GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – 30 maggio 1994, Agostino Di Bartolomei decide di mettere fine alla sua vita. Nessun giudizio. Solo tormento, rispetto e voglia di ricordare un uomo e un padre di famiglia. Si certo un calciatore anche… un calciatore famoso. Un nome, Agostino, che da solo è già in grado di spiegare molto…un’epoca, un ruolo, uno sguardo, le frasi mai scontate, mai banale. Si proprio come l’ultimo gesto, davvero non banale.
Un predestinato che porta la fascia sul Cuore prima ancora che sul braccio. Doti quali umiltà, lealtà, sportività, riservatezza, cultura e rispetto hanno trovato in Agostino un interprete unico. Non solo. E’ dotato di una tecnica superiore alla media, di una visione di gioco fuori dal comune, di un lancio con il “contagiri” e di un tiro di rara precisione e forza che trova nei calci di punizione e nei rigori la sua massima espressione. Il tutto accompagnato da voci all’unisono: “Oooh Agostino! Ago-Ago-Ago-Agostino gol!”.
Sì, un po’ lento, diceva qualcuno… ma di necessità si può fare virtù. Sviluppa infatti una grandissima capacità nel leggere il gioco in anticipo. Professa poi un calcio semplice e di squadra, una giocata non può e non deve essere appariscente a scapito di un passaggio semplice, una giocata deve essere a favore del compagno meglio piazzato, ed esiste un “Noi” nel calcio e non un “Io”.
Nato l’8 aprile del 1955, è il papà Franco a trasmettergli la passione per il calcio e dall’oratorio del San Filippo Neri alla Garbatella arriva sino alle giovanili della Roma. In questo percorso ha il tempo anche di rifiutare una proposta del Milan che, alla tenera età di tredici anni, vuole portarlo sotto “la Madunina”.
A conferma delle caratteristiche di Agostino ci arriva in soccorso la prima pagina del Corriere dello Sport del 30 Luglio 1969, quando Agostino ha 14 anni: “Potenziato il vivaio giallorosso – Tra questi nomi il futuro Landini (…) nella lunga fila degli acquisti alcuni meritano senza dubbio una citazione. Primo fra tutti Agostino Di Bartolomei (1955), mediano proveniente dal n.a.g.c. omi. Un ragazzo che è già più di una promessa. Mediano moderno, tecnicamente perfetto, è dotato di una grande intelligenza. Di lui, ha detto Herrera si sentirà ben presto parlare”. Il tutto con una foto in primo piano del predestinato Agostino.
Ha già la fascia da Capitano quando con la Roma Primavera si laurea Campione d’Italia nel 1972/73 e nel 1973/74. Con lui i calciatori della Roma degli anni a seguire: Bruno Conti, Rocca, Sandreani, Peccenini e Stefano Pellegrini.
Il 22 Aprile del 1973, finalmente, l’esordio in Serie A. Gioca al posto di “Ciccio” Cordova in Inter -Roma (0-0). Inizia da qui la storia di uno dei Capitani giallorossi più amati di sempre. Ancora oggi.
Dopo 11 anni con la maglia capitolina, dove colleziona 308 presenze e 67 gol nelle varie competizioni disputate, vince lo storico scudetto dell’83 oltre a tre coppe Italia contribuendo in maniera determinante a trasformare per sempre la “Rometta” in “Maggica”.
Nell’84 non rientra però nei piani del tecnico Eriksson e viene ceduto al Milan. Fa in tempo ad indossare per l’ultima volta la maglia giallorossa nella finale di Coppa Italia contro il Verona in uno Stadio Olimpico stracolmo dopo la batosta con il Liverpool. Lui alza la coppa al cielo, sullo sfondo uno striscione in curva sud: “Ti hanno tolto la Roma ma non la tua curva“. Una coppa sollevata con rabbia forse, pensando potesse essere altro, un mese prima, il 30 maggio, stesso luogo. Va via, ma quella finale persa ai rigori quando mancava davvero poco a salire sul gradino più alto d’Europa deve essere rimasto in lui come un tarlo.
Gioca ancora tre stagioni con il Milan, una con il Cesena e poi con la Salernitana sino al 1990 dove, sempre con la fascia al braccio, riporta i campani in B dopo ventitrè anni. Decide di appendere gli scarpini al chiodo ma rimane nel mondo del calcio fondando una scuola calcio a Castellabate che tutt’oggi porta il suo nome. Rimane nel mondo del calcio, ma forse non come voleva lui, non come lo aveva immaginato e forse sognato. Un po’ ai margini, un po’ defilato. Poi arriva quella mattina, ancora un 30 maggio, dopo 10 anni da quel 30 maggio. Agostino decide di togliersi la vita.
Durante quei rigori ha pensato di potercela fare, di portare la Roma in alto… Il suo rigore, dopo l’errore di Steve Nicol, porta la Roma in vantaggio…
E’ il 30 maggio, la Roma ha vinto, Ago è vivo.