Il ricordo di Johan Neeskens

Essere stati re senza corona è una delle “maledizioni” che si sono ritrovati a vivere alcuni grandi calciatori, che non hanno potuto coronare la loro brillante carriera con un titolo mondiale o europeo. È la sorte toccata, ad esempio, a Ferenc Puskas, uno dei pilastri della “squadra d’oro”, Argentina dell’Ungheria, o Alfredo Di Stefano, la mitica Saeta Rubia, mai vincenti pur avendo indossato le casacche di ben due nazionali (Ungheria e Spagna il primo, Argentina e Spagna il secondo). Accanto a questi vanno i tanti campioni d’Olanda, una nazionale pur capace di cambiare il modo di intendere il calcio agli inizi degli anni Settanta, eppure incapace di fregiarsi dell’alloro mondiale, anche avendo in quegli anni disputato due finali (Germania Ovest 1974, Argentina 1978). Uno degli esponenti di punta dei Tulipani, accanto a Johan Crujiff che ne fu il mentore in campo dando vita alle idee di Rinus Michels, fu Johan Neeskens, o “Johan II”, proprio per distinguersi dal suo illustre compagno di squadra.

In campo egli ricopriva il ruolo di mediano difensivo, una definizione invero restrittiva e non rispondente ai nuovi canoni imposti dallo stesso Michels e da Stefan Kovacs, ovvero gli ispiratori del calcio totale, perché in realtà Neeskens si poteva definire come un “universale”, ricoprendo varie posizioni in campo, in difesa come in attacco, senza disdegnare di andare alla conclusione, essendo dotato di un ottimo tiro, farcendo il tutto con una notevole forza agonistica, che talvolta lo portava ad interventi sopra le righe. Iniziata la sua carriera nella squadra della sua città, l’RC Heemstede, arriva giovanissimo all’Ajax Amsterdam, contribuendo ai grandi successi dei Lancieri in campo nazionale e internazionale, con il fiore all’occhiello di tre Coppa dei Campioni consecutive, tra il 1970/1971 e il 1972/1973, l’ultima contro la Juventus.

Al culmine di questo ciclo vincente, arrivò per Neeskens la chiamata al Barcellona da parte di Michels, che stava ricostruendo i blaugrana secondo il credo olandese che ancora oggi è un suo marchio di fabbrica. Come anche per Crujiff, la sua simbiosi con la realtà catalana fu totale, tanto da diventare un simbolo del Barcellona, pur avendone attraversato anni non vincenti, che si sarebbero concretizzati solo nel nuovo millennio, ma protagonista nella memorabile finale di Coppa delle Coppe del 1978/1979, quando la sua squadra ebbe la meglio in una spettacolare partita sul Fortuna Düsseldorf (quattro a due ai supplementari).

Come spesso capitava ai grandi campioni dell’epoca, alla fine del quinquennio spagnolo la carriera di Neeskens andò a concludersi, in pratica, negli Stati Uniti, nei New York Cosmos, che erano diventati il “ricettacolo” di tutti i grandi campioni mondiali dell’epoca nel tentativo di lanciare il soccer nella nazione a stelle e strisce. Trascurabile, rispetto a quella di calciatore, la carriera di allenatore, spesa in pratica tutta a far da secondo ad altri suoi colleghi nella nazionale olandese e in giro per il mondo. Un grande campione, protagonista nella sua vita da mediano.

Raffaele Ciccarelli

allenatore di calcio professionista, si dedica agli studi sullo sport, il calcio in particolare, dividendo tale attività con quella di dirigente e allenatore. Giornalista pubblicista, socio Ussi e Aips, è membro della Società Italiana di Storia dello Sport (Siss), dell’European Committee for Sports History (Cesh), dell’Associazione dei Cronisti e Storici dello Sport (La-CRO.S.S.). Relatore a numerosi convegni, oltre a vari saggi, ha pubblicato: 80 voglia di vincere – Storia dei Mondiali di Calcio (2010); La Vita al 90° (2011), una raccolta di racconti calcistici; Più difficile di un Mondiale – Storia degli Europei di Calcio (2012); Il Destino in un Pallone (2014), una seconda raccolta di racconti calcistici; Lasciamoli giocare-Idee per un buon calcio giovanile (Edizioni del Sud, Napoli 2016). Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.

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