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25 agosto, buon compleanno Mariolino Corso

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LAGIORNATASPORTIVA.IT (Daniele Errera) – Helenio Herrera era un po’ come Mourinho. Latini entrambi, non è un caso. Amavano o odiavano i loro calciatori. Oggi si parla di Mou e Pogba. Un tempo c’era Herrera – Corso. Veramente con poche ragioni razionali ed atletiche, se non per questioni personali.

Herrera odiava Corso. E Mariolino Corso era uno di quei giocatori pacati, seri, lavoratori come se ne sono visti pochi nel passato. Un tipo da quell’Inter. Herrera fece acquistare al presidente Angelo Moratti (“papà”, per i giocatori) addirittura il Pallone d’Oro 1960, Luis Suarez. Perché rappresentava in campo (partita o allenamento) quello che era Herrera: il lavoro prima di tutto. Il calcio non era un divertimento, ma un lavoro. E quindi l’esser diligenti era fondamentale. E Corso lo era. Ma Herrera non lo voleva e ogni singolo anno il tecnico argentino andava dal Presidente e lo faceva inserire nella lista trasferimenti. Moratti che ovviamente stravedeva per Corso rifiutava ogni possibile offerta ed a fine calciomercato tornava da Herrera e gli diceva: “Eh, nessuno l’ha voluto. Lo dobbiamo tenere ancora”. E il mister lo faceva giocare.

Corso fu precoce. Il più precoce di quella covata di campioni che era la Primavera dell’Inter. Quella che avrebbe formato il cuore della Grande Inter. Insieme a lui sarebbero usciti (qualche tempo dopo) gente del livello di Giacinto Facchetti e Sandro Mazzola. Ma Corso era un po’ il Giggs corrispondente alla cosiddetta Classe del ’92. Il primo, il più bravo. Oggi viene ricordato come forse il più grande calciatore a non aver mai giocato nemmeno un minuto ad un Mondiale o agli Europei. Divenne celebre per le sue famose punizioni: a foglia morta. Superavano la barriera di poco e poi dopo cascavano grazie ad un effetto particolare alla base della porta, all’angolino. E fregavano tutti i portiere. Anche in Coppa Campioni e molto avanti con la competizione. Giocò come trequartista, anche se non era previsto nei ruoli del tempo. Ma la sua classe lo prevedeva, eccome. Con l’Inter vinse qualsiasi cosa possibile e immaginabile: due Coppe Intercontinentali, due Coppe Campioni, quattro scudetti. Un’abbuffata senza precedenti per la nobildonna del calcio meneghino.

Il caso fu però tra il duro e il simpatico con Corso: quando Herrera se ne andò nel 1968 fu una grande sospiro di sollievo per il calciatore, che rimase così a lungo in maglia nerazzurra. Si spostò per concludere la carriera alla Sampdoria nel 1973, quando tornò guarda caso Helenio Herrera ad allenare. Alla fine ci riuscì a far cacciare Corso. La sua carriera stava comunque volgendo al termine. Due stagioni alla Samp e poi il passo ad allenare: non brillò per arguzia tattica. Allenò solamente un anno in Serie A: l’Inter, ovviamente. Ma Moratti, Massimo, appena acquistata la società da Pellegrini una decina d’anni dopo, lo richiamò insieme ad altri membri della Grande Inter (Suarez, Facchetti, Mazzola): la casa nerazzurra aveva ancora bisogno di lui per tornare ad alti livelli. Forse trai momenti più belli di fine anni ’90 all’Inter. Quando si sentiva aria di casa. Buon compleanno, Mariolino Corso.

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