Il 27 marzo 1958, esattamente venticinque anni prima dell’ultimo gol ufficiale di Prohaska in giallorosso, lasciava definitivamente la Roma Renato Sacerdoti, il presidente nell’esordio nei campionati a girone unico. Proprietario in due periodi diversi. Inizialmente fino al 1935: ebreo, fu costretto all’arrivederci perché accusato di esportazione illecita.
Secondo alcuni giornalisti dietro ci sarebbe stata la regia del regime fascista, come per la fuga dalla Capitale dei calciatori argentini Guaita, Stagnaro e Scopelli (come riportato da Claudio Colaiacomo nel volume ‘Forse non tutti sanno che la grande Roma…’). Di lui, Giorgio Ascarelli e Raffaele Jaffe (fondatore del Casale) si parla anche nel libro ‘Presidenti’ di Adam Smulevich: indesiderati a causa delle leggi razziali. Sacerdoti pagò inoltre alcune inimicizie, come citato su Sky in una puntata della sezione ‘Storie di Matteo Marani’ (‘Lo sport italiano contro gli ebrei). Tornò alla presidenza della Roma nel 1952 e l’anno successivo portò in giallorosso il campione del mondo Ghiggia: l’annuncio avvenne dopo un’assemblea degli azionisti al teatro Sistina. Cinquantatré anni fa passò la Roma ad Anacleto Gianni. Renato Sacerdoti si spense il 13 ottobre 1971.