Forse i timori nei confronti dei club del Sudamerica non erano del tutto esagerati. A Nestor Combin, nel 1969, nella finale di ritorno a Buenos Aires furono fratturati naso e mandibola (il responsabile di quell’infortunio fu il portiere argentino dell’Estudiantes con una delle sue uscite poco “eleganti”), mentre l’anno dopo nella finale di Coppa Intercontinentale contro una squadra uruguayana, un giocatore greco si ritrovò con una frattura al gamba a seguito di un intervento scorretto a suo danno da parte di un avversario.
Nel 1972, però, il club di Amsterdam ruppe gli indugi e decise di partecipare alla competizione intercontinentale. In quella occasione dovette sfidare l’Indipendiente di Avellaneda.
Come sottolineato nel bel libro dell’amico Vincenzo Paliotto, specialista della Coppa Libertadores, guardando retrospettivamente a quel periodo possiamo constatare che gli argentini dell’Indipendiente vinsero per quattro anni di seguito quel prestigioso trofeo (1972, 1973, 1974 e 1975). Mentre gli olandesi vinsero la Coppa Campioni tre volte di fila (1971, 1972 e 1973).
Per certi aspetti, potremmo quindi dire che la finale del 1972 non era solo un incontro tra i due club più forti della stagione ma era anche una sfida tra due squadre ai vertici calcistici dei rispettivi continenti per un periodo molto più ampio.
La partita dell’andata, giocata il 6 settembre del 1972, nello stadio della Doble Visera di Avellaneda, confermò il tipico modo di approcciare quegli incontri da parte dei club del Sudamerica. Cruijff segnò al 6′, ma fu costretto a terminare il match al 30′, a causa di un intervento falloso di Dante Mircoli, un giocatore dell’Indipendiente che, nel corso degli anni Settanta, giocò anche in Italia, con
Catania, Lecco e Sampdoria.
Comunque, per tornare alla partita di andata della finale, a seguito dell’intervento scomposto dell’argentino su Cruijff, secondo alcune fonti, nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo gli olandesi presero anche in considerazione l’eventualità di ritirarsi dal match, temendo per la propria integrità fisica. Alla fine, i giocatori dell’Ajax tornarono in campo e l’incontro finì una uno, con rete del pareggio argentino all’82’, su marcatura di Francisco Manuel Pedro Sá, detto “Pancho”.
Al ritorno, il 28 settembre 1972, l’Ajax vinse 3 a 0. Neeskens aprì le marcature al 12′. Poi, seguì una doppietta di Rep, subentrato al 62′ al posto di Mühren, con reti al 65′ e all’80’. Dalle immagini di repertorio si può dedurre che Cruijff fece una prestazione eccellente e si rivelò incontenibile per i poveri difensori dell’Indipendiente.
La stampa argentina, d’altronde, commentò quell’incontro dicendo che la Coppa Intercontinentale era restata in Olanda perché i giocatori dell’Ajax avevano giocato correndo, mentre quelli dell’Indipendiente di Avellaneda invece avevano più semplicemente camminato.
Nella didascalia della foto con il gol di Neskens, che accompagnava quel servizio, il giornalista argentino sottolineava, quasi in modo retrospettivo come, a partire da quel primo gol di marca olandese, le prospettive di portare a casa la coppa per I’Indipendiente erano cominciate a sfumare. Leggendo tra le righe di quell’articolo, si trova forse un po’ di supponenza, perché si attribuisce agli olandesi il merito di avere saputo imporre la velocità e la forza fisica, alla tecnica e alla abilità (doti, queste ultime, che sembrerebbero essere solo prerogativa degli argentini).
Insomma, quella del giornalista è una affermazione che sembra un po’ fuori luogo. Dopo, però, l’autore di quell’articolo sembra correggere il tiro, riconoscendo alla squadra olandese la capacità di far circolare la palla, di coprire gli spazi e di fare la fase difensiva e quella offensiva coinvolgendo l’insieme dei giocatori.
Comunque, sia quel che sia, due anni dopo la doppia vittoria del Feyenord in Coppa Campioni e in Coppa Libertadores, anche l’Ajax faceva “l’en plein” nelle