GLIEROIDELCALCIO.COM (Antonio Mattera) –
Capisci che la vita scorre in gran parte prima del calcio di rigore/ e che la distanza che ti separa dalle cose è quella/ c’è sempre uno che fischia e un altro ti fissa con occhi di lama/ la cosa più difficile è capire che il senso non sta nel buttarla dentro o fuori /ma nel prendere la rincorsa e tirare
(Prima del calcio di rigore- Claudio Baglioni)
La vita calcistica di Liam Brady, talentuoso centrocampista irlandese dal sinistro d’oro, si può rappresentare, figurativamente, tra le lacrime per un rigore sbagliato in una finale di Coppa delle Coppe e un rigore-scudetto segnato fra le lacrime.
Due calci di rigore, due addii annunciati, sofferti entrambi, voluto il primo, subito il secondo.
In mezzo, prima e dopo alla solitudine del giocatore che prende la rincorsa, c’è tanto di più: una classe cristallina, visione di gioco, la capacità di essere un leader silenzioso e un signore dentro e fuori dal campo.
Mercoledì sera giocherò la mia ultima partita con l’Arsenal. Non è stata una decisione facile. Sono all’Arsenal da quando avevo 15 anni. Ne sono passati 9 e qui sono diventato un calciatore. E un uomo
Così Liam Brady annunciava, nel 1980, ai tifosi dell’Arsenal il suo addio per sbarcare in Italia, a Torino, sponda Juventus.
L’ annuncio arriva alla vigilia di una importantissima finale di Coppa delle Coppe tra l’Arsenal, la squadra che ha cresciuto, ci ha creduto e lanciato giovanissimo (a 17 anni) il rosso regista irlandese, che nel frattempo è passato da una folta chioma allo stempiato, e il Valencia di Mario Kempes.
Si gioca a Bruxelles, all’Heysel, uno stadio che evidentemente, in un modo o in un altro, entra nella storia della Juventus.
La partita termina con un nulla di fatto e sono necessari i calci di rigore.
I primi a battere sono proprio Liam Brady per l’Arsenal e Mario Kempes per il Valencia.
Entrambi sbagliano, ma a piangere, alla fine della lotteria, sarà solo l’irlandese.
Il primo addio, il primo rigore, le prime lacrime.
In verità, Liam pare destinato al Bayern o al Manchester ma la spunta la Juventus, eliminata alle semifinali di quel torneo europeo proprio dall’Arsenal.
La lucida regia, il tocco sopraffino, il carisma e anche la capacità di essere tignoso quanto basta del regista della nazionale irlandese non sfugge a due intenditori come Trapattoni e Boniperti.
Le frontiere in Italia si stanno riaprendo, dopo 14 anni di ostracismo calcistico, e Liam Brady può essere il cervello fine, che manca dai tempi di Capello, in mezzo al campo di una squadra nel pieno della maturità.
Impara subito l’italiano, è un campione di professionalità, ha il gruppo dalla sua parte che ne riconosce la leadership silenziosa.
Sono subito due scudetti, entrambi combattuti sino all’ultimo, con la Roma il primo anno e con la Fiorentina al fotofinish dell’ultima giornata nel campionato 1981-82.
Liam prende subito in mano la Juventus: un geometra perfetto del centrocampo bianconero, lanci illuminanti, passaggi a smarcare i compagni, tackle a contrastare gli avversari e ben 13 reti nei due campionati.
L’ultimo goal, il più importante, dal dischetto a Catanzaro, in quella che sa che sarà la sua ultima partita in bianconero, regala lo scudetto e la seconda stella ai bianconeri di Torino.
Ancora un rigore, ancora un addio annunciato, ancora lacrime.
Preso Platini, avevo un grosso problema. E un dispiacere enorme. Dirlo a Brady. Perché di stranieri ne erano consentiti soltanto due e noi avevamo già Boniek, preso in quegli stessi giorni. Brady, Boniek, Platini: uno era di troppo. Avessimo potuto tenerli tutti e tre, con Brady dietro a quei due, saremmo diventati la più grande squadra del mondo (Giampiero Boniperti)
Ultima giornata del campionato 1981-82, Juventus a Catanzaro, Fiorentina a Cagliari, entrambe si giocano lo scudetto appaiate in vetta.
Liam scende in campo sapendo già da tre giornate che è destinato a far spazio al polacco Boniek e al francese Michel Platini, anche se il Trap e Boniperti avrebbero voluto tenerlo.
«Platini l’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras “, gli innamoramenti di Gianni Agnelli hanno però predisposto altro.
Torniamo al Ceravolo, a Catanzaro, a quella domenica del 16 maggio.
La Fiorentina non schioda la partita a Cagliari.
O meglio, lo fa con Ciccio Graziani, ma è solo una illusione, il goal viene annullato.
E la Juventus non la schioda a Catanzaro.
Sembra tutto andare verso il secondo spareggio scudetto nella storia del calcio italiano, dopo Bologna- Inter del 1964, quando al 75° minuto Celestini del Catanzaro respinge in aerea con il braccio un tiro di Fanna.
È rigore!
«La cosa più difficile è capire che il senso non sta nel buttarla dentro/ o fuori ma nel prendere la rincorsa e tirare» canta Baglioni.
Lo sa Liam, lo sa dalla finale di Coppa delle Coppe, quando andò sul dischetto con un addio annunciato e voluto da lui.
Lo sa quel 16 maggio, quando sa già da qualche settimana che ci sarà un altro addio, stavolta non voluto.
È lui il rigorista designato, però si gira verso il Trap, a chiedere conferma, che col capo lo invita ad andare sul dischetto.
Che sembra un puntino lontano anni luce dalla porta: c’è molto di più in quel rigore.
Liam e, forse, anche il Trap sanno che potrebbe andare a finire come all’Heysel, e allora le polemiche sarebbero roventi.
Parlerebbero di scelta sbagliata, giocatore debole psicologicamente, finanche di vendetta verso un tradimento.
Parlerebbero, parlerebbero, forse senza conoscere l’uomo Liam prima che il calciatore Brady.
«Avevo due scelte, due possibilità: fare il professionista e calciare bene il rigore, oppure fare il bambino stupido e rifiutarmi di calciare o, peggio, sbagliare volutamente il tiro. Ho scelto di fare il professionista, ho tirato ed ho fatto goal».
Lacrime, rigori e addii allora in quel pomeriggio a Catanzaro come quella sera a Bruxelles.
Solo che ora, presa la rincorsa, il pallone è in rete, e si piange solo per un addio, non per una vittoria sfumata.
«Dal Donegal alle isole Aran /E da Dublino fino al Connemara/ Dovunque tu stia viaggiando con zingari o re /Il cielo d’Irlanda si muove con te /Il cielo d’Irlanda è dentro di te» (Fiorella Mannoia)
Liam si mette in viaggio, con l’Irlanda nel cuore e un pallone in testa, sotto un cielo però italiano: Genova sponda Sampdoria, Milano sponda Inter e Ascoli a dispensare ancora lampi di classe genuina al netto di nessuna soddisfazione in tema di trofei.
Chiude con il West Ham, e perde gli unici due autobus passati sulla fermata della nazionale della terra degli elfi e folletti: uno per infortunio, Euro ’88 dove segna un goal decisivo per la qualificazione; l’altro, Italia ’90, perché decide di ritirarsi.
Ritroverà il Trap (e Tardelli) quando quest’ultimo si siederà sulla panchina della nazionale irlandese, diventandone assistente.
Guarda caso, sarà ancora qualcosa di transalpino a rendere amara quest’avventura, uno spareggio per il mondiale 2010 con la Francia, risolto da un goal di Gallas viziato da un fallo di mano di Henry!
Talento purissimo, cuore pulsante di professionismo e genuinità, un signore dentro e fuori dal campo: auguri, Liam!