GLIEROIDELCALCIO.COM (Francesco Giovannone) – La bacheca del Napoli, ahimè per i tifosi azzurri, non è molto nutrita, anzi. Tralasciando qualche titolo minore conquistato nel passato, ci troviamo due scudetti, cinque Coppe Italia, due Supercoppe italiane ed unico trofeo internazionale, una Coppa UEFA vinta nella stagione 1988/89.
A trenta anni esatti da quel 17 maggio 1989, ci appare doveroso regalare un tributo ad una grande club che, proprio quel giorno, vince l’unico, ma prestigiosissimo, trofeo internazionale della sua storia.
La Coppa UEFA, quella che pensiamo, impropriamente, essere l’antenata dell’attuale Europa League è una competizione molto importante in quegli anni, molto di più di quella che oggi, almeno in linea di principio, la rimpiazza.
Alla Coppa UEFA accedono tutte le migliori squadre dei campionati nazionali europei, fatta eccezione per la vincitrice del torneo nazionale, che approda alla gloriosa Coppa dei Campioni. La disputano, quindi, le squadre che si piazzano nei primissimi posti nella stagione precedente e che, magari nella stagione in corso, dominano, addirittura, il torneo nazionale di appartenenza.
In virtù di quanto appena detto, Il cammino del Napoli nella competizione è, come da aspettative, molto impegnativo, al pari di quello che avrebbe condotto ad una finale della Coppa dei Campioni, anzi, quello che porta alla finale di UEFA è anche più estenuante.
Il Napoli quell’anno è una squadra fortissima, che può contare sull’apporto di giocatori come Ferrara, Alemao, De Napoli, Careca, Carnevale e soprattutto sull’apporto del Dio del pallone, sua maestà Diego Armando Maradona. Al timone c’è il burbero, ma preparato allenatore di origini bresciane Ottavio Bianchi, destinato, nonostante la sua figura non esattamente spendibile a livello mediatico, a rimanere per questa, ed atre imprese, nei cuori della gente napoletana.
Al primo turno l’avversario è il modesto, seppur combattivo Paok di Salonicco, al secondo la compagine (all’epoca Germania Est) della Lokomotiv Lipsia. Il Napoli, dopo avere spazzato via greci e tedeschi, trova qualche difficoltà, invece, agli ottavi di finale, contro i francesi del Bordeaux. I partenopei espugnano di misura, all’andata, il campo dei girondini mentre, si accontentano del minimo sforzo in casa: con un pareggio a reti inviolate approdano ai quarti di finale.
Come detto, la Coppa UEFA del tempo assomiglia molto ad una Coppa dei Campioni e non è per niente difficile trovarsi di fronte, come succede al Napoli, una super corazzata come la Juventus. Si incontrano due giganti in un derby italiano molto sentito, per via dell’importanza della posta in palio, e per la storica rivalità tra i due club.
L’andata si gioca al comunale di Torino e per il Napoli finisce male, un brutta, bruttissima sconfitta per due a zero, che nelle competizioni europee, spesso, seppur avendo il retour match da giocare in casa, sa tanto di eliminazione dal torneo. Al ritorno, seppure ci siano poche possibilità nel compimento dell’impresa, il San Paolo ci crede e si veste a festa, il pubblico delle grandissime occasioni lo popola in ogni ordine di posto, per spingere la propria squadra verso le semifinali della Coppa UEFA. Il match inizia alla grande per i padroni di casa, ed al decimo minuto Maradona trasforma un calcio di rigore che spalanca le porte verso la remuntada che si completa al minuto quarantacinque, quando Andrea Carnevale sigla il due a zero, che è anche il risultato con cui terminano i novanta minuti regolamentari.
Tra il Napoli e il raggiungimento delle semifinali si frappongono, quindi, ancora i tempi supplementari, che risultano essere molto equilibrati, e che sembrano destinati a concludersi con lo stesso risultato del match di Torino. Proprio nel momento in cui già si pensa alla lotteria dei rigori, e cresce la paura di vedere sfumare un sogno oramai a portata di mano, irrompe in scena l’eroe inaspettato (oddio lui il vizietto del goal lo ha sempre avuto, però), il precursore di Fabio Grosso, che al minuto ‘119 spezza gli equilibri a favore dei partenopei: Alessandro Renica, di ruolo libero (molti giovani probabilmente chiederanno “ma il libero che razza di ruolo è?” e noi sorrideremo, con retrogusto amaro però). Il celeberrimo “Manca un minuto e siamo sopra” riecheggia, questa volta al San Paolo, con qualche lustro di anticipo rispetto all’originale.
La partita termina così e il Napoli vola in semifinale, dove l’ostacolo da superare per i ragazzi di mister Bianchi è forse ancora più alto del precedente: c’è da duellare col titolatissimo Bayern Monaco, una delle squadre di club più forti e titolate al mondo. L’andata si gioca a Napoli, ed ancora una volta il pubblico del San Paolo fa valere il fattore campo, la partita finisce 2-0, e permette agli azzurri di acquisire una bella dote in vista del ritorno all’Olimpiastadiom di Monaco (anche qui qualche millennial controbatterà: “guarda che lo stadio del Bayern è bellissimo, l’ho visto, e si chiama Allianz Arena”, e noi, anche qui, faremo buon viso a cattivo gioco, e capiremo). Siamo nella tana dei tedeschi che partono subito aggressivi (del resto non hanno molte alternative), si gioca soltanto nella metà campo del Napoli, che viene schiacciato sempre di più, sembra profilarsi una giornata molto complicata per i ragazzi di Ottavio Bianchi ma alla fine non è così, anzi, per ben due volte la corazzata capitanata dal forte difensore Klaus Augenthaler è costretta a rimontare lo svantaggio, propiziato da Maradona e realizzato dal brasiliano Careca, che fa doppietta.
Si schiudono le porte del paradiso, il Napoli è in finale e trova lo Stoccarda, paradossalmente il meno quotato degli avversari fino a quel momento incontrati. È una finale tra matricole, infatti per i tedeschi, così come per il Napoli, si tratta della prima finale in una competizione europea. Una curiosità: tra le file della squadra tedesca, si destreggia un certo Maurizio Gaudino, papà del casertano e mamma del napoletano, tutti trapiantati in Germania. Al suo fianco, in attacco, giostra l’agguerritissimo Jurgen Kllinsmann destinato a diventare in seguito uno dei più forti centroavanti del mondo.
Il cammino dei ragazzi di mister Haan nella competizione è più agevole di quello affrontato dai napoletani, infatti, le prove più ardue sono quella con gli spagnoli della Real Sociedad, e il derby contro i cugini dell’est della Dinamo Dresda (squadra in cui milita un giovane Matthias Sammer, futuro pallone d’oro).
Il prezioso tagliando di ingresso della partita di andata a Napoli
Nel 1989, a differenza di oggi, anche la finale si gioca sulla base del doppio confronto. La partita di andata si disputa e Napoli, e come si può facilmente immaginare lo stadio straborda di tifo, quasi 80.000 persone che sognano il primo trofeo europeo.
Seppure col favore del pronostico il Napoli non parte benissimo, lo Stoccarda si dimostra da subito un osso duro e, a sorpresa, è proprio il “compaesano” Gaudino che apre le marcature al 17′ con un gran tiro da fuori, complice, però, una papera del compianto e grandissimo Giuliano Giuliani. Lo Stoccarda una volta in vantaggio si rintana in difesa e arretra il suo baricentro. Il Napoli cresce e attacca con più convinzione fino al raggiungimento del meritato pareggio di Diego Maradona che arriva su calcio di rigore, ma solo nel secondo tempo (al minuto ’60). Il punteggio di parità va, comunque, benissimo ai tedeschi che cercano di resistere fino alla fine della partita. Quando ormai il punteggio di parità appare acquisito è Antonio Careca, imbeccato da Diego, a fare centro; siamo al minuto ’87 e il Napoli ribalta la partita, è 2-1, e con questo punteggio la squadra di mister Bianchi si presenta al Neckarstadion, la roccaforte dello Stoccarda. I tedeschi hanno tutte le possibilità di poter rimediare alla sconfitta di misura dell’andata, e ci credono anche i quasi 70.000 sugli spalti (ci sono anche un numero imprecisato, ma enorme, di tifosi azzurri). Le speranze di Aughentaler & Co. vengono ridimensionate quando un altro campionissimo azzurro sale in cattedra, Ricardo Rogério de Brito, al secolo Alemao (“il tedesco”, in portoghese, per via dei suoi colori chiari), che realizza il goal del vantaggio al diciottesimo. A rimettere in corsa lo Stoccarda ci pensa, però, il cecchino Klinsmann al minuto ventisette. Servono però appena altri dieci minuti al Napoli, per ipotecare la coppa: ancora un eroe inaspettato fa saltare il banco, parliamo di un giovane Ciro Ferrara che riporta i suoi in vantaggio, la sua gioia ed esultanza passano agli annali. A chiudere il discorso nel secondo tempo (’62) è il solito Careca imbeccato indovinate da chi? Beh si, è chiaro, sempre dal piccoletto con il dieci sulle spalle. Il trofeo è nelle mani degli azzurri, rimane solo il tempo allo Stoccarda di segnare due goal che portano ad un pareggio finale, più importante per l’orgoglio degli uomini di Haan, che per la sostanza.
Si ringrazia Giuseppe Montanino, Presidente dell’Associazione Momenti Azzurri – Museo del Calcio Napoli, per il materiale gentilmente messo a disposizione dei nostri lettori