GLIEROIDELCALCIO.COM (Alessandro Mastroluca) – In due mesi, a Milano, è cambiata la storia del calcio in Italia. Da Milano, il 3 aprile 1968, l’Italia è partita per la Bulgaria per l’andata dei quarti di finale degli Europei. Perdiamo a Sofia 3-2, ma il gol nel finale dell’esordiente Pierino Prati concede agli azzurri una speranza. Sarà l’inizio del primo trionfo europeo della nazionale. Ma nel corso di quella trasferta succede anche qualcos’altro. Sandro Mazzola e Gianni Rivera si fanno promotori di una nuova esigenza, garantire una diversa tutela dei calciatori.
Vogliono creare un sindacato, e sanno anche a chi vorrebbero affidarlo. Gli scrivono anche una lettera. Si chiama Sergio Campana, ha da poco concluso una carriera da centrocampista che l’ha portato a giocare anche nel Bologna e nel Vicenza e da un anno ha iniziato la carriera di avvocato.
Un sindacato, per la verità, esisteva già. L’AIC, Associazione Italiana Calciatori, era nata nel 1945. L’avevano promossa anche allora tre dei giocatori più in vista dell’epoca: “Farfallino” Borel, bomber della Juve del Quinquennio d’Oro negli anni Trenta; Annibale Frossi, centravanti dell’Inter e simbolo dell’Italia oro olimpico a Berlino nel 1936, laureato in giurisprudenza; e Bruno Camolese, buon mediano del Vicenza che ha uno studio di avvocato a Bassano del Grappa.
Sembra una premonizione. Perché l’iniziativa non decolla ma è proprio a Bassano del Grappa che avrà sede la nuova AIC, nello studio dell’avvocato Campana in via Verci 3.
L’ex centrocampista, ricevuta la lettera di Mazzola, Rivera e degli altri firmatari, ha accettato la proposta di guidare il nuovo sindacato. Il 17 maggio si incontrano a Bologna insieme anche a Mupo, calciatore laureato e pronto ad assumere il ruolo di segretario.
Due le principali difficoltà, ha sottolineato Luigi Cecchini che ha curato un libro per l’AIC sui primi dieci anni di vita dell’associazione. “Da un lato l’ostilità neppure mascherata da parte dei presidenti di società (…) e degli stessi dirigenti federali, i quali sono da sempre l’espressione di quelli societari; dall’altro lato, la diffidenza degli stessi giocatori, la maggior parte dei quali per troppo tempo aveva considerato in modo negativo il vecchio sindacato e dubitava di quello nuovo”.
Milano, però, in quel maggio del 1968 è attraversata da spinte contrastanti, da movimenti che in forme diverse esprimono la voglia di partecipare alle decisioni. Gli studenti hanno occupato l’università Cattolica, l’immagine della tendopoli a piazza Gemelli resta il simbolo di una stagione e del movimento studentesco guidato da Mario Capanna, fiero che da lì non siano usciti brigatisti. In quei giorni il vento del cambiamento, tuttavia, arrivava da Parigi. Il 22 maggio un centinaio di calciatori con a capo il giornalista del “Miroir du Football” François Thébaud hanno occupato la sede della Federcalcio francese su Avenue de Iena. Hanno steso alle finestre un enorme striscione: “Le football aux footballeurs”, “Il calcio ai calciatori”. Hanno perfino convinto Juste Fontaine, il bomber che ha segnato più gol di tutti in un sola edizione dei Mondiali, ad accettare la presidenza del movimento. Ma l’azione resta dimostrativa e poco altro.
In Italia, invece, il progetto va avanti. Il 3 luglio 1968, in un pomeriggio caldissimo, l’AIC prende vita nello studio del notaio Giancarlo Barassi nella centralissima via Fontana 22. I calciatori si dispongono in semicerchio intorno al tavolo del notaio che inizia a scandire i nomi dei presenti: “Campana Sergio, Bulgarelli Giacomo, Corelli Gianni, Losi Giacomo, De Sisti Giancarlo, Rivera Giovanni detto Gianni, Mupo Carlo, Mazzola Alessandro, Sereni Giorgio, Castano Ernesto…”
Finisce tutto con una stretta di mano e una sfilata davanti all’ammirata segretaria. E’ nata l’Associazione Italiana Calciatori. A settembre del 1968 Campana incontra prima il presidente della Federcalcio Artemio Franchi, poi il presidente della Lega, Aldo Stacchi. Ottiene di entrare a far parte della Commissione Affari Sindacali della Lega a cui partecipa per la prima volta il 28 aprile 1969, anche se solo in qualità di portavoce della categoria.
Campana presenta un piano in sei punti, ma la battaglia principale è contenuta nella prima richiesta: l’eliminazione della clausola del 40% che condiziona il pagamento degli stipendi al numero di partite disputate. Ovvero consente ai presidenti di tagliare l’ingaggio del 40% a un calciatore che non raggiunge le 20 presenze in Serie A o le 24 in Serie B. Eloquente il caso del Padova che a tre mesi dalla fine del campionato 1968-69 ha mandato a casa sette giocatori (Bon, Bertossi, Carminati, Catalano, Neri, Visentin e Gilardoni), tutti con un numero di presenze superiori al 60%.
Il sindacato calciatori minaccia lo sciopero per la domenica in cui sono in programma la penultima giornata di Serie A e la quartultima di serie B. Tutte le società aderiscono alla proposta. Federazione e Lega si accorgono che i calciatori fanno sul serio. E’ la prima vittoria dell’AIC: la norma verrà retroattivamente abrogata.
È un primo passo, il primo tassello del disegno complessivo sul ruolo dei calciatori. Arriveranno poi l’abolizione del vincolo, e dunque la possibilità di rifiutare la cessione, e una serie di altre centrali battaglie, come le tutele previdenziali e pensionistiche. Con quella prima vittoria, l’AIC ha invertito i rapporti di forza con i club, sanciti definitivamente dalla legge 91 del 1981. Il calciatore diventa a tutti gli effetti un lavoratore dipendente, e il calcio non sarebbe più stato come prima.
FONTI
“Mai 68. Le putsch des footballeurs”, 30 dicembre 2008, Le Télégramme
A.Wahl, “Le mai 68 des footballeurs français. In: Vingtième Siècle, revue d’histoire, n°26, avril-juin 1990. Le football, sport du siècle. pp. 73-82
F.Mahjoub, A.Leiblang, F.Simon, Les Enragés du football: L’Autre Mai 68, Calmann-Lévy, 2008
D.Watrin, Les mystères du football français, Albatros, Parigi, 1980
L.Cecchini (a cura di), “1968-1978. Dieci anni di impegno”, Associazione Italiana Calciatori, Vicenza 1978
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