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Giancarlo, per sempre “Tufello”…

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SSLAZIOFANS.IT (Stefano Greco) – […] “Sono nato al Tufello, che all’epoca era  la più bella borgata di Roma, un posto speciale. In tanti mi hanno chiesto se mi ha pesato quel soprannome, Tufello, perché oggi dire a uno che è un borgataro è quasi un’offesa. Ma per me non lo è mai stata. Perché io, dentro, sono sempre rimasto il ragazzo della mia borgata. E certi ambienti, i signori con i soldi e la puzza sotto il naso, mi danno fastidio anche oggi”.

[…] Giancarlo Oddi non ha mai avuto il tocco di palla vellutato di Vincenzo D’Amico e neanche la visione di gioco di Mario Frustalupi, ma la sua grande grinta e i suoi atteggiamenti da leader nato hanno colpito fin da quando è sceso in campo per la prima volta i dirigenti dell’Almas che lo tesserano all’età di 15 anni. Arrivato come centrocampista, con la maglia bianco verde viene trasformato prima in mediano di copertura e poi in difensore, ruolo per il quale viene scelto e tesserato nel 1967 dalla Lazio. Aggregato alla prima squadra, fa in tempo ad esordire in serie B il 23 giugno del 1968, nell’ultima giornata di campionato a Reggio Emilia contro la Reggiana. Una stagione importante per Giancarlo, perché con la De Martino della Lazio (che ai tempi era una via di mezzo tra la squadra riserve e la Primavera) vince il primo scudetto della storia biancoceleste. Come tutti i ragazzi provenienti dalle giovanili, anche se è aggregato alla prima squadra Giancarlo di soldi ne vede pochi o niente, ma lui ha bisogno di guadagnare e la stagione successiva va per un anno in prestito a Sora, in serie D, a fare anche un po’ d’esperienza. […]

Anche su consiglio di Chinaglia, con cui lega fin dall’inizio, Giancarlo Oddi va a giocare un anno in Serie B in prestito alla Massese e colleziona ben 30 presenze, tornando subito alla Lazio. La svolta per la carriera laziale di Giancarlo Oddi, arriva nell’estate del 1971 e si chiama Tommaso Maestrelli. È il “maestro” a decidere di farlo restare alla Lazio, gli fa giocare 10 partite nell’annata della promozione in serie A e poi lo promuove definitivamente titolare.

“Da Tommaso vorrei aver preso tutto, perché lui riusciva a leggerti dentro e gli bastava uno sguardo per capire tutto. Non era il più bravo allenatore del mondo, ma senza di lui non avremmo mai vinto lo scudetto. Il segreto di quel successo è solo questo. In quella squadra del 1974 c’erano tre o quattro campioni, gli altri, compreso il sottoscritto, erano giocatori normali che Maestrelli fece diventare eccezionali, perché con lui e per lui davamo tutti il 101 per cento. Tommaso Maestrelli era tutto nella Lazio: l’allenatore, lo psicologo, il preparatore, il magazziniere, il dirigente, il presidente. Se tu avevi un problema, lui era sempre pronto ad ascoltarti. Se non avesse fatto quella brutta fine, il ciclo della Lazio sarebbe durato molto più a lungo. E di sicuro qualcuno non avrebbe mai fatto quello che ha fatto qualche anno dopo la sua scomparsa”.

Quel “qualcosa” di cui parla Giancarlo Oddi è lo scandalo scommesse esploso nella stagione 1979-1980 e che, tra gli altri, vede coinvolto anche Pino Wilson, il capitano dello scudetto, la bandiera della Lazio post Chinaglia e Maestrelli, oggi l’amico inseparabile di Giancarlo. Proprio con Wilson, Oddi in quegli anni d’oro per la Lazio forma quella che per due anni viene considerata la coppia difensiva centrale più forte d’Italia. Nella prima stagione da titolare, Pulici chiude l’anno con appena 16 gol subiti in 30 partite e la Lazio con la miglior difesa del campionato. L’anno successivo, la cavalcata è trionfale e con Chinaglia entrano nel giro della Nazionale che sta preparando i Mondiali in Germania anche Re Cecconi, Wilson, Pulici e Giancarlo Oddi. A febbraio del 1974 viene chiamato da Valcareggi e fino all’ultimo resta in corsa per conquistare una maglia azzurra per i Mondiali in Germania, ma alla fine gli viene preferito lo juventino Morini. E, a conti fatti, vista la figuraccia rimediata dagli azzurri al Mondiale e l’esplosione del caso-Chinaglia, forse è stato meglio così, anche perché Giancarlo è molto legato a Long John.

“Giorgio era veramente un rompipalle. Se non segnava una domenica, per tutta la settimana seguente non gli si poteva rivolgere la parola. Un guascone, simpatico, che beveva champagne nello spogliatoio. In campo Giorgio era intrattabile, bizzoso, ma generosissimo. Una bestia, pronto a giocare sempre, con qualsiasi infortunio. Sarebbe sceso in campo anche con una frattura. Ma fuori dal campo… Era pure fanatico, specie per l’abbigliamento. Sul pullman, nella parte posteriore c’era una specie di salottino, dove potevano sedere solo Giorgio e i suoi amici. Un mini-clan all’interno del clan, visto che c’erano solo 5 poltrone e un tavolino al centro. Chinaglia all’epoca era un vero maniaco della moda e soprattutto delle scarpe. Quel giorno, sale in pullman, si accomoda su una poltrona del salottino e mette i piedi sul tavolo, mettendo in bella mostra un paio di scarpe di serpente, vantandosi di averle pagate 200.000 lire, che all’epoca erano un vero e proprio patrimonio. Durante il tragitto e per tutta la giornata comincia a fare a tutti due palle così dicendo che solo lui poteva permettersi di portare un paio di scarpe come quelle, che noi eravamo dei morti di fame. Insomma, la solita solfa. In albergo, io e lui dormivamo nella stessa stanza e dopo cena ricomincia con quella solfa delle scarpe, poi finalmente si placa e andiamo a dormire. La mattina dopo, quando si sveglia Giorgio non trova più le scarpe e comincia a cercarle da tutte le parti, parlando da solo e girando per la camera come un matto: ‘Sti pezzi di merda, me le hanno rubate, so invidiosi e me le hanno rubate’. Non riuscivo a calmarlo, ad un certo punto gli dico: ‘Ma guarda in corridoio, magari le hai lasciate fuori dalla porta per farle pulire e non te lo ricordi’. Non l’avessi mai detto. ‘Ma che cazzo dici, non sono mica rincoglionito, ti dico che me le hanno rubate’ e si precipita come una belva inferocita fuori dalla stanza e, quando apre la porta, trova le scarpe di pelle di serpente inchiodate sul muro di fronte. Più tardi ho saputo che erano stati il gatto e la volpe, a fargli quello scherzo”.

Per la cronaca, il gatto e la volpe, sono Polentes e Petrelli. […]

Senza il “maestro” a fare da collante, quel giocattolo si spacca quasi subito. Corsini, arrivato al posto di Maestrelli, convince Lenzini a vendere Frustalupi al Cesena in cambio del suo pupillo Brignani. Anche Oddi, dopo 90 partite su 90 giocate da titolare in tre anni, si ritrova fuori dalla Lazio, spedito anche lui da Corsini (mal consigliato da qualcuno) a Cesena. È la fine del rapporto tra il Giancarlo Oddi giocatore e la Lazio. Ma una volta chiuso con il calcio giocato, quando decide di intraprendere la carriera da allenatore, Giancarlo Oddi torna a casa. Chinaglia, diventato presidente, lo sceglie come vice di Paolo Carosi, poi quando Carosi viene licenziato resta come secondo di Juan Carlos Lorenzo. A dieci giornate dalla fine, con la squadra oramai virtualmente retrocessa, diventa primo allenatore, collezionando 5 pareggi.[…]

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