GLIEROIDELCALCIO.COM (Luca Negro) – Quella che vado a raccontarvi, nel giorno del suo 50esimo compleanno, non è una storia come tante, ma la storia di un calciatore, in gioventù, considerato predestinato, che seppe rilanciarsi ogni qual volta il sogno pareva sfumare o la sfida diventare più difficile, arrivando a conquistare quella vetta, tanto agognata, a tratti irraggiungibile. Francesco Antonioli, “Batman” per i suoi più affezionati sostenitori.
Nato a Monza il 14 settembre 1969, Francesco fece, nella formazione brianzola della sua città Natale, la trafila delle giovanili, fino ad essere aggregato alla prima squadra già all’età di 16 anni. Era un portiere dotato di ottima tecnica seppur non particolarmente spettacolare. Agile e istintivo. Il 27 agosto 1986 fece il suo debutto da professionista in coppa Italia, contro, niente di meno che la Juventus allenata da Rino Marchesi. Debutto da incorniciare. Il Monza perse 1-0 ma Francesco fu determinante coi suoi interventi per rendere il passivo dignitoso, contro un avversario prestigioso come la squadra campione d’Italia in carica. Al termine della stagione furono 6 le presenze e nella stagione successiva, 87-88, promosso titolare, fu fra i grandi protagonisti della promozione in serie B col secondo posto nel campionato di serie C1 e della conquista della coppa Italia di categoria. Ma la vera svolta fu rappresentata dal match di coppa Italia del 30 agosto 1987. In quell’incontro estivo dei gironi di coppa Italia, il Monza come avversario si trovò il Milan di Arrigo Sacchi. Il Milan si impose grazie a una doppietta di Marco Van Basten, ma il tecnico di Fusignano che a primavera avrebbe vinto lo scudetto, iniziando a scrivere la sua leggenda, notò il portiere brianzolo e ne consigliò l’acquisto ai dirigenti del Milan, che proprio nel Monza avevano iniziato la carriera, Adriano Galliani e Ariedo Braida. Così nell’estate 1988 Antonioli approdò in rossonero, crescendo alle spalle di colui che sarebbe divenuto il suo modello, Giovanni Galli, debuttando in coppa Italia il 3 settembre 1988 nel match casalingo vinto dal Milan 2-1 contro la Lazio e successivamente arrivò la convocazione nella under 21 allenata da Cesare Maldini. Lo spazio però era davvero poco e Francesco, senza aver ancora esordito in campionato nella formazione rossonera, nell’estate del 1990, scavalcato nelle gerarchie da Andrea Pazzagli, il nuovo titolare, fu prestato al Cesena nell’ambito dell’operazione che condusse al Milan, Sebastiano Rossi. Terzo portiere, in Romagna, chiuso dal capitano Alberto Fontana e da Marco Ballotta, il Milan lo mandò a Modena in serie B, durante il mercato di riparazione dello stesso anno, dove finalmente il talento di Antonioli sbocciò, sotto la guida di Renzo Ulivieri. Fu così richiamato al Milan nell’estate del 1991 per fare il vice del titolare scelto dal neo allenatore Fabio Capello. In quella che divenne una stagione da record per il Milan, campione imbattuto, che diede il via alla leggenda degli “invincibili”, Francesco fu il titolare nelle sfide di Coppa Italia, in cui il Milan arrivò fino alle semifinali, sconfitto ed eliminato a Torino il 14 aprile 1992 da un gol di Schillaci nella sconfitta subita per 1-0 contro la Juventus. Ma Francesco brillò. Migliore in campo nel match di Torino, nella competizione che fu un porta fortuna della sua carriera. Nacque così un vero e proprio dualismo con Sebastiano Rossi. Francesco divenne beniamino del pubblico di fede milanista, convinto di avere fra i pali un campione, un portiere come non lo si vedeva dai tempi di Albertosi, con margini di miglioramento evidenti, considerando la giovane età. Il 3 giugno 1992 conquistò a Vaxjo il titolo di campione d’Europa con la nazionale under 21. Antonioli partì titolare nella stagione 92-93, alzando il 30 agosto 1992 la Supercoppa italiana nella vittoria interna dei rossoneri sul Parma per 2-1. Rossi divenne il portiere di coppa Italia, lasciando il ruolo di protagonista tra i pali a Francesco sia in campionato che in Champions League, in cui l’esordio del brianzolo avvenne il 16 settembre 1992 a San Siro contro gli sloveni dell’Olimpia Lubiana. Tutto sembrava andare per il meglio. Anche dopo un piccolo problema muscolare, che causò uno stop di un paio di settimane, Francesco riconquistò subito il suo posto.
Finchè non arrivò il maledetto derby della Madonnina numero 156. Il 22 novembre 1992. Al 69° minuto, col Milan in vantaggio per 1-0 grazie a un gol di Lentini, l’orrendo campo dello stadio, intitolato alla memoria di Giuseppe Meazza, contribuì a rendere beffardo per il portiere un tiro dalla distanza non irresistibile di Luigi De Agostini. Un errore clamoroso di valutazione. Il pallone rimbalzando a terra, scivolò dalle mani del portiere, insaccandosi in rete, con un effetto quasi magico. Anzi un pallone più che magico stregato, che rispedì Antonioli a fare la riserva di Rossi, chiudendo ogni spazio al portiere brianzolo, che nell’estate 1993 chiuse definitivamente la sua avventura milanista, con un computo complessivo di 27 partite ufficiali disputate. Accettò la corte del Pisa e ripartì dalla serie cadetta. In una stagione negativa per i toscani, che chiusero il campionato di serie B 93-94 con la retrocessione in serie C1, Francesco riuscì comunque a brillare e nell’estate del 1994 la Reggiana, allenata da Pippo Marchioro, neopromossa in serie A, decise di scommettere su di lui. Ancora una retrocessione, in una stagione travagliata per gli emiliani, con ben due cambi di panchina, ma Francesco fu il titolare indiscusso e nell’estate del 1995, Renzo Ulivieri, il tecnico che più di ogni altro seppe valorizzarlo, il tecnico che più di ogni altro aveva creduto in quel talento, lo volle con sé al Bologna neopromosso in serie B. Fu una stagione straordinaria. Antonioli trovò finalmente continuità e da titolare, fu tra i grandi protagonisti di una avvincente cavalcata che si concluse per i felsinei con la vittoria del campionato di serie B e di un sorprendente cammino in coppa Italia fino alle semifinali contro l’Atalanta, eliminando durante il cammino Verona, Roma, Reggiana, ma soprattutto il Milan nei quarti di finale, a San Siro, in una gara in cui Francesco riuscì ad esorcizzare il suo passato, parando tutto ciò che poteva parare a Weah e soci, tradito solo da un errore di Tarozzi sull’1-0 per i felsinei, che portò la sfida ai supplementari e poi ai rigori in cui Francesco fu decisivo parando dal dischetto i tiri di Eranio e Coco. Stagione da incorniciare e finalmente di nuovo padrone del suo destino. La macchia del derby era stata cancellata. Rimase al Bologna fino all’estate del 1999 quando proprio il neo allenatore della Roma, Fabio Capello, lo volle nella capitale, convinto della definitiva maturazione di quel talento inespresso e sfortunato, ai tempi del suo Milan. Era una Roma che stava mettendo in piedi una vera e propria rivoluzione culturale. Un cantiere aperto. Dopo 3 anni di integralismo Zemaniano e di un calcio generalmente offensivo e di schemi ripetuti al limite dell’ossessione, Franco Sensi volle portare a Roma il meglio che il mercato poteva offrire in termini di gestione della rosa e pragmatismo. La stagione 99-2000, che vide trionfare i cugini laziali allenati dall’ex Sven Goran Eriksson, si concluse con un sesto posto e con molte critiche. Non a Francesco, che seppe aver facilmente ragione della concorrenza dell’esperto portiere austriaco Konsel. Ma la Roma aveva gettato le basi, le fondamenta, proprio in quell’anno, ricordato con disprezzo dai tifosi romanisti, della storica vittoria del successivo campionato 2000-01. Nell’estate 2000 Batistuta, Zebina, Samuel, Emerson si aggiunsero a Totti, Tommasi, Di Francesco, Cafu, Montella, Delvecchio, Zago, Aldair, Assuncao e naturalmente a Francesco Antonioli. Fu un trionfo. Il tanto sospirato successo che mancava dal 1983 per la Roma giallorossa e l’apice della carriera per Antonioli. Finalmente protagonista, con 26 presenze da titolare, di un trionfo, lui che da milanista, ne aveva vissuti tanti da spettatore. Nell’estate 2001, la Roma acquistò dall’Atalanta, per 27 miliardi di vecchie lire, Ivan Pelizzoli e Antonioli si ritrovò nuovamente invischiato in un dualismo. Seppur inizialmente, a partire titolare fu l’ex atalantino, qualche incertezza del giovane portiere, restituì il ruolo di protagonista tra i pali al più esperto brianzolo, così in campionato con 30 presenze, così come in Champions League. Rimase alla Roma fino all’estate 2003, quando fu acquistato dalla Sampdoria di Riccardo Garrone, allenata da Walter Novellino. Nella sua esperienza in giallorosso ha totalizzato 145 presenze ufficiali con 138 reti subite. A Genova restò un triennio, ricordato soprattutto per la stagione 2004-05, in cui i blucerchiati ottennero 61 punti fondamentali al ritorno in Europa dopo 7 anni di purgatorio. Nell’estate 2006, considerato ormai anziano, coi suoi quasi 37 anni, in fase calante e senza più nulla da dare, fu ceduto dalla Samp al Bologna, là dove seppe rilanciarsi qualche anno prima. Un Bologna in serie cadetta, ansioso di tornare tra i grandi e allenato ancora dal grande maestro di Francesco. Quel Renzo Ulivieri, vero e proprio angelo custode del portiere brianzolo. Ma le cose non andarono nel verso giusto. Ulivieri fu esonerato e il Bologna non andò al di la di un settimo posto. Il ritorno in serie A arrivò la stagione successiva, 2007-08, sotto la guida tecnica di Daniele Arrigoni. Il Bologna arrivò secondo in serie B e Francesco fu fra i protagonisti di un’altra promozione. Il destino riservò, il 31 agosto 2008, il debutto in campionato proprio a San Siro, proprio contro il Milan, uno stadio in cui tutte le attenzioni erano per Ronaldinho Gaucho, al debutto nella serie A, in maglia rossonera. Il Bologna vinse 2-1 a sorpresa e Francesco fu tra i migliori. Il momento più esaltante di una stagione tribolata, che vide alternarsi in panchina Arrigoni, Mihajlovic e Papadopulo, i felsinei riuscirono comunque a salvarsi, conquistando il 17° posto e salutando a fine stagione quel caparbio antieroe, protagonista di tante battaglie. Una fenice, capace di risorgere sempre, vincendo soprattutto lo scetticismo di chi lo dava già finito. Con i felsinei disputò un totale di 264 partite ufficiali incassando 268 reti. Chiamato nell’estate 2009 a Cesena, in serie B, per difendere i pali dei romagnoli, allenati Pierpaolo Bisoli, conquistò subito un’altra promozione in serie A, ottenendo la salvezza sorprendente nella stagione successiva e chiudendo la carriera all’età di 43 anni, al termine della stagione 2011-12, purtroppo coincisa con la retrocessione in serie B. Con la maglia del Cesena ha totalizzato 109 partite ufficiali. Francesco Antonioli seppur sia stato convocato più volte in nazionale maggiore, non vi ha mai esordito. È stato il secondo di Francesco Toldo agli Europei 2000, concluso dagli azzurri al secondo posto. Antonioli ha attraversato la serie A, vivendone la sua parabola appieno. Dalla golden age di un calcio italiano conquistatore nel mondo, di un campionato, in cui tutti i più grandi volevano venire a giocare, fino al declino, a vantaggio di campionati più ricchi e capaci di evolversi, come Premier League o Liga spagnola. È il 48° giocatore più presente nella storia del campionato di serie A con 416 presenze. Oggi è un collaboratore tecnico del Cesena che milita nel campionato di serie C.
Nato nel 1976, ho iniziato ad amare il calcio, dal 1983, da quelle prime figurine attaccate al mio primo album Panini. Un calcio romantico ormai scomparso che aveva il potere di far sognare tutti, proprio tutti. Fotografo artistico, fotoreporter e opinionista sportivo. Racconto la realtà ma amo scrivere di quel passato che mi fa tornar bambino.