LA REPUBBLICA (Nicola Sellitti) – Un’inchiesta del quotidiano La Repubblica a firma Nicola Sellitti fa il punto sulle squadre di calcio e il loro Museo. In Europa tutte le grandi squadre ne hanno uno, di solito proprio nello stadio, contribuendo a far crescere i ricavi ma anche a “regalare” quell’esperienza in più ai tifosi/visitatori che s’immergono nella storia attraverso la memorabilia come gagliardetti, maglie d’epoca, documenti e memorabilia in generale.
L’Italia è in ritardo nel calcio e solo una manciata di squadre, oltre alla Juventus, possono vantare uno stadio di proprietà…
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“Entro fine stagione contiamo di arrivare a 200 mila visitatori, certo c’è il beneficio dei risultati sportivi, della Juventus che continua a vincere …” dice Paolo Garimberti Presidente dello Juventus Museum.
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“È il modello che tira di più nel calcio europeo: il museo concepito all’interno dello stadio, oppure a un passo dall’impianto di gioco, che punta tutto su emozioni e brand, piuttosto che sulla valorizzazione del patrimonio calcistico
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“Mentre l’indicatore di cassa di Mondo Milan, la casa del club rossonero, non sorride come quello del museo bianconero e lo stesso vale per il Museo di San Siro, il primo realizzato all’interno di uno stadio (nel 1996), che raccoglie le testimonianze del passato e del presente delle due società di Milano. Tra le cause del mancato boom milanese, meno investimenti, un marchio che tira meno a livello mondiale, forse anche la crisi nei risultati sportivi. Per il Napoli, il club di Diego Armando Maradona e di una squadra che fa presenza fissa in Europa da dieci anni, non c’è museo. E la corsa alla sopravvivenza per il Museo del Grande Torino e delle Leggende Granata è legata solo alla passione dei tifosi, che lo gestiscono, gratis, creando dei gadget per pagarsi le spese”.
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Nel nostro paese c’è una mancanza di investimenti che scaturisce probabilmente da una mancanza di una visione più ampia. Altrove, si sono fatte scelte molto diverse e i musei del calcio diventano monumenti da visitare che s’inseriscono nel “sistema” sociale delle città dove sorgono e, al contempo, offrono anche posti di lavoro…
Tra i tanti esempi virtuosi quello del Museu del Benfica Cosme Damiao, a Lisbona, in prossimità dell’Estadio da Luz. Opera dell’architetto Damon Lavelle, “Realizzato e gestito con fondi statali, disposto su tre piani, prezzi contenuti con sale tematiche differenti è stato eletto nel 2014 il museo dell’anno nel paese iberico […] Ed è stato proprio il Benfica a mettere in piedi nelle scorse settimane la fondazione dell’Isma (International Sport Museums Association), ente privato con la missione principale di valorizzare, preservare la memoria e il patrimonio del calcio, puntando sulla collaborazione tra le istituzioni museali”.
L’articolo integrale è pubblicato su “la Repubblica” del 24 giugno 2019