Vieri la mette in discesa … Salas con una doppietta ci complica invece la vita … Baggio ci fa urlare … ma solo per un pareggio. Il racconto di Manuel Cordero …
È l’11 giugno 1998 e i posti a sedere dello Stadio Chaban-Delmas sono colmi di tifosi Azzurri e Rojos.
Stiamo parlando del Mondiale 1998. Più precisamente: della prima giornata del Gruppo B. Ancora con più precisione: di Italia-Cile.
Gli italiani hanno in Baggio il loro emblema, anche se reo dell’errore che è costato l’ultimo Mondiale agli azzurri. I cileni posseggono una coppia d’attacco che incute timore a molti: la Za-Sa. Dove Za sta per Zamorano e Sa per Salas.
Sulla panchina della Nazionale Italiana siede Cesare Maldini. Uno che, da calciatore, fece la storia del Milan, nel vero senso della parola. Portò in Italia e a Milano la prima Coppa Campioni. Quella del 1962-63. Quella vinta contro il Benfica di un certo Eusebio. Tecnicamente fu un calciatore che andrebbe lasciato stare. A volte, però, come disse lui, “mi scappava la randellata”. Il suo amore per la palla e la sua nobiltà calcistica, in alcune occasioni, gli facevano combinare qualche “maldinata”. Giocatore duttile e con visione e tempi di gioco eccelsi. Rivestì i ruoli di terzino, centromediano e libero.
Sulla panchina della Nazionale Cilena, invece, abbiamo Nelson Acosta. Uno che riportò il Cile, dopo 16 lunghissimi anni, a giocare un Mondiale. Da calciatore fu uno che dovevi temere. Un tipo che giocava duro. Diceva “il primo che prova a passare ‘lo mato’ (lo ammazzo)”. Era uno che non amava scherzare, né in campo né tanto meno fuori. Leader carismatico. Appena calpestava il terreno di gioco, tutti cadevano in un’aura di grande rispetto. Come tecnico si dimostrò uno che sapeva entrare nella testa dei calciatori. Sapeva amalgamare il gruppo e farlo rendere al meglio.
Le formazioni:
ITALIA: Pagliuca, Costacurta, Nesta, Cannavaro, Paolo Maldini, Albertini, Dino Baggio, Di Livio, Di Matteo, Roberto Baggio, Vieri. Allenatore: Cesare Maldini.
CILE: Tapia, Villaroel, Margas, Reyes, Fuentes, Rojas, Acuna, Parraguez, Estay, Zamorano, Salas. Allenatore: Nelson Acosta.
Ad arbitrare, direttamente dal Niger, c’è un certo Lucien Bouchardeau. Direttore di Gara che verrà ricordato, soprattutto in Cile, per questa partita.
Ore 17.30, fischio d’inizio. La partita è tosta, in particolare per l’Italia. La Nazionale fa fatica contro la combattiva squadra cilena, che mette pressione alla retroguardia azzurra. Nelle primissime battute del match, le occasioni ci sono, sia da una parte che dall’altra.
Infatti, al decimo la formazione azzurra riesce a sbloccarla. Zamorano scambia con Salas. Il neo acquisto della Lazio prova ad allargare sulla destra, ma, in traiettoria, c’è Maldini. Il difensore italiano porta palla e, dopo aver alzato la testa, lancia lungo sul piede di Roberto Baggio. Il Divin Codino al volo, di destro, serve Vieri che, davanti a Tapia (non impeccabile), segna: 1-0 Italia.
La formazione del Cile appare subirla un po’. Eppure, come ci insegna il carattere di questo popolo, mai proclamarsi vincitori con loro: questi non mollano mai. Hanno la maglia rossa per un motivo.
Poco dopo il vantaggio azzurro arriva la reazione cilena: fascia sinistra Rojas mette un pallone teso e preciso. Zamorano, che, seppur piccolo di statura, ha nel colpo di testa la sua specialità, fa sponda sull’altro palo, dove si trova Salas. Il centravanti non riesce ad inquadrare la porta. Pagliuca e i suoi compadres tirano un sospiro di sollievo. Sollievo che, però, trova la sua fine.
Siamo allo scadere dei primi 45 minuti: calcio d’angolo per il Cile. Alla battuta c’è Estay. Crossa. Colpire, ovviamente, colpisce il piccolo ma irraggiungibile Zamorano. Lo abbiamo detto: “Il colpo di testa è la sua specialità”. Attaccante combattivo El Terrible. La palla finisce sul piede mancino di Reyes che devia verso Salas. L’attaccante non fa di certo complimenti: prende e calcia in rete: 1-1 a Bordeaux.
El Matador si inchina, per la prima volta in un Mondiale, davanti al pubblico di nazionalità cilena; mentre Acosta, dalla panchina, esulta coi pugni alzati al cielo.
Il secondo tempo fa parte del dominio delle terre cilene. La Roja, al quinto della ripresa, festeggia un’altra rete del miglior attaccante della sua storia: difesa italiana molle che non riesce a liberare. Villaroel ne approfitta…El Matador… Bene, che dire? Forza, tenacia, tecnica. Uno che, come il suo popolo, non molla mai. Por la razón o la fuerza è la frase che accompagna la bandiera cilena.
Dunque: palla alta. Cannavaro prova a tenerlo, ma Salas stacca con una potenza aerea che non ha eguali. Il difensore italiano può soltanto cadere a terra e osservare la sfera insaccarsi all’incrocio. Pagliuca prova ad allungarsi. Tutto inutile: 1-2 cileno. El Matador si inchina per la seconda volta davanti ai propri sostenitori.
Cesare Maldini è in difficoltà. Prova, con qualche cambio, a trovare il bandolo della matassa. Non ci riesce. L’Italia sembra, come i Conquistadores, entrata in una terra che non le appartiene, che non è sua. L’unico squillo azzurro, degno di rilievo, lo ha Inzaghi, ma Tapia non si fa sorprendere.
Il Cile domina, impone il proprio gioco. Di occasioni, per chiudere il match, non ne ha poche. Eppure… Gli Dei del Calcio, quando vogliono, giocano brutti scherzi.
Siamo al 40esimo minuto: una palla scodellata in area di rigore rossa viene gestita male da Inzaghi. L’attaccante italiano alza un alto campanile che termina sui piedi di Roberto Baggio. L’azzurro addomestica la sfera e punta Fuentes. Prova a crossare, prendendo la mano del difensore cileno. Il tocco è totalmente involontario. Poi il tentativo del Divin Codino è ravvicinato. Fuentes e la sua mano non possono diventare invisibili. Eppure Bouchardeau non ha dubbi: indica il dischetto del rigore.
A poco servono le proteste cilene.
Lo avevamo detto che quest’arbitro verrà ricordato, in particolare, per questa partita. Già la sua direzione aveva lasciato a desiderare (qualche contatto di troppo e alcune decisioni lasciate al caso). Dopo quel rigore… Beh… Diverrà il Direttore di Gara più odiato in Cile. Anni dopo dirà al quotidiano El Mercurio: “Le mie scuse al Cile, non è stato intenzionale. Non avrei mai pensato che un intero paese mi avrebbe odiato. Ho rivisto quell’immagine tante volte, è logico. Ho sofferto molto. Non volevo favorire nessuno. Vidi una mano in area di rigore che interferiva con un cross”. Bouchardeau è morto all’età di 56 anni per insufficienza cardiaca.
Roberto Baggio sistema il pallone sul dischetto. Davanti ai suoi occhi, dentro alla sua mente, quel rigore. Sì, proprio quel rigore calciato alto nella finale del Mondiale 1994 a Pasadena. Finale che portò al Brasile il suo quarto titolo mondiale.
Ma il Divin Codino non ha un carattere che si spezzi con facilità. Il rigore lo ha procurato lui; il rigore lo calcia lui.
Quei fantasmi, quegli innumerevoli fantasmi, si parano davanti al suo sguardo. Baggio e la paura non hanno nulla in comune.
Bouchardeau fischia. L’azzurro calcia alla destra di Tapia. L’estremo difensore cileno intuisce, ma il tiro possiede un’angolazione talmente millimetrica, che il tuffo del numero 1 cileno è solo buono per i fotografi.
Il match torna in parità: 2-2.
La Roja tenta in tutti i modi la reazione. Gli Azzurri tengono stretti i denti.
Alla fine, il match terminerà in pareggio. L’Italia poco lucida riesce a fermare, grazie anche all’aiuto involontario di un arbitro non perfettissimo, il Cile guerrigliero.
Accadde oggi: Italia-Cile 2-2 in quel di Bordeaux.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Manuel Cordero)