GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
C’era un tempo in cui la Serie A governava il mondo del calcio globale, con squadre che facevano man bassa di trofei in giro per il mondo. Otto finali di Coppa dei Campioni in dieci anni, più tante altre di Coppa UEFA e Coppa delle Coppe. Tutti i campioni avevano, come obiettivo primario, giocare in Italia. Dall’altra parte d’Europa, però, ce n’era uno atipico, uno di quei campioni che preferisce creare la sua leggenda lontano dai riflettori. Alan Shearer da Newcastle è un ragazzino che viene da una famiglia operaia dell’Inghilterra anni ’70. Una storia di lavoro e fatica, come tante in quegli anni. L’idea altrui di assicurargli un futuro nel golf mal si addice alle caratteristiche di questo biondino dalla sguardo sveglio. Il calcio è un’altra cosa, dà più soddisfazioni.
I primi passi con il Wallsend Boys Club, una piccola squadra di Newcastle; il fenomeno anglosassone si crea qui, verso la metà degli anni ’80. Ma ci rimarrà poco, per colpa della scarsa capacità di qualcuno di saper vedere il campione che diverrà. Lo prende il Southampton e lo fa esordire nel 1988, a soli 18 anni. Il mondo lo conosce il 9 Aprile di quell’anno, in un Southampton – Chelsea finito 4-2: Alan segna due gol di testa e uno in mezza rovesciata, dopo aver colpito la traversa sotto misura.
Indosserà la casacca biancorossa per quattro anni, fino al 1992, con l’incredibile bottino di 112 gol in 138 partite; anni particolari quelli, segnati dalla delusione per la mancata qualificazione a USA ’94 ma anche dall’unico trofeo importante vinto in carriera, quella Premier League del 1994-95 rimasta nella storia del calcio inglese.
Finisce un periodo speciale e ne inizia uno fantastico. Il 1996 è l’anno del ritorno a casa, in quella Newcastle operaia che lo aveva cullato e poi rifiutato. Lo sfortunato Europeo casalingo lascia ferite amare nel ragazzo. Quelle ferite che si cureranno in fretta per 15 milioni di sterline e che scompariranno nei 10 anni passati nella sua città. 206 gol in 303 partite e due finali di FA CUP perse.
Una carriera senza precedenti anche in Nazionale, con l’incredibile media di quasi un gol ogni due partite (30 in 63 incontri).
Auguri a uno degli attaccanti più iconici degli anni ’90, mai arrivato in Serie A ma capace di lasciare un segno indelebile nel calcio anglosassone.