GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Era il 14 Febbraio del 2002 quando se ne andava uno dei maggiori calciatori di ogni epoca, componente della inarrivabile Aranycsapat, l’Ungheria che seppe ritagliarsi il ruolo di squadra migliore di sempre in un solo decennio.
Nandor Hidegkuti era stato un giocatore atipico, silenzioso, talentoso ma poco avvezzo alle luci della ribalta. Quel suo carattere schivo e semplice lo aveva portato ad allontanarsi dagli allori destinati alla sua Ungheria, nonostante fosse il perno di uno squadrone che poteva contare sulla tecnica e la classe di altri due fenomeni come Puskas e Bozsic. L’antesignano dell’odierno trequartista, all’interno del rivoluzionario modulo ad M sviluppato dai magiari negli anni ’50. Un numero 9 che non fungeva da punta classica, nonostante la stazza, ma si abbassava per lasciare spazio alle incursioni micidiali degli esterni. Era una sorta di rifinitore che non disdegnava le sortite dalle parti dei portieri avversari. Per informazioni chiedere alla altezzosa Inghilterra, che nel 1953 osò sfidare quei ragazzi venuti dall’est nello Stadio di Wembley. Hidegkuti, quel 25 Novembre, segnò tre formidabili reti ad Harold Merrick, fissando il punteggio sull’incredibile 3 a 6.
Il suo zampino lo aveva anche messo nella vittoriosa campagna olimpica del 1952, siglando un gol decisivo in semifinale.
Ma la più grande e bruciante sconfitta della sua inarrivabile carriera l’avrebbe subìta due anni più tardi. Un destino strano per la mitica Ungheria, beffata in finale mondiale dalla Germania, quella del Miracolo di Berna, quella della prestazione irripetibile e dei cinque calciatori colpiti dal morbo itterico. Su quella strana partita, probabilmente, non si saprà mai la verità. Qualcuno insinuerà che si trattò soltanto di dicerie per nascondere lo strapotere fisico dei tedeschi, ai danni di una squadra magiara distrutta dal torneo; altri difenderanno il tema doping e la strana prestazione dei bianchi di Germania.
Di fatto, vedere Hidegkuti e Puskas privati di un Mondiale strameritato in ogni partita fu una vero peccato sportivo, ripetutosi un ventennio dopo, con lo stesso copione, per l’Olanda di Cruijff.
Hidegkuti trovò persino il tempo di passare per l’Italia, sponda fiorentina. Fu lui l’allenatore scelto da Befani per guidare i viola nel campionato 1960/61. Arrivò il 30 Novembre di quell’anno, con una valigia piena di speranze e con un vocabolario italiano nullo. Accanto a lui, a supportarlo, era stato scelto Chiappella. I due guidarono i viola ad una storica Coppa delle Coppe, vinta ai danni dei Rangers di Glasgow.
Il giorno della sua dipartita furono tante le parole spese per ricordarlo. Boniperti, Liedholm e Marchesi, sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, lo definirono un signore, un grande, un tecnico preparatissimo.