LAROMA24.IT (Federico Baranello) – Nel calcio ci sono momenti in cui le vicende del campo passano in secondo piano e coloro che sono sugli spalti diventano gli attori principali. E’ quello che successe allo stadio Olimpico il 20 Marzo 1985. La Roma, reduce dalla sconfitta in finale di Coppa dei Campioni ad opera del Liverpool, conquista nella stagione ’83/’84 la Coppa Italia ai danni del Verona, ottenendo quindi il diritto di partecipare alla Coppa delle Coppe nella stagione successiva.
I giallorossi hanno perso il barone Liedholm e capitan Di Bartolomei e puntano tutto sul calcio moderno di Sven Goran Eriksson. Superano Steaua Bucarest, i gallesi del Wrexham e ai quarti ‘beccano’ lo spauracchio Bayern Monaco, composto tra gli altri da campioni del calibro di Matthaeus, Hoeness, Augenthaler e Pfaff. All’andata in Germania i bavaresi vincono 2-0. E per l’appunto il ritorno si gioca il 20 Marzo 1985 in un Olimpico colmo di tifosi, colmo di speranza colmo d’amore, sotto un intenso diluvio: un tempo da Lupi.
La Roma parte molto bene, gioca, attacca a spron battuto, sembra convinta che può farcela. Ma al 33‘, come un secchio d’acqua su una fiamma, si spengono le speranze: Tancredi atterra Mathy lanciato a rete, rigore e gol di Matthaus. Aggregate: 0-3. Poi nel secondo tempo il pareggio di Nela e il raddoppio di Kogl. Ma la partita era praticamente già finita. Qui inizia un’altra storia, una storia di Cuore. Una storia di puro amore. Il pubblico inizia a rumoreggiare ma dalla Curva Sud, al 20‘ del secondo tempo, si alza un coro sulle vecchie note di una canzone di Doris Day: «Che sarà sarà, noi sempre ti sosterrem, ovunque ti seguirem che sarà sarà».
Il coro è nuovo, non tutti lo conoscono e all’inizio è cantato solo dalla curva poi, minuto dopo minuto come fa una macchia d’olio che si allarga pian piano, i versi di quel coro escono anche dalle bocche di chi aveva iniziato a contestare, a lamentarsi, a mugugnare. Alla fine è un tripudio di bandiere e sciarpe giallorosse! Quello che succede sul campo non interessa a nessuno, forse nemmeno più ai giocatori stessi. Lo spettacolo si è spostato, ora è sugli spalti, è in curva.
«Che sarà sarà, noi sempre ti sosterrem, ovunque ti seguirem che sarà sarà». La partita finisce, il coro continua, i giocatori ringraziano, Tancredi piange. L’esperto allenatore Lattek, che aveva giocato e allenato in tutto il mondo, dichiarerà: “Io sono rimasto sconvolto da quello che è successo all’Olimpico. In tanti anni di carriera non avevo mai visto una squadra che sta perdendo, che è eliminata, fuori dalla coppa, sostenuta così dai propri tifosi. Semplicemente meraviglioso, vorrei poterlo avere io un pubblico così. In Germania una cosa del genere non sarebbe accaduta, mai e poi mai. Che spettacolo, quasi mi sono emozionato“. E ancora un giocatore del Bayern, Lerby: “E’ stata una cosa entusiasmante, questo è stato lo spettacolo di folla più bello, più vero che io abbia mai visto. Non lo scorderò mai. Sono gli Italiani i veri grandi tifosi di calcio, ed io sono davvero orgoglioso di avere giocato e vinto davanti alla gente di Roma. Mi hanno commosso. Invidio i giocatori della Roma per questo”.
Il presidente Dino Viola concluderà dicendo che “la Curva Sud ci ha dato una lezione, loro ci danno la fede noi gli dobbiamo il nostro carattere“.
Mai come oggi, dopo l’ennesima disfatta sul campo, episodi come questi fanno capire la mentalità dell’innamorato della Roma. Lo stesso che si identifica nel ‘Mai schiavi del risultato‘ o del ‘chi tifa Roma non perde mai‘. Si badi bene: tutto questo non si traduce nel disinteresse per il risultato sportivo (come in molti hanno voluto intendere in maniera più o meno dolosa), ma è l’estremo atto d’amore verso una fede che non conosce confini. ‘Ti amerò sempre anche nei giorni più nefasti, anche quando mi farai fare brutte figure e anche (e soprattutto) quando capiterà di contestare gli interpreti che saranno in campo, in panchina e dietro la scrivania’.