Storie di Calcio

13 Marzo 1961 – Picchia Sebino, picchia

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Antonio Mattera) – 

L’INCREDIBILE HULK

«Scatta l’ala, una finta e poi vola sul fondo/ Dimmi chi la fermerà/ Ma stanotte che notte di pace e di guai/ Forse un uomo vincerà/ Forse l’uomo vincerà» (Correndo Correndo- Antonello Venditti).

Io, da lontano tifoso giallorosso dal 1974, ogni bellissima domenica della mia gioventù’ calcistica sapevo chi fermava quell’ala, per poi catapultarsi, muscoli frementi, aria truce da barbaro e petto all’infuori, nella metà campo avversaria.

Si chiamava Sebastiano Nela e poco aveva dell’aspetto del Santo martire trafitto dalle frecce, quindi meglio chiamarlo Sebino.

E «Picchia, Sebino, picchia» era allora il coro che si alzava dalla Curva Sud.
Riduttivo per un calciatore che non era solo strapotenza fisica , che gli valse il nomignolo di “Hulk”, e sano agonismo delimitati comunque in un perimetro di correttezza.

Sangue ligure, classe 1961.
Romano per adozione, perché quei colori li porti addosso per sempre.
Sorprendeva con il suo piede mancino pur giocando a destra.
Un invenzione di Liedholm che lo volle giovanissimo a Roma, vincendo da protagonista lo scudetto, qualche Coppa Italia e disputando la tragica finale di Coppa campioni con il Liverpool.
Liedholm amava dire di Nela:
Può giocare a destra, a sinistra, al centro, persino in tribuna se non gli piace una posizione di queste”.
In verità, non vi rinunciò mai e lo plasmò come creta nelle sue mani.
Ore e ore a rimanere in campo, dopo che i suoi compagni avevano terminato, per allenarsi ed educare quel piede, il destro, che non era il suo.
La sua strapotenza fisica, la sua forza nella corsa lo fecero diventare, a soli 20 anni, un beniamino dei tifosi della Roma.

Il mio personale ricordo, oltre alla bravura calcistica, si sofferma sulle sue cosce: possenti, muscolose, visibilmente più’ sviluppate di ogni altro calciatore, forse solo Briegel, il panzer tedesco poteva confrontarsi con lui.

E ancora più ne sei impressionato se ti rimangono nella mente le immagini, nel 1988, del suo crack al ginocchio, il suo urlo, il gigante che nasconde le sue lacrime al popolo con una mano sul volto.

Pensi che non sia possibile che sia accaduto proprio a lui, a Hulk Nela, ma allo stesso tempo sai che Sebino tornerà, sicuro.

Perché che Sebino avesse gli “attributi” era chiaro sin da subito.
Come quando, dopo il 3-0 contro il Dundee all’Olimpico, Nela mostrò il dito medio all’allenatore degli scozzesi Mc Lean, reo di aver insultato i giocatori giallorossi!

O come, solo allargando le braccia e frapponendosi tra due giocatori juventini li tenesse a bada, sulla linea del fondo campo a protezione della palla.

E se sei come Sebino, cuore giallorosso trapiantato in un ligure, non è difficile trovarti Antonello Venditti nel tuo stesso albergo.

«Io ero in ritiro in Toscana con la Roma, ero stampellato, mi vennero a chiamare in camera, mi dissero di scendere perché c’era Venditti. Nella hall dell’albergo c’era un pianoforte, Venditti si è messo a suonare e mi ha fatto sentire la canzone che mi aveva scritto, “Correndo Correndo”. Fu una cosa bella, molto emozionante».

Correndo correndo conquista la Nazionale, poche presenze chiuso prima dal “campeon” Cabrini e poi dall’emergente Maldini, fino a chiudere la carriera professionistica nel Napoli.

 UN NUOVO AVVERSARIO, UNA NUOVA PARTITA

«Eppure quando viene sera/ Rimango a casa e mi sento in galera/ Da queste parti ho perso qualche guerra/ Sono un eroe, ma di una storia vera/ E a giudicare da certe ferite/ È come se avessi vissuto quattro o cinque vite» ( Supereroe- Emis Killa)

Era Hulk trenta anni fa.

Anche quando affrontava il pusher che offriva droga alla sua ex consorte, e gli sparava a una gamba.

«Lo incontrai, provò ad aggredirmi e gli sparai a una gamba. L’ho lasciato lì. A terra. Ero esasperato ma ho voluto raccontarlo per far capire che anche uno che in campo sembrava Superman fuori è vulnerabile. Come tutti»
E lo è ancora oggi, Sebastiano “Sebino” Nela, nonostante l’avversario più difficile da affrontare: il cancro

Sempre con la sua irruenza e la sua determinazione.
Parla del suo “incontro” con il cancro, del loro “campionato”, delle discese e delle risalite, della paura della sconfitta, della felicità della vittoria.
Parla della sua debolezza, di come abbia pensato al suicidio.
Salvo poi ricordarsi di non aver mai perdonato a Falcào, allora l’ottavo Re di Roma, di non aver mai voluto tirare un rigore in quella dannata finale.
Perché solo chi non gioca la partita fino in fondo ha già deciso di uscirne sconfitto.
E allora via a macinare km di sforzi e dolori, forza e sudore sulla fascia della vita, contro il suo nuovo avversario.
E ricorda con rimpianto quando Liedholm lo beccava a fumare di nascosto nei spogliatoi e, con il suo fare ironico, gli diceva «Signor Nela, non si nasconda, fumi pure in pubblico, così fumerà di meno».

E allora ti accorgi della forza che anima quel terzino, oggi come allora sul campo.
E del realismo di quel coro che Sebino ha fatto suo
Vincendo alla grande la sua partita più importante contro un avversario immenso, un tumore, di quelli brutti.
Che è lì presente, con i suoi danni collaterali, ma ora fa meno paura.
Perché Sebino l’ha picchiato, eccome se l’ha picchiato!
Qual è oggi il risultato?
Lui ti guarda e risponde: «Oggi è 1 a 0 per me».
Picchia, Sebino, picchia.

E augurissimi!!!

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