GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Il giorno prima c’era stato l’incontro degli azzurri di Messico ’70 negli studi di Blitz, la trasmissione dell’immenso Gianni Minà. L’occasione per ripercorrere un Mondiale messicano passato alla storia come quello dell’insensata staffetta tra Rivera e Mazzola. Valcareggi, a tal proposito, aveva anche ammesso di aver sbagliato a non far giocare il milanista, almeno per tutto il secondo tempo. Così, tra i ricordi dei tempi passati e le testimonianze tanto inedite quanto rare, molti dei protagonisti si erano sbilanciati anche riguardo alla squadra di Bearzot. Una formazione dilaniata dalle proteste, per via di un gioco non proprio entusiasmante e di un attacco sterile, anche contro il Lussemburgo.
Il 5 Dicembre del 1981, infatti, soltanto l’inzuccata di Collovati aveva evitato un misero pareggio contro la modesta formazione lussemburghese. Nemmeno Pruzzo e Graziani, attaccanti alla ricerca di una prestazione convincente ai fini della convocazione estiva per il Mundial, erano riusciti a mettere la loro firma in quella partita.
L’opinione comune, quindi, si basava sul fatto che all’Italia mancasse un attaccante di peso, magari scaltro sotto porta e, all’occorrenza, un fantasista che potesse alternarsi con un Antognoni alle prese con i postumi del terribile incidente del 22 Novembre. Tutti gli indizi e le opinioni portavano ad Evaristo Beccalossi (fenomeno nerazzurro dotato di un talento cristallino e di un sinistro tra i migliori del panorama internazionale) e a Paolo Rossi (fermo, suo malgrado, da quasi due anni).
Su La Gazzetta dello Sport del 7 Dicembre, un giovane Maurizio Mosca intervistava prima Riva e poi lo stesso Pablito, chiedendo dei giudizi specifici sulle possibili soluzioni da applicare in area. Quello che sarà l’eroe del Mundial, con una risposta democratica e speranzosa, dichiarava:
“Io avrò mille difficoltà, perché tutti si aspetteranno chissà che cosa. Io per ora sto da parte, poi si vedrà. Certo, poi una volta tornato farò il massimo per ripetere l’Argentina. […] Per ora mi sento un intruso. Io non c’entro. Io non sono un salvatore della patria”.
Paolo Rossi si sbagliava. Da lì a Giugno sarebbe stato in grado di riconquistare la Nazionale, diventando il salvatore e l’icona di una storica vittoria attesa 44 anni.