GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Mancava da 32 anni, da quell’edizione doppia del 1959 che aveva visto la diatriba tra Argentina ed Ecuador, per l’organizzazione del torneo più prestigioso. Quell’anno, il protagonista assoluto delle partite disputate all’Estadio Monumental era stato un 19enne brasiliano, di professione fenomeno. 8 gol e titolo di miglior giocatore del torneo. Non era bastato, però, per portare a casa la Copa America: l’albiceleste di Corbatta, Pizzuti e Sosa era riuscita a riconfermarsi, dopo il titolo del 1957. 12esimo trionfo e palmares destinato a crescere in modo smisurato. O forse no.
Gli argentini, infatti, dovranno aspettare un giorno di Luglio del 1991, prima di poter rialzare la coppa al cielo. Lo faranno nella finalissima contro la Colombia che, di lì a poco, gli avrebbe imposto una delle peggiori sconfitte della storia, nelle qualificazioni mondiali del 1994. Con l’assenza del dio Maradona, la responsabilità della trasferta in terra cilena era nei piedi di uno scaltro veterano come Caniggia e di un giovane attaccante dalla folta chioma castana. Gabriel Omar Batistuta, 22 anni e un fisico esplosivo. Fino al 21 Luglio, giorno della finalissima, il ragazzo di Avellaneda era stato capace di segnare, in serie, a Venezuela, Cile, Paraguay e Brasile. Si ripeterà anche all’Estadio Nacional de Chile, davanti a 45.000 spettatori. Suo sarà il raddoppio, con un forte bolide che non lascerà scampo ad Higuita. Prima ci aveva pensato Simeone a portare in vantaggio gli argentini, con un perentorio colpo di testa nell’area piccola. La Colombia di Garcia accorgerà con De Avila, ma non sarà abbastanza.
L’Argentina vincerà il suo 13esimo torneo continentale, ripetendosi anche due anni dopo. Il digiuno, dopo il 1993, però, durerà altri 28 anni. Corsi e ricorsi.