Il terreno di gioco dell’Olympiastadion di Berlino era stato lavato accuratamente. Il rischio di dover rimandare l’incontro una spiacevole certezza, scongiurata soltanto dalla necessità di terminare quella Coppa Uefa, nell’anno del Mondiale messicano.
La catastrofe di Chernobyl, avvenuta soltanto pochi giorni prima, iniziava a lasciare gli strascichi radioattivi in tutta Europa, soprattutto nella Berlino occidentale così geograficamente vicina all’est.
Quel 6 Maggio del 1986, il popolo del Real Madrid si preparava a festeggiare il suo nono trionfo internazionale, dopo le 6 Coppe dei Campioni, la Coppa Intercontinentale del 1960 e la Coppa Uefa vinta appena un anno prima. Un trionfo annunciato e guadagnato soprattutto all’andata, in un Bernabeu ancora decisivo nelle sorti continentali dei blancos; 5-1 con reti di Sanchez, Santillana, Gordillo e un doppio Valdano.
I tedeschi, però, non avrebbero mollato così facilmente. Il teatro era di quelli speciali, la cornice perfetta e adatta per le grandi rimonte. Lo stesso terreno che aveva visto la memorabile prestazione di Bordon del 1971 contro il Borussia e quella di Rummenigge contro la nuovissima Italia di Bearzot, nel 1977 (primo gol in nazionale per il fuoriclasse tedesco).
Sarà una partita combattuta e dura, fatta da interventi decisi dei tedeschi (su Sanchez, costretto ad uscire e su Gallego) e da una voglia irrefrenabile di ribaltare il risultato. Un lavoro durissimo per l’arbitro Valentine.
Finirà soltanto 2-0, grazie alle reti di Bein e Geilenkirchen e ai miracoli sportivi di Augustin, protagonista di una prestazione sontuosa tra i pali della spagnoli.
Il Real Madrid vincerà la sua seconda, e ultima, Coppa Uefa. Sembrerà l’inizio di un ciclo vincente: in realtà sarà l’inizio di un decennio senza vittorie internazionali, terminato con l’arrivo dei galacticos sul finire dei ’90.