Trentadue anni, tanti ne sono passati da quel 18 novembre 1989, quando Denis Bergamini morì sulla strada statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico.
Una storia avvolta dal mistero e sulla quale non è stata ancora messa la parola “fine”.
Gianni Di Marzio ha rilasciato un’intervista a TuttoSport nella quale racconta quel ragazzo allenato ai tempi del Cosenza condotto alla promozione in serie B, dopo 24 anni, nel 1988.
Di seguito alcune “passi” dell’intervista:
«Era un ragazzo d’oro. Lo aveva scoperto Roberto Ranzani, scout di prim’ordine oltre che direttore sportivo…. Bergamini veniva da una famiglia di lavoratori della sana provincia romagnola, e quando rientrava a casa si sedeva sul trattore per dare una mano con i lavori. Simpatico, socievole, con un amore smisurato per il calcio. Mi faceva sgolare ma ci volevamo bene davvero … Ricordo le risate con il quartetto formato da Bergamini, Padovano, Simoni e Sergio Galeazzi, tenuti a bada dall’allenatore in seconda Tonino Ferroni. Si chiudevano nell’armadio quando entravano i compagni per fare loro scherzi. Poi Denis era il primo a fare i gavettoni in ritiro. Quando lo sgridavo lui prima teneva il muso e poi scoppiava a ridere: era disarmante e aveva una gran voglia di vivere».
Poi racconta e descrive il giocatore: “ … già negli anni 80 interpretava il calcio di oggi. E’ stato un precursore: sapeva saltare l’uomo, aveva fantasia. Dovendolo paragonare a qualcuno, in campo somigliava a Pavel Nedved. A 12-13 anni fu scelto per un torneo in Svizzera ma la famiglia non volle. Poi fece un provino per la Juventus, che lo aveva già preso, ma il presidente della squadra in cui giocava non lo cedette…”.
Poi torna al giorno in cui apprese della scomparsa: “Rimasi scioccato, mi sembrava assurdo. Abbracciai la famiglia, a cui sono ancora legato, e partecipai ai funerali: c’era tantissima gente, tanti tifosi e persone che volevano bene a Denis».
“Dopo 32 anni”, conclude, “il desiderio è che la sorella Donata e tutti gli affetti di Dennis abbiano giustizia …”.
Fonte TuttoSport