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All’Inter se lo ricordano con quel bizzarro 1+8 sulla maglia, numero inventato per ovviare al problema di casacca da spartire con il Fenomeno Ronaldo.
Ivan Zamorano da Santiago, sguardo deciso e voglia di stupire. Un attaccante differente, fortissimo nello stacco di testa e caparbio in ogni situazione. Per informazioni chiedere al genio di Caldogno e a quel passaggio di rabona con tuffo del cileno incorporato, dopo una rotazione innaturale.
All’Inter di Moratti ci era arrivato dopo la buona parentesi al Real Madrid, squadrone non ancora stellare con il quale il buon Ivan passò un quadriennio tutt’altro che avaro di soddisfazioni, con quasi ottanta reti all’attivo ed una media realizzativa di tutto rispetto.
Nella finale di Coppa Uefa del 1998, nel Parco dei Principi vestito a festa e in atmosfera pre mondiale, fu lui a siglare il primo gol dei nerazzurri contro la Lazio destinata a diventare invincibile. Un esterno pulito e chirurgico, dritto sotto le manone di Marchegiani.
Poi l’incrocio contro gli azzurri di Maldini e quella vittoria sfiorata di un niente, trasformatasi in pareggio soltanto per colpa dell’ennesima invenzione del Codino più famoso del mondo.
Un attaccante generazionale, uno dei migliori dei difficili anni ’90, icona di un Paese e di una Nazionale diventata ancora più grande nei decenni successivi.