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16 maggio 1982: la volata Scudetto tra Juventus e Fiorentina

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La volata Scudetto tra Juventus e Fiorentina

Dopo la penultima giornata di serie “A” del campionato 1981 – 82 la classifica nelle prime posizioni vede Juve e Fiorentina a 44 lunghezze, Roma 36, Napoli 34, Inter 33. Dietro Cagliari e Genoa a 24, Bologna a 23, Milan a 22. Como già retrocesso. L’ultima giornata, da giocarsi il 16 maggio, diventa un campionato nel campionato. Lo spettro dello spareggio Scudetto tra Juventus e Fiorentina è reale. Di questo non sarebbe stato contento lo staff tecnico della nazionale che ormai stava preparando la spedizione in Spagna. All’ultima giornata si giocano Catanzaro – Juventus (con i padroni di casa tranquilli e senza pretese o preoccupazioni di classifica) e Cagliari – Fiorentina (con i padroni di casa che, ai fini del raggiungimento della salvezza, potrebbero permettersi il lusso di perdere solo in caso di sconfitta del Bologna e di pareggio del Milan).

Se il Bologna vincesse ad Ascoli, il Cagliari, per evitare spareggi pericolosi, dovrebbe addirittura battere i viola. A Cagliari si profila uno scontro drammatico; questo dovrebbe favorire la Juventus. Andando alle partite, nel primo tempo, sia a Catanzaro che a Cagliari, le due squadre di testa sembra non siano capaci di rendere al massimo. Nel capoluogo calabro la Juve appare padrona del campo, ma non crea e probabilmente meriterebbe un rigore contro per un fallo di Brio su Borghi. A Cagliari le avvisaglie per la Fiorentina sembrano negative. I viola danno l’impressione di essere persino molli, quasi sentissero l’emozione per la sfida, non riescono a incidere e sembrano bloccati e senza voglia.

Non è da escludere che la Fiorentina, per mancanza di esperienza e perché poco o punto abituata alle volate scudetto (solo negli anni ’50 i viola hanno avuto una certa dimestichezza per diverse stagioni con la vetta della classifica), psicologicamente ne avesse risentito, così da non preparare bene la partita da un punto di vista mentale, con la conseguenza di giocarla “peggio”, anzi, quasi di non giocarla, sul campo. Sotto questo punto di vista, invece, la Juve è maestra, essendo storicamente abituata a vivere la “pressione” degli sprint scudetto, vincendoli. Così è stato per, esempio nel ’67, nel ‘73, nel ’77, così sarebbe stato, per dirne altri, nell’’86, nel 2002 o nel 2018.

Presidente della Juve è Boniperti, vera anima della Juve che lotta fino all’ultimo, e questo già a partire da quando era calciatore. Adesso si dimostra straordinario motivatore da dirigente. Certamente il “curriculum vitae” in fatto di battaglie calcistiche proprio di un veterano plurimedagliato come Boniperti non lo poteva aver maturato e non lo poteva esibire il conte Ranieri Pontello, presidente della Fiorentina, calato nel mondo del calcio da appena due anni, e questo per quanto il patron viola certamente, e con una certa generosità, non si tirasse indietro e cercasse di spronare e sollecitare i suoi anche con frasi a effetto, come quella secondo la quale Agnelli “era solo un metalmeccanico”.

Di più: questo campionato tirato (in cui la prima classificata avrebbe totalizzato ben 46 punti e la seconda 45, cifra quest’ultima con la quale in genere in quegli anni i titoli si vincevano tranquillamente, dato, per offrire qualche numero a dimostrazione, che alla Juve nel ’78 ne erano bastati 44, come al Milan nel ’79, all’Inter nell’’80 41, mentre 43 ne sarebbero serviti rispettivamente alla Roma nell’’83 e alla Juve nell’’84 e al Verona nell’’85) per certi versi era simile a quello della stagione 1976 – 77, nella quale il braccio di ferro tra Juventus e Torino si sarebbe concluso con 51 punti per la prima e 50 per il secondo. E allenatore, all’epoca esordiente, della Juve era Trapattoni, che guidava la Juve nel 1982 e che quindi poteva avere più esperienza di De Sisti per quanto riguarda certi particolari contesti.

La difesa del Cagliari, ritornando alla partita tra sardi e fiorentini, del resto, è attentissima e, incredibile a dirsi, l’occasione più pericolosa la crea l’undici sardo con Selvaggi. Nel secondo tempo la Fiorentina verso il 60’ ha un’occasione, forse l’unica della partita, e segna con Graziani di testa dopo lancio di Antognoni. L’arbitro Mattei annulla ravvisando un fallo di Bertoni. Un fallo da mischia, insomma, dato che erano saltati in tre o quattro, il portiere, due difensori del Cagliari e Bertoni, stretto in mezzo a più giocatori in maglia rossoblù e forse neanche in grado di compiere fallo, neanche se avesse voluto. Invece ci sarebbe stata carica al portiere del Cagliari Corti da parte di Daniel Bertoni, almeno così disse l’arbitro rivolto ai giocatori della Fiorentina che protestavano.

Graziani, per cercare di convincere l’arbitro Mattei che il presunto fallo non fosse avvenuto, gli fece presente, con un’iperbole, che era impossibile che Bertoni avesse potuto agire irregolarmente, perché “quando salta di testa sembra Andreotti”. L’azione, vivisezionata più volte alla moviola, non dimostra irregolarità ed è opinione ormai comune che il gol non fosse da annullare. Personalmente, nel mio piccolo, e pur da tifoso del Cagliari, posso dire che la rete era valida (e questo pur nella consapevolezza che se il Cagliari avesse perso, avrebbe dovuto affrontare un rischiosissimo spareggio salvezza contro il Milan).

Annullato il gol di Graziani, la Fiorentina non si riprendeva più e la notizia via radio a tenore della quale circa alla mezz’ora della seconda frazione di gioco la Juve era passata in vantaggio con Brady su rigore si rivelava il colpo finale e a nulla sarebbe servito ai viola operare due sostituzioni con l’entrata in campo di Monelli e Sacchetti.

La Fiorentina aveva mancato la partita della vita e perse la possibilità di uno spareggio scudetto. Spareggio, anzi spareggi, perché se il Cagliari avesse perso gli spareggi sarebbero stati due, ovvero Fiorentina – Juventus per il primo posto e Cagliari – Milan per evitare la retrocessione, eventi che certamente non si augurava la nazionale, che avrebbe convocato i giocatori per l’avventura spagnola già il 19 maggio al fine di iniziare la preparazione.

Se ci fossero stati gli spareggi, presumibilmente sabato 22 maggio, la nazionale avrebbe dovuto attendere i giocatori della Fiorentina e della Juve, oltre a Selvaggi del Cagliari e Collovati del Milan, oltre a quelli impegnati per la finale di Coppa Italia tra Inter e Torino. Praticamente Bearzot avrebbe avuto già subito solo Conti della Roma e Causio dell’Udinese, andando sommariamente a memoria. Certo lo spareggio scudetto sarebbe stato per certi versi più “giusto”, perché, come dissero diversi giocatori della Fiorentina, insieme con il loro allenatore De Sisti, se si doveva proprio perdere, era meglio se fosse stato con uno spareggio, per mezzo del quale l’una o l’altra compagine avrebbe avuto modo di dimostrare inconfutabilmente di essere la migliore.

Forse, la Juve, come ha riconosciuto Graziani, era più forte, ma tutto sarebbe potuto accadere in una “bella” scudetto, a condizione, però, che la Fiorentina non fosse scesa in campo già scarica come a Cagliari. Per Antognoni la Fiorentina era stata derubata del titolo. A livello di tifoseria fiorentina si parlò, e si è parlato per anni, di arbitri che avrebbero favorito la Juve, non convalidando il gol di Graziani a Cagliari e non concedendo un rigore al Catanzaro in occasione del fallo di Brio. Si tirava anche in ballo l’episodio dell’anno precedente, quello relativo al gol annullato a Turone per dar forza alla tesi che la Juve potesse essere stata aiutata.

Ma al di là di certe decisioni arbitrali, certamente in buona fede, resta il fatto che la Fiorentina ha sbagliato partita a Cagliari (al di là del non esaltante inizio stagione e di qualche punto perso malamente qua e là, come, per dirne qualcuno, nel caso della sconfitta a Cesena o del pareggio interno con l’Ascoli o, peggio, di quello pure casalingo con il medesimo Cagliari alla fine del girone d’andata, o di quello a Como alla sedicesima giornata.

Senza contare il pari in casa del Toro, con Pulici che segna nel finale, o in casa dell’Inter, in cui qualche episodio sfortunato ha sfavorito i viola), dimostrando, come altre squadre in altre occasioni, carenza in quello che era il punto forte della Juve, ovvero la carica di mentalità vincente o di abitudine alla vittoria, elemento che da sempre è patrimonio della squadra torinese, per la quale vincere è la normalità e non un’eccezione, come per tante altre squadre, le quali, quando riescono a vincere lo scudetto rimangono così saziate quasi da non aver stimoli per tentare il bis, come avessero già completato una sorta di missione storica vincendo una sola volta, con l’impressione di essere già per questo transitati alla gloria perenne del paradiso calcistico.

Questo mentre la Juve non è mai sazia, questo mentre per la Juve vincere lo scudetto non è una “storia unica”, è cronaca abituale e reiterata, “normale” e quasi “logica” nella sua ripetitività di dinamiche consolidate e ormai assimilate come “abito” normale.

E così quando sono le avversarie che sognano lo scudetto a danno della Juve, come la Roma nel 1981 o la Fiorentina nel 1982, o ancora la Roma nel 1986 o il Napoli nel 2018, la Juve non si fa sorprendere, mentre quando è la Juve che spera, pur essendo nell’occasione meno forte o, comunque in condizioni non vantaggiose, come nel 1967, nel 1973 o nel 2002, la stessa riesce nell’obiettivo di capovolgere le previsioni della vigilia. Alla Fiorentina mancò probabilmente un pizzico di forza a livello mentale per inesperienza nella lotta scudetto.

La squadra viola – si potrebbe razionalmente ritenere – seppur cresciuta tecnicamente di tanto in quella stagione eccezionale che avrebbe accompagnato ai mondiali di Spagna, tuttavia, non ebbe il tempo per maturare la mentalità vincente propria della Juve, cosa, che invece, almeno nel corso di quegli anni, conseguì la Roma di Liedholm. E, purtroppo, il dispiacere per la perdita del titolo tanto sognato nel 1982 funse probabilmente da freno inibitore rispetto alla possibilità di elevare uno spirito appunto vincente, come capitato, lo si vuole ribadire, alla Roma di Liedholm.

La prova è che quella squadra del 1982, che era obiettivamente forte, l’anno successivo, ancora altrettanto possente, non seppe inserirsi nella lotta scudetto tra Roma e Juventus, venendone dopo poche giornate di campionato allontanata dai giochi. Un piccolo sussulto la Fiorentina lo ha avuto solo nel 1984 arrivando terza, ma lontana dalle prime due; e, però, comunque, lo spirito migliore del campionato 1981 – 82 era evaporato. E a poco vale, anche se il danno fu notevole, invocare la sfortuna dell’infortunio di Antognoni del 22 novembre 1981 in occasione dello scontro con Martina durante Fiorentina – Genoa, perché la Juve patì quello di Bettega, che non riuscì a rientrare più in campo quella stagione.

A essere rigorosi si potrebbe dire che l’infortunio di Bettega “costò” alla Juve più quanto quello di Antognoni non avesse danneggiato la Fiorentina, e perché il primo quell’anno giocò solo 7 partite (a fronte delle 16 del viola) e perché se con Antognoni a pieno servizio per tutto il campionato la Fiorentina probabilmente (Graziani dice sicuramente) altri due punti utili per superare la Juve li avrebbe fatti, è anche ragionevolmente sostenibile che se Bettega avesse potuto disputare la stagione ’81 – ’82 con regolarità, la Juve avrebbe potuto racimolare altri punti e forse anche più di due.

In fondo, il campionato 1981 – 82 lo avrebbero meritato ambedue le squadre e la differenza minimale di classifica è stata frutto di casualità (fermo restando che la Fiorentina a Cagliari avrebbe dovuto condurre ben altra partita). Ma al di là di questo, che personalmente pongo come dato oggettivo e su cui, naturalmente, si può discutere, da un punto di vista soggettivo a Firenze ci si è concentrati soprattutto sulla circostanza del gol annullato a Cagliari e su quella del rigore non concesso al Catanzaro, e si è sempre pensato che la squadra cittadina avesse subito un furto o quasi, ritenendo che idealmente quello scudetto fu vinto.

A poco sembra importare che la Fiorentina avesse o non avesse, in generale, la stessa decisa mentalità vincente della Juventus per conquistare lo Scudetto. Non importava neanche che a Cagliari quasi non avesse giocato, per quanto apparsa irriconoscibile rispetto al resto del campionato; conta precipuamente il fatto che il gol annullato a Graziani ha privato della possibilità dello spareggio che si ritiene che i viola avrebbero vinto. O quanto meno nel capoluogo toscano non si accetta che alla propria compagine non fosse stata data la possibilità della sfida finale contro la Juve, una Juve da sempre vista come “aiutata” dal potere ed espressione essa stessa del potere. Anche questa prospettiva soggettiva va tenuta in considerazione e da un punto di vista emotivo va capita. Ma bisognava avere la forza di passarci sopra.

Gli scudetti in Italia già negli anni ottanta andavano “programmati” (a meno che non capitasse l’occasione, per esempio, del Verona nel 1985, in un frangente di eclisse stagionale delle “grandi”, e in quel caso bisogna essere bravi a cogliere l’attimo fuggente). Il Napoli per dirne una, una volta comprato Maradona e assunto Allodi come manager, nel 1985 stilava un piano per vincere il titolo nazionale in 3 anni.

Ci sarebbe riuscito dopo 2. Purtroppo, con la Fiorentina non appare ci fosse stato un progetto, e sembra quasi ci si fosse giocato tutto in un anno, o la va o la spacca. O se un progetto c’era, l’episodio del 16 maggio lo ha demolito. Non bisognerebbe darsi, in questi casi, per vinti. Liedholm con la Roma ha insistito anche dopo il trauma del gol annullato a Turone. Peccato perché quella viola era ed è stata una signora squadra con elementi come Giovanni Galli, Cuccureddu, Casagrande, Vierchowod, Pecci, Bertoni, Antognoni, Graziani, Massaro, per dire qualche nome. E, ribadisco, meritava il titolo (e a essere sinceri, all’epoca, da decenne, un po’ ho parteggiato per i viola).

Ritornando al finale di campionato 1981 – 82, che si avvelenò per causa del gol annullato ai viola a Cagliari, si poteva temere che qualche rigurgito di rabbia si potesse scatenare nel contesto della nazionale, impegnata nel mondiale spagnolo, da parte dei giocatori del club toscano nei confronti di quelli in bianconero. Qualche giornalista lo ipotizzò e, anzi, poi lo dette per certo. Ma se qualcosa accadde, ammesso e non concesso che accadde, Bearzot lo perimetrò e lo privò di conseguenze e lo spirito di gruppo della nazionale prevalse: lo racconta anche Graziani, che si dannò per aiutare Cabrini, quando quest’ultimo gli chiese di dargli una mano per contrastare Serginho e Leandro durante Italia – Brasile il 5 luglio 1982. Ma lì siamo nella leggenda, nell’iperuranio del calcio.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Francesco Zagami)

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