La nuova sfida di Damiano Tommasi è quella di candidarsi a Sindaco di Verona, si voterà a primavera.
Ai microfoni de “Il Corriere della Sera” ha rilasciato una lunga intervista, di seguito uno stralcio in chiave storica…
[…] «Nel 1993 fui distaccato lì (Telepace) dalla Caritas, primo giocatore professionista a scegliere l’obiezione di coscienza. Ero un’anomalia. Lo Stato considerava i calciatori risorse per il Centro sportivo Esercito».
Che cosa non le piaceva della leva?
«Le armi e i conflitti, che non finiscono mai. Mio nonno Alfonso credeva di essere un vincitore della Prima guerra mondiale, ma soffriva perché a 99 anni prendeva una pensione inferiore a quella dei reduci sconfitti nella Seconda».
Che compiti aveva a Telepace?
«Dovevo mettere in onda i programmi. Spesso facevo da autista a don Todeschini. Lo portavo nel carcere di Opera a incontrare i detenuti».
Per questo la chiamano Chierichetto?
«Sì, ma di serie A. Servivo messa sia a Vaggimal, il mio paese natale, sia a Trigoria, nel centro sportivo della Roma. L’altro nomignolo è Anima candida. Immeritato. C’è chi ne è più degno di me».
Per esempio?
«Stefano Fattori, Eusebio Di Francesco, Gabriel Batistuta, Cafu, Aldair».
Ha incassato lo spot di Carlo Verdone.
«Il giorno dello scudetto gli feci un gavettone negli spogliatoi. Fu lui a leggere la motivazione quando nel 2015 m’inserirono nell’Hall of fame della Roma».
Resterà nella storia del caldo per aver accettato lo stipendio di un operaio.
«Era il 2005, ultimo anno del mio contratto con la Roma. Rientravo dopo il grave infortunio subìto durante l’amichevole con lo Stoke City. Temevano che fossi ridotto a un rottame. Dissi a Rosella, la figlia del presidente Franco Sensi: datemi il minimo salariale, 1.470 euro al mese; se non gioco, ci perdete poco, e se invece gioco, ci guadagniamo in due». […]