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Campo Testaccio, 90 anni fa l’inaugurazione: una storia tra mito popolare e abbandono

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ILROMANISTA.EU (Valerio Curcio) – «Domenica prossima 3 Novembre questa Associazione inaugurerà il suo campo sportivo in Via Zabaglia con la partita pel campionato Italiano con la squadra di Brescia. Alle ore 14 il Vescovo Castrense impartirà la Sua Benedizione. Questa presidenza si permette di rivolgere viva preghiera alla E.V. perché voglia concedere di onorare con la Sua presenza la cerimonia di inaugurazione». Così il presidente della Roma Renato Sacerdoti invitava Benito Mussolini all’inaugurazione di Campo Testaccio. Era il 30 ottobre del 1929: quattro giorni dopo la Roma avrebbe inaugurato il suo stadio e qualche anno dopo Sacerdoti, ebreo di Testaccio, sarebbe stato mandato in esilio per via della sua fede. La storia del primo, e finora unico, stadio di proprietà della Roma ebbe inizio con una vittoria per 2-1 contro il Brescia […]

Come appariva nel giorno del suo debutto lo stadio di via Zabaglia, ispirato all’inglesissimo Goodison Park di Liverpool, lo racconta l’edizione de “L’Impero” uscita il giorno dopo: «Tribune grandiose e spaziosissime, per oltre 20mila posti a sedere, un terreno erboso, morbido, costruito con la guida degli ultimi dettami della tecnica (i violenti acquazzoni della notte non vi hanno lasciato traccia di pesantezza alla superficie); una pista podistica di grande sviluppo; il passaggio sotterraneo per i giocatori, ecco per sommi capi il superbo campo che l’A.S. Roma ha donato agli sportivi dell’Urbe». Testaccio era un vero e proprio stadio all’inglese, realizzato in legno e dipinto di giallo e di rosso, con impianto d’illuminazione, altoparlanti e una capienza di circa 20mila spettatori. […]

Il primo gol a Testaccio lo segnò Rodolfo Volk, “Sciabbolone” il fiumano, mentre il secondo fu firmato da “Fuffo” Bernardini. Il risultato della prima partita, 2-1, […]

Cosa significasse per il rione di Testaccio l’apertura del nuovo stadio lo spiegano Izzi, Grassetti e Pescatore nel volume “AS Roma – La grande storia” edito da Newton Compton: «Il rione che cominciò a prendere forma tra il 1903 e il 1921 era un luogo duro, difficile in cui crescere e vivere. Un quartiere abbandonato per anni a se stesso, privo dei più elementari servizi. (…) Nel primo decennio del novecento il 51,8% dei bambini residenti nel rione non arrivava a superare i cinque anni di vita. Faticosamente, nel corso degli anni Venti, il quartiere si era incamminato verso una lenta ascesa sociale, accompagnata dalla rinuncia delle autorità all’idea della costruzione del “rione operaio”, di cui il Mattatoio rimase l’unica traccia. Gli abitanti di Testaccio erano però uomini e donne in cerca di riscatto, alla prepotente ricerca di un’affermazione sociale. Magicamente, la comparsa del Campo della Roma fornì su un piatto d’argento la colossale occasione per la redenzione e la rinascita di un intero popolo. Campo Testaccio, prima ancora di essere inaugurato, divenne l’orgoglio del rione in un’identificazione appassionata, carnale, che spazzò via ogni possibilità di distinzione tra la squadra e il suo pubblico». Ed è un giocatore della Roma dei primi Anni 40, Romolo Alzani, a descrivere la mistica di quello stadio in legno, in “Testaccio per sempre” di Massimo Izzi: «Era un covo. (…) Testaccio era questo, era il popolo di Roma che finalmente aveva una squadra da anteporre alla Lazio… E tutto il pubblico della Roma era non dico dei diseredati ma degli uomini che avevano bisogno di un riscatto. Era veramente una rivoluzione proletaria, la squadra della Roma era del popolo […]”.

Cosa rimane oggi di quel mito popolare? Forse solo la memoria storica e collettiva di un popolo, quello giallorosso e testaccino […]

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