Quando il tifo è poesia: Umberto Saba, Trieste e la Triestina - Gli Eroi del Calcio
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Quando il tifo è poesia: Umberto Saba, Trieste e la Triestina

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Paolo Laurenza) – Il proposito di una narrazione del calcio priva di enfasi forzata e polemiche inutili trova tra i suoi ostacoli l’atteggiamento snobistico che molti hanno verso questo sport e verso l’entusiasmo che suscita.

Non che sia ingiustificato vista l’immagine che il calcio dà di se, ma come tutte le cose che provocano sentimenti e interesse, continuamente nel tempo, non può essere relegato a qualcosa di poco conto.

Woody Allen riassume bene (da americano parla di basket e non di calcio) il concetto in una celebre battuta di “Io e Annie” del 1977:

Alvy, che c’è di tanto affascinante in due branchi di affetti da gigantismo che cercano di ficcare una palla dentro un cesto?

L’affascinante è nel fatto fisico. Sai, gli intellettuali hanno una cosa: sono la prova che puoi essere coltissimo e non afferrare la realtà oggettiva.

Senza dover attendere Woody Allen e gli anni ‘70 c’era chi questa chiusura l’aveva vinta già negli anni ‘30.

Triestino nell’animo Umberto Saba ebbe in regalo da un amico un biglietto per “Triestina – Ambrosiana”. Il Poeta esitò molto: non amava il calcio e forse osservare come le abilità calcistiche degli atleti avessero la notorietà che mancava alla sua arte di scrivere poesie non lo disponeva bene. Se come si racconta, il suo amico gli lasciò il biglietto di quel Triestina-Ambrosiana con l’intento di emozionarlo, questi riuscì pienamente nel suo intento; Umberto Saba rimase affascinato da quell’esperienza, Lo affascinò la partita, il pubblico, la Triestina della quale lui stesso dirà di essere stato tifoso.

“ai poeti resta da fare la poesia onesta”

Nell’epoca in cui si faceva strada il futurismo, Saba non si lascia trasportare da enfasi: “si ubriaca per aumentarsi” dirà di D’ Annunzio; Saba non rimane nei confini di una sua concezione o ideale come a suo dire faceva Manzoni: “l’onestà del Manzoni consiste nella costante e rara cura di non dire una parola che non corrisponda perfettamente alla sua visione”. E’ con questa “onestà” che Saba assiste alla partita, ed è grazie a questa “onestà” che il Poeta fa sì che i suoi preconcetti non gli facciano da schermo, è così che rimane affascinato dall’evento sentendosene pienamente parte:

v’ama anche per questo il poeta, dagli altri

diversamente-ugualmente commosso

Sono i versi che chiudono “Squadra paesana” dove il Poeta parla ai giocatori “Rosso Alabardati”:

sputati

dalla terra natia, da tutto un popolo

amati.

La “sua” Triestina in quegli anni si trovava stabilmente in Serie A, era composta quasi unicamente da giocatori Triestini, Friulani, Istriani, tra i quali Nereo Rocco, Gino Colaussi, Piero Pasinati e con un Rodolfo Wolk a fine carriera. Umberto Saba non ha remore nello scrivere nero su bianco l’emozione che gli suscitano gli atleti, “ignari”:

Trepido seguo il vostro gioco.

 Ignari

esprimete con quello antiche cose

meravigliose

sopra il verde tappeto, all’aria, ai chiari

soli d’inverno.

Umberto Saba non è estraneo alle gioie fugaci del tifo. Nella poesia “Tre momenti” descrive l’orgogliosa consapevolezza del tifoso, che ben conscio di quanto la sua gioia sia effimera, decide di viverla sempre appieno: questa domenica “nessuna offesa” ha varcato la porta, forse questi versi si riferiscono proprio alla partita Triestina Ambrosiana, dove i giuliani pareggiarono contro la corazzata milanese.

Festa è nell’aria, festa in ogni via.

Se per poco, che importa?

Nessun’offesa varcava la porta,

s’incrociavano grida ch’eran razzi.

La vostra gloria, undici ragazzi,

come un fiume d’amore orna Trieste

Saba descrive sia le emozioni dello spettatore sia quelle degli atleti. “Tredicesima Partita” chiude con dei versi che leggendoli nobilitano il vissuto di ogni tifoso:

Piaceva

essere così pochi intirizziti

uniti,

come ultimi uomini su un monte,

a guardare di là l’ultima gara.

Il distacco tra atleti e pubblico, accennata in quel “ignari” di “Squadra Paesana” viene raccontato in “Fanciulli allo stadio”:

Ai confini del campo una bandiera

sventola solitaria su un muretto.

Su quello alzati, nei riposi, a gara

cari nomi lanciavano i fanciulli,

ad uno ad uno, come frecce. Vive

in me l’immagine lieta; a un ricordo.

si sposa – a sera – dei miei giorni imberbi.

 Odiosi di tanto eran superbi

passavano là sotto i calciatori.

Tutto vedevano, e non quegli acerbi.

Andare allo stadio nell’immaginario di un bambino è un’occasione per avere un contatto con i calciatori, “gli acerbi” sono consapevoli di come lo stadio sia diverso dal campo dell’oratorio per dimensioni e spettatori, ma forse hanno meno chiara la differenza che c’è tra essere chiamati da un genitore mentre si gioca in parrocchia e da un tifoso in tribuna durante una partita di Serie A. Personalmente non avevo chiara questa differenza la prima volta che andai allo stadio: promisi autografi agli amici ed andai carico di blocchetti di carta e di penne. A pochi metri da me che ero nelle prime file, arrivò Bruno Conti, batté in fallo laterale e riprese la corsa in un istante.  A stento mi ero accorto di cosa fosse accaduto, figuriamoci chiedere un autografo. Capii in quell’istante che i miei fogli sarebbero tornati a casa bianchi come ne erano usciti.

Tra le cinque poesie sul calcio quella più centrata sul gioco è “Goal”, dove tra il portiere che ha

pieni di lacrime i suoi occhi

per la rete subita, e l’altro che vede da lontano i suoi compagni esultare…

Si fa baci che manda di lontano.

Della festa – egli dice – anch’io son parte.

…ci dà la sua descrizione dell’emozione di un goal:

Pochi momenti come questo belli,

a quanti l’odio consuma e l’amore,

è dato, sotto il cielo, di vedere.

I versi di Saba non sono una distaccata analisi di un fenomeno, la descrizione “ingenua” del calcio visto come “simbolo” di un qualche sentimento, anche perché la possibilità di conoscere l’ingenuità Saba la perse quando il padre “gaio e leggero” abbandonò la madre prima che lui nascesse.

I versi di Saba sono quelli di una persona che per un breve periodo della sua vita fu ”tifoso”, non fu esperto di calcio e il calcio fu un episodio isolato nella sua produzione. Nei suoi versi vi è una “poesia onesta” che racconta le passioni di un tifoso, di uno stadio, dei giocatori, di una città.

Dovremmo tutti esser grati all’amico del Poeta per quel biglietto che gli regalò, ha regalato ad ogni appassionato di calcio il privilegio di aver avuto in comune con Umberto Saba quella cosa che:

non è cosa

da dirsi, non è cosa ch’abbia un nome

 ___________________________________

Umberto Saba,

dalla sezione “Parole” de “Il Canzoniere”

 

I – Squadra paesana

 

Anch’io tra i molti vi saluto, rosso-

alabardati,

sputati

dalla terra natia, da tutto un popolo

amati.

Trepido seguo il vostro gioco.

Ignari

esprimete con quello antiche cose

meravigliose

sopra il verde tappeto, all’aria, ai chiari

soli d’inverno.

 

Le angoscie

che imbiancano i capelli all’improvviso,

sono da voi così lontane! La gloria

vi dà un sorriso

fugace: il meglio onde disponga. Abbracci

corrono tra di voi, gesti giulivi.

 

Giovani siete, per la madre vivi;

vi porta il vento a sua difesa. V’ama

anche per questo il poeta, dagli altri

diversamente – ugualmente commosso.

 

~~~~~~~~~~

 

II – Tre momenti

 

Di corsa usciti a mezzo il campo, date

prima il saluto alle tribune.

Poi, quello che nasce poi,

che all’altra parte rivolgete, a quella

che più nera si accalca, non è cosa

da dirsi, non è cosa ch’abbia un nome.

 

Il portiere su e giù cammina come sentinella.

Il pericolo lontano è ancora.

Ma se in un nembo s’avvicina, oh allora

una giovane fiera si accovaccia

e all’erta spia.

 

Festa è nell’aria, festa in ogni via.

Se per poco, che importa?

Nessuna offesa varcava la porta,

s’incrociavano grida ch’eran razzi.

La vostra gloria, undici ragazzi,

come un fiume d’amore orna Trieste.

 

~~~~~~~~~~

 

III – Tredicesima partita

 

Sui gradini un manipolo sparuto

si riscaldava di se stesso.

E quando

– smisurata raggiera – il sole spense

dietro una casa il suo barbaglio, il campo

schiarì il presentimento della notte.

Correvano sue e giù le maglie rosse,

le maglie bianche, in una luce d’una

strana iridata trasparenza. Il vento

deviava il pallone, la Fortuna

si rimetteva agli occhi la benda.

Piaceva

essere così pochi intirizziti

uniti,

come ultimi uomini su un monte,

a guardare di là l’ultima gara.

 

~~~~~~~~~~

 

IV – Fanciulli allo stadio

 

Galletto

è alla voce il fanciullo; estrosi amori

con quella, e crucci, acutamente incide.

Ai confini del campo una bandiera

sventola solitaria su un muretto.

Su quello alzati, nei riposi, a gara

cari nomi lanciavano i fanciulli,

ad uno ad uno, come frecce. Vive

in me l’immagine lieta; a un ricordo

si sposa – a sera – dei miei giorni imberbi.

 

Odiosi di tanto eran superbi

passavano là sotto i calciatori.

Tutto vedevano, e non quegli acerbi.

 

~~~~~~~~~~

 

V – Goal

 

Il portiere caduto alla difesa

ultima vana, contro terra cela

la faccia, a non vedere l’amara luce.

Il compagno in ginocchio che l’induce,

con parole e con la mano, a sollevarsi,

scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

 

La folla – unita ebbrezza- par trabocchi

nel campo: intorno al vincitore stanno,

al suo collo si gettano i fratelli.

Pochi momenti come questi belli,

a quanti l’odio consuma e l’amore,

è dato, sotto il cielo, di vedere.

 

Presso la rete inviolata il portiere

– l’altro- è rimasto. Ma non la sua anima,

con la persona vi è rimasta sola.

 

La sua gioia si fa una capriola,

si fa baci che manda di lontano.

Della festa – egli dice – anch’io son parte.

 

Quattro di queste poesie hanno dato vita ad alltrettante targhe che dal 2005 fanno bella mostra sotto le curve e le tribune dello stadio ‘Nereo Rocco’ di Trieste:

‘Tre momenti’ è stata collocata nella tribuna ‘Pasinati’, ‘Squadra paesana’ posizionata nella tribuna ‘Colaussi’, ‘Tredicesima partita’ sistemata nella curva ‘Trevisan’ e “Goal” e’ stata apposta nella curva ‘Furlan’.

La targa collocata nelle Tribuna Pasinati

 

La targa collocata nelle Curva Trevisan

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Nato a Roma nel 1975 si appassiona ben presto al calcio ed allo sport in generale. La prima partita di calcio che vede in diretta è Italia-Germania dell'82, il primo "libro" che consuma è l'Almanacco Illustrato del calcio di quello stesso anno. Vive con la sua compagna ed i suoi 2 figli a Roma e di professione è informatico. A chi sottolinea gli errori altrui o si deprime per i propri risponde con una frase di Newton "Non ho fallito, ho solo scoperto una soluzione che non funziona". Da oltre 10 anni collabora con Wikipedia, da lettore de "Gli Eroi del Calcio" ne diventa collaboratore.

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