Storie di Calcio

31 Maggio – 21 Giugno: i Mondiali di Messico ’70

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati)

Prologo: il 1970.

Nascevano Matt Damon, Mariah Carey e Uma Thurman. Ci lasciavano Jimi Hendrix, Janis Joplin e Bertrand Russel.

In Vietnam, la presenza militare statunitense, con oltre mezzo milione di soldati, aveva raggiunto il suo picco. La dittatura brasiliana dei gorillas era solidamente al potere. In Messico, a meno di due anni dal massacro degli studenti a Tlatelolco, si tenevano appunto i Campionati Mondiali di calcio. L’anno si chiudeva con la rivolta del popolo polacco contro il dittatore filosovietico Wladyslaw Gomulka.

In Italia a gennaio iniziano le prime manifestazioni di mobilitazione sulla strage di Piazza Fontana. Alla Presidenza della Repubblica c’è il socialdemocratico Giuseppe Saragat. Nel corso dell’anno ci saranno tre cambi di governo. Dai primi due, a guida Rumor, si passerà a quello presieduto da Emilio Colombo.

Nelle classifiche internazionali troviamo “The Witch’s Promise” dei Jethro Tull e “I Am a Man”, dei Chicago; “Venus”, dei Shocking Blue e “I Want you Back”, dei Jackson 5; “Bridge over Troubled Water” di Simon e Garfunkel e “The Tears of the Clown’, di Smokey Robinson.

Nella top ten italiana, ci sono “La Lontananza”, di Domenico Modugno, “La Prima cosa bella”, di Nicola Di Bari e “Fiori rosa fiori di pesco”, di Lucio Battisti. Al Festival di Sanremo vincono Adriano Celentano e Claudia Mori con “Chi non lavora non fa l’amore”.

Escono “Il Piccolo Grande Uomo”, di Arthur Penn, interpretato da Dustin Hoffman, “L’Uccello dalle Piume di Cristallo” di Dario Argento” e “Borsalino”, interpretato da Alain Delon e Jean-Paul Belmondo.

Venivano pubblicati “Il Gabbiano Johnatan Livingstone”, di Richard Bach, “Morte  Accidentale  di   un  Anarchico” di  Dario  Fo,  “Con  Ogni  Mezzo Necessario”, del leader afro-americano Malcom X (uscito postumo).

Aleksandr Isaevič Solženicyn vince il Premio Nobel per la Letteratura. “Un Uomo da Marciapiede” (Midnight Cowboy), di John Schlesinger vince il Premio Oscar come miglior film e migliore regia. A Cannes, il cinema italiano riceve eccellenti riconoscimenti: Premio Speciale della Giuria a “Indagine su un Cittadino al di sopra di ogni Sospetto”, regia di Elio Petri; Premio per la migliore interpretazione femminile a Ottavia Piccolo per “Metello”, regia di Mauro Bolognini; Premio per la migliore interpretazione maschile a Marcello Mastroianni, per “Dramma della gelosia-Tutti i particolari in cronaca”, regia di Ettore Scola.

A Genova, nell’autunno di quell’anno ci fu una devastante alluvione. Ai tempi avevo solo 7 anni, ma di quel tragico evento ho ricordi vivissimi. Ricordi vivissimi non solo dei luoghi, delle situazioni e delle persone, ma anche del suo odore, perché l’alluvione ha un suo odore tutto particolare, fatto dell’acqua piovana che si mischia a quella fluviale, al terriccio dei greti, al fango degli argini dei torrenti e al cemento o all’asfalto dell’ambiente urbano. Su un lato del mio palazzo c’era un cortile, in leggera pendenza, che era lungo un centinaio di metri. Quel cortile, che corrispondeva tra l’altro all’antico perimetro del primo campo del Genoa, era delimitato su un lato da sei palazzi e sugli altri tre lati da un muretto di circa un metro di altezza. L’acqua in quei giorni arrivò al livello più alto di quel muretto e stagnava nel cortile. Per farla defluire, quando due giorni dopo smise di piovere, alcuni abitanti dell’isolato, armati di mazze e punte, fecero un buco di quasi un metro di diametro nel lato sud di quel muro. E così, dopo un paio di ore, il cortile finalmente si svuotò. Molti giorni dopo, quando tutto era ormai tornato alla normalità, quel buco fu riattappato alla bell’e meglio, con mattoni e cemento. Ma il segno della sua circonferenza è rimasto sul muro ed è visibile ancora oggi. Ogni volta che lo rivedo, penso a quei giorni. Quindi, per certi aspetti, si potrebbe dire che dell’alluvione del 1970 ricordo anche i segni che ha lasciato sui muri. Segni che una persona può associare a quella alluvione solo se ne conosce la storia.

Infine, per entrare nel merito di ciò che andiamo ad affrontare: nel 1970 il Cagliari vinceva lo scudetto, il Bologna la Coppa Italia, il Feyenoord la Coppa dei Campioni, l’Estudiantes la Coppa Libertadores, l’Italia arriva seconda ai Campionati del Mondo e il Brasile, arrivando primo, vinceva la Coppa Rimet.

I MONDIALI.

Io sono nato nel 1963 e ho cominciato a giocare a pallone o a guardare le partite in TV più o meno all’età di sei anni. Per quanto riguarda le grandi competizioni internazionali, i miei primi ricordi risalgono proprio ai campionati del mondo di Messico ’70.

Credo che il primo mondiale diffuso in Italia dalla TV sia stato quello del 1954, di cui la Svizzera fu il paese organizzatore. Ma negli anni Cinquanta, in Italia, non erano molte le famiglie che disponevano di un televisore.

Nel 1970, per contro, la situazione era completamente cambiata e, grazie al boom economico, il televisore era divenuto un apparecchio presente in quasi tutte le case italiane.

Di conseguenza, per ciò che riguarda la storia del nostro paese, il campionato mondiale in Messico è stato, probabilmente, uno dei primi grandi avvenimenti sportivi con una risonanza mondiale a livello mediatico. Evento sportivo che fu seguito, poco dopo, da due mitici incontri di pugilato: Carlos Monzon-Nino Benvenuti (il 7 novembre del 1970) e Cassius Clay-Joe Frazier (l’8 marzo del 1971).

Ricordo di aver seguito in TV questi grandi eventi sportivi con i miei genitori, i parenti, i vicini e gli amici. Ci si ritrovava in una dozzina, o anche in una quindicina di persone, racchiuse in una sola stanza. Uno a fianco dell’altro, davanti allo schermo, piuttosto stretti; ma l’importante era non perdere gli sviluppi di quegli eventi sportivi.

Il Cagliari, come ho già  avuto modo di dire, costituiva, in buona parte, l’ossatura della nazionale italiana:  a Messico ’70 aveva sei giocatori in rosa, di cui ben quattro titolari fissi: Albertosi, Cera, Domenghini e Riva.

Ma, nella partita degli azzurri contro la Svezia, i titolari cagliaritani furono addirittura cinque perché, ai quattro citati, si aggiunse Niccolai, il quale però uscì per infortunio prima della fine del primo tempo. In quella partita, tra l’altro, il cagliaritano Domenghini fece anche gol con un tiro da fuori area. Mentre il sesto cagliaritano della rosa azzurra, Sergio Gori, mi sembra che fece una breve apparizione solo negli ultimi minuti di Messico-Italia. Inoltre, un altro titolare azzurro, Roberto Boninsegna, nel Cagliari ci aveva giocato fino all’anno prima.

Pare che in quelle giornate, Manlio Scopigno, con la simpatia e l’ironia che lo contraddistinguevano, a proposito della convocazione del suo difensore tra gli azzurri di Messico ’70, disse: “Tutto mi sarei aspettato dalla vita, tranne vedere Niccolai in mondovisione”.

Fu un torneo mondiale che vedeva almeno quattro squadre con con concrete ambizioni di conquista del titolo: gli inglesi detentori in carica; i tedeschi che recriminivano un ingiusta sconfitta, nei Mondiali precedenti, causata proprio da un gol “fantasma” degli inglesi; gli Azzurri che erano i campioni europei; i brasiliani che, naturalmente, si presentavano con una delle loro formazioni più forti di sempre.

Avendo avuto a quei tempi solo sette anni, ero troppo giovane per potermi ricordare di ogni dettaglio. Ma la semifinale Italia-Germania del 17 giugno, finita 4 a 3 con il gol del compianto Burgnich, che ci ha lasciato di recente e la finale Brasile-Italia del 21 giugno (terminata col risultato di 4 a 1) rimarranno per sempre impresse nella mia memoria”.

In particolare, nella mia memoria sono rimasti anche alcuni gol di Gigi Riva che permisero a Rombo di Tuono di mostrare anche al mondo le sue doti di bomber, realizzando per esempio una doppietta nella partita contro i padroni di casa. In occasione della prima rete, il nostro raccolse un traversone di Picchio De Sisti, al limite dell’area, spalle alla porta, riuscì a girarsi seppure marcato da tre messicani e a superare il portiere Ignacio Calderón con un tiro teso, basso e angolato. Mentre in occasione della seconda rete Riva concluse un’azione iniziata splendidamente a centrocampo da Gianni Rivera.

Poi, nel prosieguo della competizione, Riva ebbe anche modo di realizzare il suo terzo gol, nella “partita del secolo”: la semifinale contro i tedeschi vinta dagli azzurri per quattro a tre. Nella storica semifinale, il nostro bomber realizza infatti la rete del momentaneo tre a due, con una splendida esecuzione: assist dalla sinistra di Domenghini, controllo in due tempi di Riva che coglie di sorpresa Schnellinger senza dargli tempo d’intervenire e tiro potente che supera il portiere tedesco Sepp Maier.

Comunque,  a proposito di quel Mondiale, Eduardo Galeano, nel suo ‘Splendori e Miserie del Gioco del Calcio’, ha giustamente sottolineato che la squadra brasiliana del 1970 giocava con quattro attaccanti formidabili: Jairzinho, Tostão, Pelé e Rivelino e, per di più, nei loro attacchi erano spesso sostenuti da Gerson e Carlos Alberto. Per dirla in poche parole: erano letteralmente incontenibili.

La star del torneo era, ovviamente, Edson Arantes do Nascimiento, popolarmente conosciuto sotto il nome di Pelé, ma ricordo come, sul terreno di gioco davanti a casa, con i miei amichetti di allora, si cercava di imitare anche i gesti da fuoriclasse di Rivelino, soprannominato “La patada atomica”, il tiro atomico.

Qualche anno fa, un giornalista di una TV sudamericana domandò a Diego Maradona un suo giudizio su Rivelino. L’argentino rispose senza la minima esitazione che per lui il brasiliano era un idolo, un giocatore indimenticabile per la sua maniera elegante di giocare. Non ricordo nel dettaglio ogni singola parola ma, grosso modo, Maradona diceva di aver sempre stimato Rivelino perché, ai suoi occhi, il brasiliano rappresentava tutto quello che lui aveva sognato di essere in qualità di giocatore: attaccante mancino, duro e cattivo quando bisognava essere duri e cattivi, realizzatore implacabile quando bisognava segnare dei gol, ma, al tempo stesso, capace di fare assist e aperture geniali.

Sempre in  “Splendori e Miserie del Gioco del Calcio”, Eduardo Galeano amava ricordare  anche un gol di Jairzinho fatto dal Brasile all’Inghilterra, proprio nei Mondiali di Mexico ’70: “Tostao ricevette il pallone da Paulo Cesar e fece un’incursione fino a dove gli era possibile. Tutta la squadra inglese si era richiusa nella propria area. Tostao scartò tre giocatori e poi passò la palla Pelé. Pelé, con una finta, spiazzò tre avversari e lasciò la palla a Jairzinho che stava sopravvenendo.

Jairzinho riuscì ad evitare l’intervento di un inglese e con un tiro superò il portiere Banks. Fu il gol della vittoria: a passo di danza, l’attacco brasilero aveva fatto fuori sette avversari più il portiere inglese”.

A quanto riassunto splendidamente da Eduardo Galeano, voglio solo aggiungere che, in quella partita, ci fu anche una parata miracolosa di Banks passata alla storia come “la parata del secolo”.

Quello del numero uno inglese fu intervento decisivo su un pericolosissimo colpo di testa di Pelé, con quest’ultimo che già aveva gridato al gol quando, poco dopo, si rese conto che così non era stato. Di quel fatto sportivo, il fuoriclasse brasiliano una volta ha detto, “Nella mia vita, ho fatto più mille gol, ma la gente mi chiede dell’unico che non ho segnato”

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