GLIEROIDELCALCIO.COM (Paolo Laurenza) – Raccontando Inghilterra Italia del ‘73 non si narrano le gesta di un calcio che non c’è più, guardando la partita vengono meno alcune certezze circa la minore intensità delle partite del passato. L’abolizione del retropassaggio di vent’anni dopo ha senz’altro contribuito alla riduzione di giocate prudenti, contenitive e noiose, ma quel 14 novembre del 1973 nessuno dei ventidue in campo aveva intenzione di fare giocate prudenti, contenitive o noiose. Rivedendo l’incontro, o vedendo per chi come chi scrive all’epoca non era nato, ci si gusta un Wembley gremito di passione per le partite internazionali, la “fanfara” che mentre le squadre escono per la fine del primo tempo entra a passo fiero tra le fila dei giocatori, spettatori che invadono il campo a fine partita per andare ad abbracciare i beniamini.
Al 15° poi, quando Nando Martellini ci ricorda il minuto e il risultato, ci si gusta anche il rinverdire di quel senso di rabbia che si provava quando, accendendo la TV a partita iniziata, non c’era modo di sapere quale fosse il risultato fino a che il telecronista non si degnava di ricordarlo; chiunque abbia visto partite prima dell’avvento del televideo ha vissuto questa “frustrazione”.
Oggi verrebbe da chiedersi come sia possibile che un incontro amichevole possa essere così sentito sia dal pubblico sia dai giocatori, le risposte sono molte e a titolo non esaustivo proviamo a trovarne qualcuna.
I 30.000 tifosi italiani presenti che fanno sentire il grido “Italia Italia” in diversi momenti, sono migranti di un mondo nel quale per rientrare a casa nella terra di Albione non si avevano a disposizione voli low cost. Inoltre Italia e Inghilterra sono nazioni che quarant’anni prima si erano fatte la guerra; certo la Seconda Guerra Mondiale a differenza della prima non lasciò spiriti di rivalsa tra vincitori e vinti, ma nel ‘73 sono vivi i ricordi ed attuali i racconti di quel figlio fatto prigioniero o ucciso dagli inglesi come quelli dell’altro morto ad Anzio per liberare Roma.
Sul piano calcistico le partite internazionali stanno aumentando in quegli anni per via delle qualificazioni agli europei per nazioni, ma si parla ancora di poche squadre e quindi di poche partite. Per intenderci fino al 1990 le qualificazioni mondiali/europei vedevano coinvolte 32 squadre UEFA contro le 52 di oggi. Nel 1973 si viene da un calcio nel quale in una stagione la nazionale poteva disputare anche solo 5 incontri, chiaro quindi che ogni partita fosse già di per sé un evento.
Il prezioso tagliando valido per l’ingresso (Collezione Matteo Melodia)
Ma al di là delle considerazioni sociologiche o statistiche, prima di ogni cosa c’è la rivalità tra le due nazionali, una rivalità antica. Nel primo incontro del 1933 gli italiani freschi vincitori della Coppa Internazionale affrontarono per la prima volta “I Maestri” che all’epoca, proprio perché “Maestri”, non partecipavano ai tornei. A Roma fu 1 a 1 con gli inglesi che si dichiarano sorpresi dalla forza degli Azzurri. Si organizzò quindi una replica dell’incontro a Londra per l’autunno/inverno del ‘34, quella che sarà la “Battaglia di Highbury”. Disputata anch’essa il 14 Novembre ma del 1934, la data nel ‘73 non fu casuale, com’è noto finì 3 a 2 per gli inglesi. Gli italiani giocarono di fatto in 10 per la frattura al piede di Monti e nel secondo tempo, definitivamente in 10 contro 11, tramutarono una probabile disfatta (si era sul 3 a 0 per gli inglesi con 3 gol nei primi 12 minuti) in una mancata rimonta che la stampa internazionale raccontò come vittoria morale azzurra.
Tutte queste sfaccettature messe insieme fecero forse meno dei titoli dei tabloid che etichettarono gli Azzurri come “squadra di camerieri”, riferendosi al passato di Chinaglia che come figlio di emigranti a Cardiff lavorò appunto come cameriere. Questi e altri innumerevoli motivi di rivalità prendono forma nelle parole pronunciate da Nando Martellini in apertura di telecronaca:
“Telespettatori italiani buonasera.
La Nazionale Italiana per la decima volta di fronte agli inglesi, per la seconda a Wembley.
La partita è in programma come amichevole, in restituzione della visita fatta dalla Nazionale Inglese a Torino nel giugno scorso; e già questo ricordo serve a far dubitare del carattere squisitamente amichevole dell’incontro.
Gli inglesi vorrebbero cancellare quello 0-2 due che rappresentò il crollo della loro imbattibilità nei nostri confronti ma c’è poi – determinante – la considerazione della Coppa del Mondo: gli inglesi sono fuori, eliminati dalla Polonia; gli azzurri si sono qualificati. E’ ovvia la posizione capestro degli inglesi: battendoci possono far valere l’indubbia sfortuna che li ha lasciati a casa, altrimenti la loro condanna diviene definitiva e le loro ambizioni calcistiche definitivamente ridimensionate.
Insomma se i nove precedenti incontri non erano stati propriamente amichevoli questo decimo si presenta come il meno amichevole di tutti, tanto è il prestigio che le due nazioni vi puntano sopra: I vincitori della Rimet del ‘66 contro i secondi del ‘70 in Messico”.
C’è di più, i sudditi di Sua Maestà sono ahi loro sotto scacco, in una posizione che sembra scritta da Paolo Villaggio. Fatti salvi i fortunati possessori di uno dei 120.000 tagliandi, gli altri potranno vedersi la partita solo in differita e per di più neanche tutta: durante la partita, saranno costretti a vedersi una registrazione della cerimonia nuziale di una principessa:
“Londra ha vissuto oggi una delle sue grandi giornate per il matrimonio della figliola della regina. L’avvenimento ha fatto passare in secondo piano finora alla tv alla radio e sui giornali la partita di Wembley. Ma ora che ci siamo dentro e che le telecamere della BBC […], si sono accese anche sui 120 mila spettatori di Wembley ci accorgiamo che l’interesse del paese era vivissimo anche per Inghilterra Italia di calcio, che viene a rifinire un giorno davvero importante per la capitale inglese.
Mentre noi trasmettiamo sui teleschermi italiani in diretta, in Inghilterra passa ancora in televisione una registrazione della cerimonia nuziale di stamane. La partita andrà in differita è punteggiata più tardi”.
Il gagliardetto originale della partita (Collezione Marco Cianfanelli)
Vedendo Inghilterra Italia del 1973 si capisce perfettamente cosa significhi giocare in contropiede contro una squadra aggressiva, si vede e quasi si tocca con mano il perché se si pensa a uno stereotipo dei modi di giocare al calcio, una partita tra Italia e Inghilterra giocata a Londra non può che esserne l’esempio primo.
Si badi, contropiede non significa catenaccio, certo senza Zoff, imbattuto da 827 minuti, in porta sarebbe stato meno facile, ma la tradizione dei portieri italiani ci consente di allevare numeri uno che siano tali a livello mondiale. Impressionante è anche Burgnich in difesa, come Rivera un maestro a centrocampo. Chinaglia riparte come un carro armato dotato di motore turbo e Capello che mostra la sua concretezza e serietà sul campo e marcatore al minuto 86 del gol partita.
Novanta minuti di agonismo, che trovano la loro prima e forse unica pausa al 43° quando s’infortuna Osgood. Dare oggi la cronaca di una partita raccontata mille volte è superfluo, ma se questa sera avete un’ora e mezza di tempo preparatevi una frittatona di cipolle e una familiare Peroni gelata, annunciate a casa che è serata di rutto libero. Nessuna “Corazzata Kotiomkin”, nessuna principessa che si sposa. Si gioca Inghilterra Italia signori, zitti tutti.