GLIEROIDELCALCIO.COM (Luca Negro) – Mentre eventi di differente impatto emotivo erano destinati ad entrare nei libri di storia, dagli sviluppi della rivoluzione scoppiata in Romania contro il regime di Nicolae Ceaușescu, alle prime elezioni libere in Brasile, dopo 25 anni di dittatura, in Giappone, l’evento più atteso quel giorno era la finale per l’assegnazione della coppa intercontinentale di calcio. Evento sicuramente di più leggera caratura, ma destinato a tenere col fiato sospeso milioni di persone in quella che divenne una lunga e stancante maratona televisiva per tutti quegli interessati non presenti al National Stadium di Tokyo. Di fronte il Milan campione d’Europa, che nella finale di Coppa dei Campioni, disputata a Barcellona il 24 maggio 1989, aveva travolto con un 4-0 i romeni della Steaua di Bucarest. Era il Milan degli olandesi, di Berlusconi, di Sacchi, di capitan Baresi e di colui che solamente 10 giorni prima era stato il giustiziere del Barcellona, in Supercoppa Europea, a San Siro. Alberico Evani, più semplicemente “Chicco”, uno della vecchia guardia forgiata da Nils Liedholm. Dinanzi al Milan, l’avversaria colombiana del genio tattico Francisco Maturana. L’Atletico Nacional de Medellin che schierava, tra gli altri, il portiere funambolico, Renè Higuita. Seppur la conoscenza di Arrigo Sacchi, verso il tatticismo di Maturana, crebbe arricchendosi, attraverso i filmati VHS dell’epoca, fu quella partita a far nascere una vera e propria ammirazione verso il tecnico colombiano, tanto che i due sarebbero diventati ottimi amici, così tanto da incontrarsi più volte fuori dal rettangolo di gioco. Il match divenne una vera e propria partita a scacchi. Per tutti gli addetti ai lavori, soprattutto per i fanatici del gioco a zona, MILAN-NACIONAL divenne “La Partita Perfetta”. Maturana conosceva benissimo la velocità del Milan e la bravura dei suoi attaccanti. Dettò dunque una strategia tesa a sfruttare le ottime doti di palleggio dei suoi ragazzi, cercando di addormentare il gioco con fraseggi, giunti alla cosiddetta definizione di tiki-taka, cercando di far stancare il Milan nel suo ossessionante pressing e puntando ai rigori, dove pensava di potere avere la meglio grazie alle famose doti di specialista che contraddistinsero Higuita, vero protagonista della Copa Libertadores, alzata dopo la finale vinta ai rigori contro i paraguaiani dell’Olimpia Asuncion. Maturana pensava di poter sfruttare eventuali errori della retroguardia con l’ottimo talento Albeiro ‘Palomo’ Usuriaga, protagonista con 4 gol realizzati nel 6-0 inflitto in semifinale agli uruguagi del Danubio. Se la strategia di Maturana avesse funzionato, la velocità e la tecnica di Uzuriaga, sarebbero state decisamente utili nel secondo frangente di gioco, contro avversari meno lucidi e per questo lo fece partire dalla panchina. E poi, il Milan era orfano del temuto Ruud Gullit alle prese col lungo calvario dell’infortunio al ginocchio. La partita si giocò nella metà campo, dove si affollarono in un fazzoletto di terra le due squadre, entrambe “corte”, entrambe sollecite ad avanzare in linea ad ogni tentativo di lancio in verticale dell’avversario per affermare la tattica del fuorigioco. Il primo tempo si concluse a reti inviolate. Senza emozioni. Maturana gongolava. Tutto procedeva secondo i suoi piani. Giunse quindi, al 46° minuto, il momento dell’ingresso di Uzuriaga. Le sue irresistibili fughe in contropiede generarono un paio di spaventi alla retroguardia rossonera. Allora Sacchi ordinò ai suoi giocatori di attendere gli avversari, spingendosi in avanti con maggiore meticolosità, consegnandosi, di fatto, tatticamente a Maturana. Al 65° l’allenatore del Milan, vedendo i palleggiatori della sua squadra in palese difficoltà, decise di aggiungere un pizzico di tecnica in più, rinunciando a corsa e generosità. Fuser e Massaro vennero così sostituiti nel giro di un paio di minuti da Evani e Marco Simone. Il Milan iniziò così a crescere, attaccando con maggiore convinzione. Solo un fuoco di paglia però, destinato a spegnersi e quando anche Donadoni iniziò a sbagliare passaggi e Van Basten in una sortita offensiva, si fece addirittura dribblare da Higuita in uscita, qualcuno iniziò a presagire il peggio. L’arbitro svedese Erik Fredriksson portò il fischietto alla bocca indicando la fine del secondo tempo regolamentare di un incontro che non aveva fin li lasciato spazio a emozioni e sussulti. Si andò ai supplementari a reti inviolate in quella che a molti sembrò una partita a scacchi. Tutti attenti ai movimenti, i più perfetti possibili, in un incontro in cui il grande assente risultò essere l’estro. Verso la fine del primo tempo supplementare, i giocatori del Milan si accorsero dell’abbassamento di ritmo dei colombiani, la stanchezza cominciò ad essere la vera protagonista e Arrigo Sacchi ordinò dunque ai rossoneri in campo di tornare a spingere con maggiore decisione, nel tentativo di evitare la lotteria dei rigori. Divenne il trend dei tempi supplementari. Colombiani sempre più arroccati e rossoneri all’attacco. Quando i rigori sembrarono ormai inevitabili, al 117° quasi 118°, Marco Van Basten tentò una percussione ma venne steso al limite dell’area di rigore colombiana. Sul pallone andarono Donadoni ed Evani. Qualche secondo per i colombiani di accennare disappunto e sistemare la barriera e scoccò il minuto 119°. Poi una scintilla, improvvisa, fulminea. Il grande assente, l’estro, tornò a mostrarsi, come un coniglio bianco uscito da un cappello a cilindro. L’estro, il grande assente fin lì, di una finale soffocata dal tatticismo. Mentre in Italia spuntava l’alba, proprio lui, Alberico Evani, più semplicemente “Chicco”, vide aprirsi uno spazio nella barriera, disse a Donadoni di spostarsi e velocemente, col suo piedino sinistro numero 37, pennellò una palla che aggirò la barriera infilandosi nell’angolo basso alla destra di Higuita. Il gol dell’1-0 finale che consegnò, per la seconda volta nella sua storia, la Coppa Intercontinentale al Milan.
Come scherzo del destino, fu la giocata di un singolo a infrangere l’equilibrio che si era venuto a creare fra i due maestri della tattica. Chicco Evani, ancora lui, come 10 giorni prima in quel di San Siro. Ancora una volta, ancora un suo calcio di punizione, consegnò al Milan un trofeo internazionale. Dopo il Barcellona toccò cadere al Nacional de Medellin. Evani venne premiato come uomo partita dalla Toyota a fine gara. Le sue doti tecniche unite ad una infaticabile corsa e alla grande versatilità ne fecero uno dei giocatori più amati dai tifosi rossoneri. Evani divenne l’uomo dei due mondi. Il suo gol donò al Milan un successo importantissimo, all’indomani dello scoccare dei 90 anni di storia del club.
MILAN – NACIONAL 1-0
Reti: 1-0 119′ Evani
MILAN G. Galli, Tassotti, Maldini, Fuser (65′ Evani), Costacurta, Baresi, Donadoni, Rijkaard, Van Basten, Ancelotti, Massaro (69′ Simone). Allenatore: Sacchi.
Nato nel 1976, ho iniziato ad amare il calcio, dal 1983, da quelle prime figurine attaccate al mio primo album Panini. Un calcio romantico ormai scomparso che aveva il potere di far sognare tutti, proprio tutti. Fotografo artistico, fotoreporter e opinionista sportivo. Racconto la realtà ma amo scrivere di quel passato che mi fa tornar bambino.