GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – Per la rubrica “Libri” abbiamo raggiunto e intervistato Matteo Fontana, autore del libro “Elkjaer sindaco!”, edito dalla Eclettica Edizioni.
È l’estate del 1984. Quella in cui la Serie A italiana diventa “il campionato più bello del mondo”, come lo chiamano per la presenza di una lista di straordinari giocatori. Al Verona arriva l’attaccante danese Preben Elkjaer. È l’inizio di una storia d’amore e di passione. Per quattro anni Elkjaer è un simbolo dell’Hellas, che alla prima stagione vince un incredibile scudetto. Farà vivere al popolo gialloblù sconfinati momenti magici e quei tifosi inizieranno ad acclamarlo come Sindaco. Lui, Preben, che aveva scelto di usare il cognome della madre, Elkjaer, perché quello paterno, Larsen, era troppo comune, entra per sempre nel mito, campione irripetibile che ha tracciato il solco di un’epoca.
Un triplo appuntamento: oggi l’intervista e nei prossimi appuntamenti due estratti.
Buona lettura
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Elkjaer rievoca un periodo d’oro, per il Verona sicuramente, ma anche per tutto il movimento calcistico italiano…
“L’estate del 1984, quelle in cui Preben Elkjaer arriva a Verona, è il punto più alto per il calcio del Paese dal punto di vista della qualità dei giocatori. Ricordiamoci che proprio negli stessi giorni in cui Elkjaer firma con l’Hellas, Diego Armando Maradona passa al Napoli, completando un sensazionale trasferimento dal Barcellona. La Serie A è, a tutti gli effetti, il campionato più bello del mondo. Già sono in Italia, tra gli altri, Michel Platini, Zico, Paulo Roberto Falcão, e poi ecco anche Socrates, Kalle Rummenigge, Junior. Questo per fermarsi agli stranieri. Poi c’erano tutti gli altri grandi “nazionali”. Sì, fu un periodo d’oro”.
Chi è l’Elkjaer uomo e chi è l’Elkjaer calciatore?
“Elkjaer è stato, da calciatore, un attaccante iconico, un emblema nel ruolo. Non era un centravanti, se vogliamo entrare nel merito delle caratteristiche tecniche che aveva, ma un’ala offensiva, che amava partire da lontano e lanciarsi in progressione. Aveva una forza devastante e quando prendeva velocità fermarlo era impensabile. Non dimentichiamo quanto fece con la Danimarca, di cui fu uno dei maggiori trascinatori. Fu Pallone di bronzo e d’argento, in anni in cui a dominare era Platini. L’uomo era ed è una persona allegra, solare, spiritosa e di grande disponibilità. Un marito e un padre di famiglia. Un danese dal calore “latino”.
Al primo anno lo scudetto: quanto è merito suo?
“Quel Verona era un capolavoro d’artigianato costruito da Osvaldo Bagnoli. Elkjaer gli diede, con Hans-Peter Briegel, l’apporto di potenza che era mancato nelle due (ottime) stagioni precedenti in A. Preben divenne presto uno dei simboli di quella squadra, ma è necessario sottolineare che anche quando lui dovette stare fuori, infortunato, tra novembre e gennaio, il Verona continuò a mantenere la testa della classifica. Questo per dire che era, comunque, un grandissimo Hellas. Elkjaer fu il propulsore in più per vincere lo scudetto”.
Matteo Fontana e il suo libro…
Torniamo alla tua opera … quale il metodo utilizzato per la narrazione?
“Ho abbinato la memoria alla ricerca. Avendo vissuto gli anni di Preben a Verona, molto è rimasto dentro di me sul piano emotivo e prettamente, appunto, legato ai ricordi del mio “vissuto”. Ma per realizzare un libro minuzioso e calibrato nei contenuti è sempre fondamentale documentarsi e ampliare l’analisi dei fatti e dei personaggi sulla base della lettura dei giornali e dei periodici dell’epoca e, ancor di più, parlare con i protagonisti. Per questo sono state essenziali le conversazioni con i diversi compagni di squadra all’Hellas di Elkjaer, da Domenico Volpati a Gigi De Agostini, da Piero Fanna ad Hans-Peter Briegel, da Nanu Galderisi a Beniamino Vignola e a Marco Pacione. Ovviamente, le interviste raccolte con Preben nel tempo sono state una bussola irrinunciabile”.
Aneddoti, misteri e curiosità: cosa c’è in questo libro?
“Ci sono episodi noti che vengono riletti attraverso la lente d’ingrandimento di chi c’era e li ha visti dal vivo, in maniera diretta. Un Preben Elkjaer pubblico ma anche privato. Per questo c’è spazio anche per dei lati inediti, da scoprire pagina dopo pagina”.
Matteo, siamo di fronte ad una tua nuova opera, come si inserisce questo libro nella tua cospicua ormai produzione letteraria, che “Cosa” è questo libro per te, e cosa rappresenta?
“Per molti versi è il libro che più mi ha emozionato scrivere. Nel giro di due mesi ho finito di scriverlo, tanto forte è stato il coinvolgimento personale. Preben Elkjaer è stato il supereroe della mia infanzia e nulla può cancellare i sogni che mi ha permesso di fare. E di realizzare”.
Perché andrebbe letto…
“Perché è un viaggio in un calcio lontano (lo è più persino dal punto di vista de raffronto con quello che è il movimento-business attuale che in termini di distanza cronologica) e pieno di romanticismo. Chi c’era farà un tuffo nella dolcezza di allora. Chi non l’ha vista, la potrà percepire e comprenderla. Tutto questo, con al centro della narrazione una figura paradigmatica qual è Elkjaer. La leggenda che, per Verona, è il Sindaco”.