LAGIORNATASPORTIVA.IT (Giulio Boccadifuoco) – Restare impressi nei cuori dei tifosi è, di per sé, cosa difficile, si sa. Generalmente sono gli attaccanti a rubar la scena, i giocatori tutto estro e fantasia, quelli capaci di emozionare con una giocata brillante e di puro talento. Eppure ci sono giocatori atipici magari nati nella patria del futebol, connazionali dei vari Garrincha e Pelé, ma capaci di conquistare l’attenzione grazie a tenacia e sudore, a suon di palloni rubati ed animus pugnandi. Ricardo Rogério de Brito è uno di questi giocatori, brasiliano quasi per caso tanto da essere soprannominato “Alemao”, tedesco, a causa della carnagione chiara, della capigliatura bionda e del suo modo di giocare a futebol, prettamente europeo.
Concretezza e pragmatismo, disciplina e tanto cuore sono le caratteristiche che, sin dagli esordi con il Fabril Esporte, rubano l’occhio e attirano le attenzioni dei più svariati club. Dal Botafogo all’Atletico Madrid in sette anni riesce a farsi apprezzare ovunque, segnando poco ma correndo tanto e conquistando anche la titolarità nella nazionale verde-oro con cui disputò il Mondiale di Messico ’86 e con cui poi vincerà la Copa America dell’89.
Tutto condito anche da un Premio “Don Balòn” come miglior giocatore straniero con i rojiblancos di Madrid per la stagione 87-88 che sarà anche la sua ultima in Spagna.
GLI ANNI A NAPOLI, TRA GOAL ED EPISODI
Per 4,6 miliardi di lire, infatti, nell’estate del 1988 è il Napoli di Ferlaino ad aggiudicarsi le prestazioni del mediano quando, reduce dal secondo posto in campionato e dalla prematura eliminazione in Coppa dei Campioni dell’anno precedente, Bianchi lo richiede per affiancarlo a Fusi e de Napoli. Grinta e corsa al servizio del talento sconfinato del trio Maradona-Carnevale-Careca. Nel suo primo anno partenopeo gli infortuni ne limitano le apparizioni soprattutto in campionato ma non gli impediscono di vincere, da protagonista assoluto, la prima ed unica Coppa Uefa della storia partenopea. Il suo marchio, infatti, resterà impresso nei cuori azzurri grazie al goal al 17’ minuto della finale di ritorno a Stoccarda. Sembra quasi un disegno del destino, uno scherzo ben congegnato e di quelli che nessuno si aspetterebbe, a maggior ragione quando, dodici minuti dopo, è costretto al cambio per un duro contrasto subito. Insomma, l’uomo che non ti aspetti porta in paradiso i tifosi azzurri, sommerso dall’amore di una piazza ebbra di felicità.
Il palmares di Alemao continua ad arricchirsi negli anni all’ombra del Vesuvio grazie alla conquista, la stagione successiva, della Supercoppa Italiana e del secondo scudetto partenopeo a discapito del Milan di Arrigo Sacchi. Emblematico di quella stagione resterà l’episodio di Bergamo e che vide protagonista proprio il mediano brasiliano.
Già due anni prima, in un Pisa-Napoli, gli ospiti (a sorpresa sconfitti) avevano ottenuto la vittoria a tavolino grazie ad una rondella che aveva colpito alla testa Renica; l’8 Aprile 1990 si disputa, all’Atleti Azzurri d’Italia, Atalanta-Napoli in un campionato avvincente e serratissimo che vede i partenopei ed il Milan di Van Basten rispondersi colpo su colpo. Gli ospiti, bloccati sullo 0-0, vengono aiutati nuovamente dalla sorte e da una buona dose di furbizia. Ad un quarto d’ora del termine della gara Alemao viene, infatti, colpito alla testa da una moneta da 100 lire. Il giocatore va giù e viene soccorso dallo storico massaggiatore Carmando che, come sarà ammesso poi dall’allora numero 5, lo invita a rimanere a terra. Come due anni prima il Napoli vince 2-0 a tavolino ed Alemao è il “match winner” nonché l’emblema di uno scudetto storico quanto controverso.
BERGAMO E GLI ULTIMI ANNI
Gli scherzi del destino, però, sono tanti nella carriera del brasiliano a tal punto che, quando nel ’92 abbandona Napoli, decide di prolungare la permanenza nel campionato Italiano, proprio in quella Bergamo che lo aveva visto protagonista così discusso. Con gli orobici disputerà due stagioni collezionando 40 presenze e due reti in totale e contribuendo alla loro permanenza in Serie A prima di tornare in patria a 33 anni. Per due anni vestirà la camiseta del Sao Paulo (aggiungendo in bacheca una Coppa CONMEBOL ed una Recopa Sudamericana) per poi concludere la carriera con il Volta Redonda lasciando al Campionato Carioca i suoi ultimi squilli.
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