GLIEROIDELCALCIO.COM (Danilo Sandalo) – “Il talento fa quello che vuole, il genio fa quel che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento”, con questa citazione di Carmelo Bene si potrebbe riassumere la carriera di Antonio Toma, ex calciatore di provincia ed autore del gol più bello del secolo secondo il giornale spagnolo “Marça”, precedendo addirittura lo storico gol segnato da Diego Armando Maradona durante la semifinale contro l’ Inghilterra a Messico ’86!
In effetti gli accostamenti con il Pibe de Oro durante la carriera di Toma non sono mai mancati, tant’è che spesso i tifosi hanno modificato il suo nome proprio in “MaraToma”, oppure il coro degli Ultrà del Matino degli anni ’90 che recitava “Non è un argentino, non è un Maradona, ha i capelli lunghi si chiama Antonio Toma”!
Grazie alla sua classe cristallina è riuscito ad infiammare le piazze dilettantistiche nelle quali ha militato, regalando giocate spettacolari e contribuendo spesso a vincere partite e campionati alle rispettive compagini. Insomma un autentico leader dotato di grande estro e carisma in un periodo storico molto difficile per il Sud Italia, soprattutto per una provincia dimenticata (e forse per larghi tratti anche sconosciuta) quale era il Salento a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, dove la notorietà di questo territorio non era certo quella che tutti conosciamo oggi, ma era contraddistinta purtroppo dai terribili e sanguinosi episodi di cronaca legati troppo spesso alle vicende di mafia. Un territorio che nel calcio riversava tutta l’ansia quotidiana accumulata durante una settimana di lavoro duro (nei campi o nell’edilizia) e di “passione” nel senso più cristiano e cattolico del termine.
Il Lecce rappresentava la massima espressione calcistica territoriale, avendo già all’epoca diverse apparizioni in Serie A, che riempiva d’ orgoglio il Salento, ma vi erano altre realtà come il Casarano, che all’epoca militava in Serie C, e altre squadre che prendevano parte a quella che all’epoca era l’Interregionale(equivalente dell’attuale Serie D) tra cui Nardò, Toma Maglie e Polisportiva Matino. Non è un caso che Toma, ad eccezione del Lecce, abbia militato in tutte queste squadre precedentemente citate (nel Lecce ci è arrivato da allenatore nel 2013 in LegaPro, sostituendo Franco Lerda).
In questo scorcio spazio-temporale i dribbling di Antonio Toma regalavano gioia alle tifoserie rendendo più vivace e frizzante il modo di vivere quell’epoca, quasi una sorta di antidepressivo sociale che regalava sorrisi ed armonia non solo ai suoi tifosi ma anche a quelli avversari che potevano ammirare i frequenti colpi di scena che questo artista e poeta del pallone sapeva tirar fuori dal nulla e senza preavviso e che paradossalmente neanche poteva immaginare di poter avere in repertorio, ma con la consapevolezza di chi sapeva che non poteva fare altrimenti!
In circa 20 anni di carriera Antonio Toma ha calcato i campi polverosi della Serie D e della Serie C e, come già affermato precedentemente, ha vestito e onorato le maglie di diverse società blasonate per la categoria, come Casarano, Bisceglie, Toma Maglie (squadra della sua città di cui fu anche capitano), Nardò, Aradeo e Polisportiva Matino dove nell’anno di grazia 1991/92 durante la partita Agropoli-Matino siglò il gol che a distanza di oltre 20 anni è risultato essere uno dei più visualizzati del web e che è riuscito a mettere dietro di sé, secondo il quotidiano “Marça”, gol di campioni planetari come Marco Van Basten (alla Russia in finale di Euro ’88) e niente poco di meno che Diego Armando Maradona nella storica serpentina nei quarti di finale tra Argentina-Inghilterra ai mondiali messicani del 1986!
Insomma una sorta di predestinato che però purtroppo non è riuscito mai a fare quel salto di qualità definitivo per arrivare a calcare palcoscenici più degni della sua innata classe, fermo restando che l’orgoglio di aver regalato attimi di felicità in tanti stadi di provincia e a tanta gente che vive le difficili realtà del Sud Italia rimangono un punto indelebile e di grande nobiltà d’animo.
Un carattere estroso quello di Antonio Toma in linea con quello che rappresenta il Salento sua terra natia. Originario di Maglie, piccolo centro in provincia di Lecce, fa parte di quell’eccellenza artistica che la cittadina può vantare insieme al suo compianto concittadino, il poeta Salvatore Toma, che ironia della sorte ha il suo stesso cognome. Ad accomunarli, oltre al paese d’origine ed il cognome appunto, forse è proprio lo spiccato senso ad essere in controtendenza rispetto agli altri, questo modo di fare così unico ed originale tipico dei grandi uomini, spesso definiti geni, che si estraniano dal resto della comunità e collettività per poi regalare ad essa pillole di elevata caratura stilistica. Personaggi dallo spessore artistico indefinito, ognuno nel proprio ruolo ovviamente, forse dettato anche dal fatto della loro “reclusione forzata”, voluta o meno, in provincia da cui non sono mai riusciti a sfuggire, chissà se per pigrizia, fato o volontà.
Resta il fatto di essere riusciti ad interpretare al meglio delle proprie possibilità e della propria condizione il loro status d’essere di uomini solitari e per questo motivo liberi da vincoli sociali, anche se paradossalmente le loro gesta avevano una forte ripercussione sociale.
In fondo la vita è bella quando si riesce a regalare un sorriso, ancor più bella se quel sorriso arriva dalle proprie doti e qualità, da quel senso di vuoto che ognuno di noi coltiva e si porta dentro, ma dal quale pochi riescono a tirare fuori qualcosa da regalare alla gente comune per rendergli meno amara e pesante la vita, soprattutto in provincia.
Per questo motivo Antonio Toma può essere ricordato come il poeta di provincia che incantava le umili piazze e platee delle categorie inferiori per regalare gioie e sorrisi, a chi da sorridere aveva ben poco, nell’unico giorno di riposo e spensieratezza che la vita quotidiana, contraddistinta dal lavoro pesante, poteva concedersi. Un ruolo probabilmente meno risonante rispetto ai suoi tanti colleghi che in quegli anni giocavano in Serie A, nella quale anche lui probabilmente ci sarebbe potuto arrivare e stare tranquillamente, ma sicuramente non meno nobile proprio perché continuato a vivere in una specie di “anonimato” calcistico con risultati emotivi eccellenti volti a migliorare la qualità di vita di tanta gente.
Un anonimato al quale presto o tardi il mondo ha riconosciuto il valore rendendo ancora più orgoglioso chi ha avuto l’onore di apprezzare e godere delle sue gesta.
Del resto la vita è così, fatta di piccole cose e piccoli gesti che possono avere grande significato e rimanere indelebili nel tempo, proprio come le giocate di Antonio Toma. Non ha importanza il modo o le circostanze in cui vengono eseguiti e la popolarità che possono avere nell’ immediato perché come accade per tutti i grandi poeti ed artisti il loro valore o quello delle loro opere è sempre postumo rispetto alle stesse.
Per questo oggi, chi ha avuto la fortuna di veder giocare Antonio Toma deve ritenersi quasi un privilegiato avendo potuto ammirare il primo, unico, vero ed inimitabile “Pibe del Salento”.
Ringrazio di cuore l’amico, nonchè dirigente della Polisportiva Virtus Matino, Giorgio De Salve per lo splendido aiuto fornitomi nello stilare il suddetto articolo. Senza la sua preziosa collaborazione sarebbe stato molto più difficile reperire alcune informazioni. A lui va il mio personalissimo riconoscimento e dedica di tale articolo.
Appassionato di filosofia, letteratura e sport con un passato da calciatore. Tecnico marketing di promozione e comunicazione turistica, laureato in Scienze Sociali per lo sviluppo e la cooperazione internazionale. Collabora con DilettantiPuglia24, CalcioWebPuglia (dove è incaricato di narrare le vicende dell'US Lecce), Metis Magazine, MondoCalcioNews e ora... con GliEroidelCalcio