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Sergio Manente: un terzino all’inglese

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Eleonora D’Alessandri) – Passeggiando per il centro di Udine, proprio in quella strada che collega il trafficato Piazzale Cella, con la più storica Piazza Garibaldi, si trova Borgo Grazzano e proprio all’inizio, uno dei più famosi negozi di sport della città, Manente Sport. Non sono i capi di abbigliamento sportivo a renderlo famoso, ma Sergio Manente, suo fondatore nel 1974, uno dei più famosi calciatori della città friulana.

Sergio Manente nasce a Udine il 10 dicembre 1924. Quando inizia a giocare a calcio, l’Udinese era in serie B. Gioca nella squadra friulana fino al campionato 1945/46, anno in cui, quasi fosse destino, viene acquistato dall’Atalanta esordendo nella massima serie il 22 ottobre 1946 proprio contro la Juventus giocando come ala destra.

Nel 1948 è proprio la Juventus a cercarlo, portandolo a Torino come terzino destro al fianco di Rava e l’anno successivo a sinistra per far posto al neo acquisto Bertuccelli.

Il mister Carver vede in lui un “terzino all’inglese” ossia un giocatore a cui piace stare avanti senza pensare troppo a marcare gli attaccanti rivali. Sarà proprio Carver a dichiarare in un’intervista: ”Un difensore all’inglese come lui, in Italia, non lo avevo ancora visto”.

Sergio Manente continua a crescere, come uomo e come calciatore, fino a guadagnarsi la Nazionale, con la quale esordirà il 18 maggio 1952 a Firenze in un’amichevole contro l’Inghilterra, finita in pareggio.

Il friulano è considerato pioniere del ruolo di terzino moderno, ruolo rappresentato ai massimi livelli da Cabrini ma non ben visto dai tecnici italiani dell’epoca che invece preferivano il terzino marcatore.  Nel campionato 1954/55 è al massimo della sua carriera, segnando 10 reti, una in meno del capocannoniere Juventino Bronèe, di cui sei su rigore, battendo portieri importanti come Lovati e Buffon.

Il suo nome è legato ad una delle più belle Juventus di sempre, quella degli scudetti del 1950 e del 1952, con compagni come Bertuccelli, Parola, Martino, Mari, Piccinini, Muccinelli e poi il tridente d’attacco formato da Boniperti, Hansen e Præst, un trio da cento gol in media a campionato.

In una intervista per La Stampa del 1952 dichiarerà: “Mi piace giocare nella Juventus, non chiedetemi i motivi, mi piace e basta. Forse mi sono affezionato ai compagni, forse sento tutta l’importanza di vestire una maglia che per tradizione e per altri motivi, tanti altri, tutti, vorrebbero vestire”.

Tra i compagni più affezionati c’è proprio Boniperti con il quale passa la maggior parte del tempo durante i ritiri e con il quale divide anche la stanza. Estroverso e cordiale Boniperti, chiuso e burbero Manente, due caratteri decisamente opposti eppure legati l’uno all’altro da un’amicizia sincera. In occasione della sua morte Boniperti dichiarò: “Un giocatore e un amico prezioso, era stato mio compagno di camera, gli telefonavo spesso per ricordare quei tempi e lui si commuoveva. Era terzino ma talmente bravo che, nel prosieguo della sua carriera, diventò mezzala, regista, goleador. Una cosa riuscita a pochissimi difensori”.

Sergio Manente con l’Udinese a fine carriera 1957/58 (Collezione Marco Federella)

Dopo 231 gare e quindici gol segnati, nell’estate 1955 lascia la Juventus per trasferirsi al Vicenza, dove segnerà ancora una decina di gol in un paio di stagioni. Successivamente torna nella sua Udine per concludere la carriera.

Era un giocatore dalle caratteristiche futuristiche per il ruolo che ricopriva e anche curiosamente scaramantico. Si ritirò dall’attività agonistica nel 1960, passando al ruolo di tecnico. Allenò l’Udinese, il Treviso e l’Alessandria, ritirandosi definitivamente nel 1977.

A questo punto la nostra storia torna in Borgo Grazzano, in quell’angolo di Udine che porta il suo nome e che veste i sogni e le speranze dei ragazzini amanti dello sport del capoluogo friulano.

Sergio Manente muore a Udine il 14 marzo 1993, dopo aver combattuto contro una estenuante malattia.

Discreto, dagli occhi chiari e pensosi, ha giocato nel suo ruolo da pioniere. La storia lo ricorda per i successi nella “grande Juventus” e nella sua città natale dove, alla sua memoria, l’associazione che porta il suo nome ricorda i suoi valori, ogni anno contribuisce a progetti di tipo sociale sul territorio friulano.

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Romana e romanista di nascita, trasferita in Friuli Venezia Giulia per sbaglio. Una laurea in scienze della comunicazione, un lavoro come responsabile marketing e un figlio portiere mi riempiono la vita. La mia grande passione è il calcio, la sua storia e tutto quello che ne fa parte.

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