“La squadra italiana ha vinto meritatamente. Perciò mai vittoria è apparsa più luminosa, più entusiasmante, più cara al nostro cuore di italiani e di sportivi”
Terzi per punteggio, quarti nel medagliere finale. L’Italia dello sport, in quel 1936 che non lasciava ancora trasparire gli sconvolgimenti geopolitici futuri, si scoprì Paese dalle grandi potenzialità, capace di lasciarsi alle spalle potenze come Francia e Gran Bretagna.
Le Olimpiadi di Berlino, iconiche per vari motivi, avevano segnato la nascita di una stella della corsa di nome Jesse Owens, pacifico velocista di colore, in grado di imporsi in uno stadio che finì per approvare il suo grandissimo talento, nonostante un clima all’inizio poco favorevole. L’Italia della scherma e di una certa Ondina Valla, poi, si era inserita in un circuito prestigioso di medaglie, conquistando addirittura l’oro negli 80 metri ostacoli, con lo stupefacente record mondiale di 11 secondi e 6 centesimi.
Anni di regimi e di calcio nostalgico. Gli anni di un certo Vittorio Pozzo come commissario tecnico. Anni di vittorie e di primati.
Quello dei ’30 fu il decennio del ciclo azzurro; un ciclo iniziato con la vittoria del mondiale casalingo del ’34 e terminato con quello francese del ’38. E chissà cosa avrebbe potuto fare quello squadrone se di mezzo non ci si fosse messa la guerra.
Quello che però molti italiani non ricordano, o non conoscono, è il trionfo del 1936, l’unico oro olimpionico degli azzurri.
Lo conquistammo in un 15 Agosto di 85 anni fa, in quell’Olympiastadion di Berlino che, 70 anni dopo, sarebbe stato teatro di un’altra vittoria italiana.
Vittorio Pozzo, non potendo schierare i suoi giocatori professionisti, decise di ricorrere al bacino di utenza rappresentato dalle superiori e dalle università: i migliori studenti al servizio del Paese. In quella rosa c’erano due ragazzi che avrebbero fatto una grande carriera (Foni e Rava su tutti) e altri che sarebbero entrati nel mito (Annibale Frossi).
L’inizio della competizione fu tutt’altro che semplice; una sofferta vittoria con gli Stati Uniti e l’impressione di aver smarrito la bussola della concentrazione ancora prima di iniziare. Ci vorrà tutta la sapienza tattica e di gestione del mito Pozzo per risollevare una situazione preoccupante e per portare l’Italia verso la finale del 15 Agosto.
Anche Jesse Owens darà una spinta decisiva a quella squadra, con le sue schitarrate notturne nel ritrovo degli azzurri. Serate di allegria e sorrisi, utili a cementare un gruppo giovane ma senza esperienza. Nella finale contro la fortunata Austria, giunta all’atto conclusivo dopo il ritiro del Perù (per protesta contro una scellerata decisione presa dall’organizzazione), il protagonista assoluto sarà un ragazzetto con occhiali e capelli impomatati, veloce come pochi e tenace come nessun altro. Annibale Frossi, friulano dallo scatto fulmineo, segnerà in ogni partita di quella Olimpiade, compresa la finalissima. Due gol, di cui uno nei tempi supplementari, che consegneranno all’Italia il suo primo, e finora unico, titolo olimpionico.
Classe '83, viaggiatore instancabile ed amante del calcio e dello sport tutto.
Una Laurea in Comunicazione, una tesi sul linguaggio giornalistico sportivo degli anni '80 ed una passione per il collezionismo, soprattutto quello inerente la nazionale italiana.
Alla sua attività turistica, associa collaborazioni con giornali del mondo travel.
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