GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli) – Parlare oggi di un vivaio calcistico del Napoli improntato su quelli che dovrebbero essere i criteri generali di gestione ottimale di un buon settore giovanile professionistico, è quasi un’utopia, ancora legata alla millantata idea di una Scugnizzeria di cui è rimasto solo il folcloristico nome. Eppure il calcio resta ancora l’aria che respirano i nostri giovani, il talento che sorge spontaneo nei vicoli e viali della capitale del Mezzogiorno, mancano le strutture, ma non il genio calcistico, pochi, rari, sono rimasti quelli che questo talento possono scovarlo, e tirare fuori.
In questi giorni ci ha lasciato forse uno degli ultimi, Riccardo De Lella, accostabile a quella dinastia di maestri di calcio e scopritori di talenti che rispondono ai nomi di Mino Favini o Sergio Vatta. Preciso, rigoroso, ma al tempo stesso paterno, come deve essere un buon padre di famiglia che guida un gruppo di discoli, di “scugnizzi”, e valorizzarne il talento di cui madre natura li ha dotati: questo il credo di De Lella, che aveva bene in mente quello che doveva essere il suo ruolo. Non puntava alla vittoria, ma alla crescita dell’uomo e del giocatore, in questo preciso ordine, perché solo crescendo il primo sarebbe venuto fuori il secondo. Le capacità dei ragazzi che scovò e che crebbe erano tante, però, per cui era impossibile che non vi abbinassero anche la vittoria.
Napoli non aveva ancora conosciuto la gioia di un tricolore con la prima squadra, solo nel 1979 era arrivato uno scudetto con la Primavera, un curioso intreccio del destino portò al secondo, festeggiato il 30 giugno del 1984 con la vittoria ai rigori nel campionato Allievi contro la Fiorentina, e il destino entra nella data. Proprio in quella giornata Corrado Ferlaino, con Totonno Juliano, chiuse la lunga trattativa con il Barcellona per vestire d’azzurro Diego Armando Maradona, l’uomo dei sogni che avrebbe contrassegnato la breve ma intensa epopea dei successi della squadra all’ombra del Vesuvio, un virtuale passaggio di consegne, da vincente a vincente. Le vittorie di De Lella, però, furono Ciro Ferrara, che militava in quella squadra insieme, tra gli altri, a Ciccio Baiano e Massimiliano Favo; e Fabio Cannavaro, futuro campione del mondo di cui è pleonastico menzionare la carriera, e che ha così ricordato il suo mister: “Ricordo quando prima di una partita del campionato allievi nazionali, 89/90 contro l’Avellino, cambiasti la mia posizione da centrocampo in difesa, dando così iniziò alla mia carriera da difensore….Grazie a nome di tutti quegli scugnizzi che hanno avuto la fortuna di essere stati allenati da te…ci mancherai grande Maestro”. In conclusione, resta il ricordo di una persona vera che ha dedicato la sua vita ai giovani, sicuramente inquadrabile nella categoria dei veri “Maestri” citata all’inizio, e di cui, ormai, sembra perso lo stampino.