GLIEROIDELCALCIO.COM (Marvin Trinca) – Faccia d’acciaio, sguardo tenebroso e sigaretta sempre alla mano, in due parole Zdendek Zeman. Il protagonista di oggi è senza dubbio uno di quelli ha diviso in due il mondo del tifo italiano. Molti lo stimano mentre altri non lo hanno mai potuto digerire. Però, oggi non mi soffermerò sulle polemiche legate alla sua persona, oggi voglio raccontarvi un altro Zeman, quello di Zemanlandia, quello del mitico Foggia dei “militi ignoti” che riuscii a raggiungere risultati straordinari e quello che ha sempre messo la faccia in ogni momento della sua carriera.
Praghese di nascita ma in italiano d’adozione, è qui nel nostro paese che il Boemo muove i suoi primi passi nel calcio cominciando ad allenare la squadra dilettante di Cinisi. Dopo quella esperienza arrivano anche quelle con la Bacigalupo, il Carini, il Misilmeri e l’Esakalsa. Nel 1979 ottiene il patentino d’allenatore di prima categoria e nel 1983 viene assunto dal Licata che sotto la sua guida sfoggia un gioco spumeggiante ottenendo la promozione dalla serie D alla C2.
Il momento di svolta per Zeman è quando viene ingaggiato per allenare il Foggia ma non in prima battuta bensì in seconda occasione. Il Boemo si presenta con dei metodi di allenamento fuori dal comune; infatti punta moltissimo su una grande preparazione atletica e lo fa sottoponendo i suoi giocatori ad allenamenti massacranti. Dopo due parentesi al Parma e al Messina, nel 1989 viene richiamato in serie B nel Foggia e questa volta la musica cambia. Zeman comincia a costruire “il Foggia dei Miracoli” che dopo un inizio in difficoltà alla fine la squadra grazie al gioco fuori dalle regole e alla preparazione del Boemo conquistano un ottavo posto. Nel 1990 arriva la conquista della serie A con 38 partite, 51 punti e 67 gol realizzati. È nata Zemanlandia, cioè un gioco tutto agonistico, sempre all’attacco e se subisci tre gol ne devi segnare quattro o cinque per vincere, questo è il tratto che più tutti entusiasma i tifosi, vedere la propria squadra correre e lottare per novanta minuti senza risparmiarsi mai.
Zeman al Foggia Wikipedia
Zemanlandia nasce da dentro il Foggia, da giocatori sconosciuti che Zeman ha scoperto e saputo valorizzare al massimo. Nomi che un giorno diventeranno importanti del nostro calcio come Beppe Signori, Rambaudi, Shalimov, Kolivanov, Patrescu, Chamot e il giovanissimo Padalino che esordisce a 17 anni. Nei tre anni in cui Zeman guida la squadra in serie A, nel secondo anno si priva dei suoi gioielli più preziosi incassando una grande somma e la squadra che viene costruita è composta da giocatori provenienti dal campionato di serie C, quindi tutta grinta e agonismo. Nessuno è pronto a scommettere ma sorprendentemente, contro ogni pronostico, “i militi ignoti di Zeman” riescono a inanellare un successo dopo l’altro vincendo addirittura contro la Juventus e ottenendo una salvezza “comoda”.
Mi sono concentrato di più sullo Zeman degli anni pugliesi perché dal mio personale punto di vista, nulla da togliere alle sue esperienze con la Lazio, Roma, Lecce e Pescara ma sicuramente il primo Zeman fu un vero uragano, in tutti sensi, nel mondo del calcio italiano. Per certi versi questa esperienza ha rispecchiato al meglio lo spirito di un personaggio come il Boemo, cioè quello di sfidare l’impossibile e superare ogni ostacolo con le sole proprie forze.
Forse, il mondo del tifo italiano, del tecnico ceco ha sicuramente amato questo suo tratto battagliero e del “con poco riuscire a fare risultato”, che poi poco si fa per dire visto che ha scoperto giocatori del calibro di Signori, Rambaudi, Nesta e Padalino. Per certi versi riprende un po’ anche le linee guida di un calcio popolare sempre più offuscato dal calcio “ricco”. Zeman l’innovatore, cioè un tecnico che crede fortemente nel duro allenamento come carta vincente per ogni scontro e nel corso delle sue esperienze abbiamo visto molto bene questa cosa, perché le sue squadre, sia che vincano sia che perdano, riuscivano a finire le partite con ancora tanta benzina nel serbatoio. Mi avvio alla fine con una riflessione sullo Zeman uomo, sicuramente una figura di spessore a tratti austera. Carismatico, pacato e gentile in ogni intervista. Un uomo che ha sempre affrontato ogni scontro a viso aperto senza tirarsi indietro e sicuramente questa caratteristica riuscì a trasmetterla ai suoi giocatori. Una lingua sciolta, molto tagliente, se il caso lo richiedeva e mai banale nelle sue dichiarazioni. Zeman era un po’ come lo Zarathustra di Nietzsche è arrivato nel calcio per professare la sua filosofia: Zemanlandia. Il suo nome è ormai legato in maniera indelebile a questo stile di gioco che a noi spettatori faceva divertire e al tempo stesso magari, di più i tifosi delle squadre allenate, stare in ansia perché se segnavano tre gol ne potevano subire quattro. Però, come ho detto prima era proprio questo spirito del “giocarsela fino in fondo”, che creò tanta passione e ammirazione intorno alla sua persona.
Zdenek Zeman è stato tutto e il contrario di tutto, uomo legato ai suoi saldi ideali sportivi e umani, allenatore di ferro ma gentile, polemista tagliante verso tutti e tutto, in prima persona sia nella vittoria ma soprattutto nella sconfitta. Persona schietta, forse anche troppo, le sue parole furono taglienti solo quando il caso lo richiedeva, qualità che gli creò non pochi grattacapi nella sua carriera, che però con il tempo diventò una delle sue qualità più apprezzate. Dietro lo sguardo d’acciaio e un volto impassibile verso ogni situazione si nasconde una personalità incredibile e capace di sconvolgere, nel senso buono, di rivoluzionare il calcio per come lo conosciamo noi. Iconico. Zeman è l’uomo che ha sempre messo la sua faccia in tutto quello che faceva e diceva, nel bene o nel male, lui era lì.
Nato a Livorno il 5 febbraio 1988, si è laureato in "Storia contemporanea" all'università di Pisa, in particolare si occupa di storia dello sport, ha approfondito i filoni di ricerca relativi a questo campo di studi, più precisamente della storia del pugilato italiano e statunitense.
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