Nascevano Jennifer Lopez, Ice Cube, Catherine Zeta-Jones e Michael Schumacher. Ci lasciavano Boris Karloff, Dwight Eisenhower, Coleman Hawkins, Judy Garland e Gipo Viani.
Il 16 gennaio di quell’anno, Jan Palach si suicida dandosi fuoco per protestare contro l’oppressione e la repressione militare sovietica, a danno del popolo cecoslovacco. La Grecia, che da più di un anno era sotto la dittatura militare dei colonnelli, viene sospesa dal Consiglio d’Europa per violazione dei diritti umani. Questo è anche l’anno di Nixon che, salito al potere negli USA, dichiara che non sarà il primo presidente del suo paese a perdere una guerra. In effetti, sotto la sua presidenza l’esercito statunitense raggiungerà il massimo della presenza numerica in Vietnam, superando il mezzo milione di soldati. Ma, nonostante tutto, saranno i vietnamiti del nord ad ottenere la vittoria. In Libia, a seguito di un colpo di Stato militare, il colonnello Mu’ammar Gheddafi prende il potere. Sempre in quell’anno, l’uomo faceva i suoi primi passi sulla Luna.
In Italia era da 5 anni alla Presidenza della Repubblica il socialdemocratico Giuseppe Saragat, mentre, per tutto il 1969, al governo ci sarà Mariano Rumor. Questo è anche “L’anno dell’Autunno Caldo”, con le grandi mobilitazioni operaie che partono dalla Fiat di Torino. E questo, purtroppo, è anche l’anno che si conclude con la tragica strage di Piazza Fontana a Milano.
Nelle classifiche internazionali troviamo “Honky Tonk Women” dei Rolling Stones, “Suspicious Minds”, di Elvis Presley; “Green River”, dei Creedence Clearwater Revival, “My Cherie Amour”, di Stevie Wonder; “A Boy Named Sue” di Johnny Cash e “Touch Me’, dei Doors. Tra i dischi italiani più venduti di quell’anno ci sono “Fabrizio De Andrè. Volume III”, album del celebre cantautore genovese che contiene “Marinella”, “Il Gorilla” e “La Guerra di Piero”. Troviamo poi “Gianni 5”, di Gianni Morandi, e anche “Lucio Battisti”, LP che comprende “Un’Avventura” e “Non è Francesca”.
Escono “Butch Cassidy and The Sundance Kid”, di George Roy Hill, interpretato da Paul Newman e Robert Retford (il film sarà campione d’incasso ai botteghini); “Midnight Cowboy” di John Schlesinger, interpretato da Dustin Hoffman e
Jon Voight; “Easy Rider”, di Dennis Hopper, interpretato da Peter Fonda, Jack Nicholson e dallo stesso Dennis Hopper. Venivano pubblicati “La Donna del Tenente Francese”, di John Fowles, capolavoro della letteratura post-moderna, “Il Padrino” di Mario Puzo e “Papillon”, di Henri Charrière.
Rivera alza al cielo il Pallone d’Oro (Wikipedia)
Samuel Beckett vince il Premio Nobel per la Letteratura, mentre “Oliver!”, film musical di Carol Reed, basato sul celebre romanzo di Charles Dickens, vince il Premio Oscar come miglior film e come migliore regia. Invece, Katharine Hepburn e Barbra Streisand vincono ad ex-aequo l’Oscar come migliori attrici protagoniste. A Cannes, stagione fortunata per il cinema inglese, che riceve eccellenti riconoscimenti: Palma d’Oro al film “If”, di Lindsday Anderson e premio per la migliore interpretazione femminile a Vanessa Redgrave per “Isadora”, regia di Karel Reisz.
Il calcio nel 1969
La Fiorentina vince lo scudetto, la Roma la Coppa Italia, il Milan la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale, lo Slovan Bratislava la Coppa delle Coppe e l’Estudiantes la Coppa Libertadores.
E, per venire all’argomento oggetto di questo articolo, l’anno si conclude con l’assegnazione del Pallone d’Oro a Gianni Rivera, primo italiano a conquistare il prestigioso riconoscimento creato dalla rivista sportiva “France Football”. In realtà, c’era stato il precedente di Omar Sivori, che però è considerato un “oriundo”. Per questo motivo, si considera Gianni Rivera il primo Pallone d’Oro Italiano.
Nel 1969, i rossoneri avevano dunque vinto la Coppa dei Campioni. Era il Milan di Nereo Rocco, basato su una difesa solidissima, con Fabio Cudicini tra i pali, protetto da Anquilletti, Rosato, Schnellinger e Malatrasi. Davanti a questi Trapattoni e Lodetti, il primo con maggiori compiti difensivi e il secondo capace anche di proporsi più frequentemente in avanti. E poi c’era un attacco con quattro assi, cioè Sormani, Rivera, Hamrin e Prati.
La finale di Coppa dei Campioni fu, a mio avviso, uno degli esempi più nobili e raffinati del “catenaccio” italiano di quel periodo: il Milan passò rapidamente in vantaggio, si difese sapientemente dai costanti attacchi olandesi (soprattutto nel primo tempo), poi, grazie a Rivera, Sormani e un Pierino Prati in stato di grazia, seppe colpire “chirurgicamente”. Alla fine fu quattro a uno a favore dei milanisti, ai danni di un Ajax in cui si era messo in luce un giovane ed emergente Johan Cruijff, futuro olandese volante.
Infine, come già detto, degno di nota che in quell’anno, per i rossoneri, ci fu ancora spazio per un’ultima grande soddisfazione: la vittoria della Coppa Intercontinentale contro gli argentini dell’Estudiantes. Anche se si trattò di una vittoria macchiata, nel match di ritorno, dal comportamento a dir poco scorretto degli argentini: su Pierino Prati fu infatti commesso un doppio intervento falloso e fu costretto ad uscire anzitempo. Poi ci fu il fatto ancora più grave della frattura allo zigomo e al setto nasale a Nestor Combin, ad opera del portiere argentino Poletti. E infine l’arresto dello stesso Combin per diserzione perché argentino di nascita ma, in quanto naturalizzato francese, non aveva prestato servizio militare nel suo paese natale.
Alla fine tutto fu risolto in breve tempo e Combin, pur se malconcio, fu scarcerato. Il portiere Poletti, invece, fu radiato dalla stessa federazione argentina. E il Milan rientrò in Italia con la Coppa Intercontinentale. Era il 22 ottobre 1969.
La Gazzetta dello Sport del 23 dicembre 1969
A coronamento di quella stagione, verso la fine dell’anno, per Gianni Rivera arrivò anche l’attribuzione del Pallone d’Oro.
Avendo esordito in serie A nel 1958, con l’Alessandria, nel 1969 Gianni Rivera era più o meno nel “mezzo del cammin” della sua attività da calciatore. L’ultima stagione del fuoriclasse rossonero fu infatti quella del 1979, l’anno della Stella per il Milan di Nils Liedholm. E, nell’ambito di quella stagione, l’ultima partita ufficiale di questo grande campione fu giocata il 7 giugno dello stesso anno, in occasione di una sfortunata, per non dire tragica, tournée in Argentina. Tournée in cui il sostituto dell’allenatore svedese, Alvaro Gasparini, morì per un problema cardiaco.
Gianni Rivera, nel 1969, fu dunque il primo calciatore italiano a vincere il Pallone d’Oro. Come ho già avuto modo di dire, prima di lui, nel 1961, un caso che riguardò il nostro paese fu quello dell’oriundo argentino Omar Enrique Sivori. A quei tempi, l’argentino giocava con la Juventus, e fu proprio in quello stesso anno che “El Cabezón” acquisì anche la cittadinanza italiana.
Comunque per tornare a Rivera, nel 1969 il fuoriclasse rossonero vinse piazzandosi, nella classifica stilata dalla rivista “France Football”, davanti a Gigi Riva (grazie a un vantaggio di una manciata di voti). In terza posizione si era piazzato Gerd Muller. E poi, a seguire, Johan Cruijff, Ove Kindvall e il nord irlandese George Best.
Quello fu un premio che, come ebbe a dire lo stesso Rivera in un’intervista di alcuni anni fa, il giocatore del Milan considerava il suo più importante trofeo ottenuto a livello sportivo.
Rivera spiegava infatti che l’indiscutibile prestigio di quel premio era, in qualche modo, legato a come la competizione era stata configurata (un trofeo assegnato sulla base delle indicazioni date da decine e decine di giornalisti sportivi e da specialisti in tema di football). Caratteristiche, quest’ultime, che portavano appunto il campione del Milan a considerare il Pallone d’Oro come il più importante riconoscimento ottenuto in tutta la sua carriera.
In effetti, come abbiamo in parte già detto, nel periodo che va dalla metà del ’68 alla fine del ’69, Rivera visse una lunga stagione di grandi successi: il nono scudetto del Milan, nel maggio del 1968; i Campionati Europei il mese dopo; la Coppa dei Campioni nel maggio del 1969 e la Coppa Intercontinentale nell’ottobre seguente.
Il Pallone d’Oro assegnato a Rivera, il 22 dicembre del ’69, segnò quindi il culmine di un periodo di quasi due anni giocato ai più grandi livelli. Un periodo in cui l’asso rossonero aveva vinto tutte le più importanti competizioni, nazionali e internazionali, alle quali aveva partecipato.