoseria: con 28 reti in 35 presenze trascina i grigiorossi in C1 e l’anno dopo ne fa 18, sufficienti per un’altra promozione; la Cremonese si ritrova in poco più di un anno dalla C2 alla serie B grazie ad un centravanti di 35 anni che ad un’età in cui molti si ritirano si appresta ad esordire nel campionato cadetto, i tifosi lo chiamano Jack lo squartaporte. Una gavetta lunghissima per un calciatore che ha perso anni importanti anche a causa di un carattere indolente, ma che ora vuole recuperare il tempo perduto a suon di gol e vuole misurarsi con il calcio vero, quello che va in televisione, quello che è ai piedi della serie A, in una piazza blasonata come Cremona che riabbraccia la serie B dopo 7 anni. La fatica si fa sentire, gli allenamenti sono durissimi per Prisciandaro che si accorge subito che giocare in serie B è diverso dai campionati minori, anche i contrasti durante le partite sono più duri, basta mollare un secondo e si può compromettere una gara. E’ dura anche fare gol, inoltre la Cremonese condurrà un campionato pessimo che si concluderà col penultimo posto in classifica e la retrocessione.

Prisciandaro segna due reti, il 4 settembre 2005 nel 2-0 al Catanzaro, ed il 9 ottobre nella sconfitta dei lombardi per 2-1 ad Avellino. Il 5 novembre la Cremonese gioca a Bari, proprio nella città di Gioacchino Prisciandaro che quando mette piede nello stadio San Nicola ha i brividi come mai ne aveva avuti prima. La squadra grigiorossa perde 1-0, rete di Vincenzo Santoruvo, altro barese doc, e Prisciandaro prende una decisione che aveva già iniziato a covare da qualche settimana: lascia Cremona e la serie B per compiere un triplo balzo all’indietro trasferendosi al Palazzolo in serie D. Non regge fisicamente un campionato logorante come quello cadetto, inoltre l’esonero del tecnico Giorgio Roselli col quale aveva legato tantissimo, spinge Prisciandaro a tornare nella dimensione del dilettantismo, preferendo ingaggi minori ma la possibilità di giocare sempre, di saltare qualche allenamento e di fare tanti gol. A 36 anni ha dimostrato di saperli fare anche in B, continua a farne fra i dilettanti: dopo Palazzolo, infatti, Prisciandaro gioca anche a Barletta, a Brindisi, fino alla chiusura della carriera in Promozione dove a 40 anni suonati trascina il Casamassima a suon di reti. Proprio lì, terminato finalmente di giocare e segnare, apre una scuola calcio dividendosi nelle sue giornate fra la gestione di un bar in una stazione di servizio (sveglia alle 4 del mattino e lavoro fino all’ora di pranzo) e l’allenamento coi ragazzi al pomeriggio.

Nel 2018 esce l’autobiografia di Gioacchino Prisciandaro (“Il bomber dei Poveri”), scritta assieme al giornalista Mimmo Giotta, nella quale l’ex centravanti spiega candidamente: “Voglio che i ragazzi leggano la storia di uno che ha fatto tanta gavetta. E che dai miei errori capiscano quello che non va fatto per non precludersi palcoscenici importanti”. Vizi e virtù di un calciatore speciale, forse eccentrico, ma efficace, dannatamente efficace sottoporta: 8 campionati vinti in carriera, oltre 300 reti messe a segno e nessuna pagina Wikipedia in suo onore. Ma forse sarebbe proprio lui stesso a non volerla, lui che ama quel calcio dal sapore di terra battuta e del panino con la mortadella dopo la doccia, un calcio povero ma sano, senza pagine patinate ma con tanta genuinità troppo spesso perduta.

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