GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
“Maradona mani e piedi”
Erano passati soltanto due mesi da quel 20 aprile del 1986, il giorno in cui un giovanotto dei Bulls, col numero 23, aveva deciso di travestirsi da santone della palla a spicchi e di realizzare 63 punti in una partita. A Larry Bird, veterano della lega statunitense, non era rimasto altro che stropicciarsi gli occhi e dichiarare la sua ammirazione per quello che sarebbe diventato un fenomeno senza eguali: “It’s just God disguised as Michael Jordan”.
Travestirsi da dio dello sport, magari quando nessuno se lo aspetta.
Sarebbe accaduto anche nel Giugno di quell’anno, nel mitico scenario di “riveriana” memoria, gradito agli italiani e poco ai tedeschi. Stadio Azteca, 16 anni dopo. Questa volta ci sarebbero stati argentini e inglesi a contendersi un posto nell’élite mondiale.
Maradona contro Lineker, Maradona e l’Argentina contro l’onta delle Malvinas. Perché quella non sarebbe stata una partita come le altre e non poteva esserlo; il primo incontro ufficiale dall’insensata guerra combattuta per un gruppo di isole, sperdute nell’Atlantico.
Era iniziato tutto in maniera singolare, con la disperata corsa di Ruben Moschella per le vie di Città del Messico alla ricerca di 38 maglie traforate, di marca Le Coq. E poi una cucitura veloce dello stemma argentino, un collo a V traspirante e le strisce verticale azzurre e blu. Con quella camiseta l’avrebbero sconfitta l’Inglaterra.
E infatti, la vittoria del 22 Giugno 1986 finisce per essere il punto di svolta nella vita e nella carriera di un fenomeno assoluto. Eufemistico cercare di riprodurre giornalisticamente i tocchi vellutati dal centrocampo alla porta; riduttivo racchiudere nel concetto di furbata il colpo di mano sul gol dell’1-0.
Lo hanno fatto tutti e tutti lo faranno. Il modo migliore e forse più facile di raccontare Diego.
Quel giorno sarà il giorno dello sguardo arrabbiato del defraudato Shilton, dell’inconsapevolezza del pur bravo arbitro Bennaceur e dell’impotenza dei maestri inglesi contro il genio latino.
Per dirla con le parole di Ruben Oliva, medico di Maradona: “Il riflesso che aveva Diego, nella trasmissione del movimento dal cervello alle gambe, era superiore alla norma”.