GLIEROIDELCALCIO.COM (Eleonora D’Alessandri) – Peppino Prisco, personificazione dell’interismo, una volta disse: “uno così nasce ogni cento anni”. Si riferiva a Giuseppe Meazza che oggi avrebbe compiuto 110 anni.
Il 23 agosto 1910 infatti, nasce a Milano, uno dei calciatori più forti di sempre, tra i più amati del primo dopoguerra.
Aveva perso il papà durante la prima guerra mondiale e viveva con la mamma, venditrice di frutta al mercato. Il pallone era davvero tutto il suo mondo e rappresentava per uno come lui, una reale opportunità di riscatto. Nato nel quartiere popolare di Porta Vittoria, iniziò a giocare sui campi di Greco Milanese e Porta Romana, inseguendo una palla fatta di stracci. Con l’autorizzazione della mamma, a dodici anni inizia a giocare con i ragazzi uliciani (U.L.I.C. Unione Libera Italiana del Calcio) del Gloria F.C, dove grazie ad un ammiratore segreto, ebbe il suo primo paio di scarpini. Scartato dai cugini rossoneri per via di un fisico troppo esile, Meazza veste la sua prima maglia dell’Inter a 14 anni. Si fece notare a tal punto nelle giovanili, che Fulvio Bernardini insistette molto con il mister Arpad Weisz perché lo visionasse personalmente e perché lo portasse in prima squadra.
Nel 1927 finalmente l’esordio nel torneo Volta di Como e, nonostante lo scetticismo di molti nel vederlo così giovane in campo, sorprende tutti con una doppietta che regala la coppa alla propria squadra. Fu in quell’occasione che gli fu dato il soprannome di “Balilla”. Quando infatti l’allenatore Weisz lesse nello spogliatoio la formazione, annunciando la sua presenza in squadra fin dal primo minuto, Leopoldo Conti esclamò sarcastico: «Adesso facciamo giocare anche i balilla!», per via della sua giovane età. Ma si dovette ricredere quasi subito.
Nel 1929 esordisce finalmente in serie A, disputando 33 partite su 34, vincendo lo scudetto e guadagnandosi il titolo di capocannoniere con 31 gol all’attivo.
Sulla sua strada di grande campione però, non c’è soltanto l’Inter. Nel 1930 infatti arriva il momento dell’esordio in nazionale. È il 9 febbraio e a Roma, nella partita contro la Svizzera, segna due gol dei quattro che assegnano la vittoria all’Italia. La vera consacrazione invece arriva nella partita di maggio contro l’Ungheria, quando segnò tre dei 5 gol della giornata, dimostrando una reale crescita e le potenzialità di un autentico fuoriclasse. L’eco della sua impresa arrivò fino in Italia, dove un pubblico incredulo seguiva sbigottito alla radio la svolta per il calcio italiano che finalmente, non era più sottomesso alle squadre della mittle Europa.
Con la nazionale colleziona numeri incredibili, segnando ben 33 gol e laureandosi campione del mondo per due volte nei campionati del 1934 e del 1938.
Dotato di una tecnica sopraffina, al centrocampo disegnava geometrie perfette con il pallone tra i piedi. Aveva una spiccata propensione per le finte che mettevano in seria difficoltà i difensori che, convinti di non riuscire a fermarlo, lo contrastavano senza molta convinzione. Andava frequentemente in porta saltando il portiere, perché molto sicuro dei propri mezzi, dando vita così al “gol alla Meazza”. Incantava tutti, sul campo e fuori, compagni di squadra e ragazze, diventando presto una icona del calcio, delle pubblicità e della musica.
Nel campionato 1936 vince di nuovo il titolo di capocannoniere con 25 gol.
L’annata 1938/39 segna però l’inizio del declino a causa di un infortunio al piede sinistro che lo tiene lontano dal campo per oltre un anno. Nell’autunno 1940 rientra, ma con la maglia del Milano (nome dell’epoca dei rossoneri) anche se non sembrava più il campione di qualche anno prima. Dopo due stagioni passò alla Juventus, con la quale tornò per l’ultima volta in doppia cifra realizzando 10 reti in 27 partite giocate. Ci fu poi il “campionato di guerra” del 1943/44 nel quale segnò 7 gol in venti partite con la maglia del Varese, trasferendosi poi all’Atalanta nel campionato 1945/46 prima di concludere la sua carriera con un ultimo campionato con l’Inter.
Giocherà fino al 1948, quando a 38 anni, smetterà chiudendo la sua carriera con all’attivo ben 267 gol. Indosserà la maglia dell’Inter per 14 stagioni, portando a casa tre scudetti e una coppa Italia.
Dopo la gloriosa carriera da giocatore, Meazza è diventato giornalista e allenatore, anche se non con la stessa fortuna. Ha allenato l’Inter e la Pro Patria senza ottenere risultati significativi, cosa che invece ebbe come responsabile del settore giovanile dei milanesi, scovando il giovane Sandro Mazzola, facendone di fatto il suo erede naturale.
Muore a Lissone il 21 agosto 1979, vittima di un cancro al pancreas. Dopo la sua morte gli viene intitolato lo stadio di San Siro, tempio tanto amato da tutti i tifosi nerazzurri, consegnando la sua vita alla leggenda, così come giusto che sia per un campione, “uno di quelli che nasce ogni 100 anni”.