Un colpo al petto… e un giovane uomo si accascia al suolo… perchè?
Cento anni fa moriva colpito al petto da una pallottola il calciatore Aldo Milano, detto Milano III, fratello minore del più noto Giuseppe Milano, capitano della Pro Vercelli e della nazionale italiana negli anni precedenti la prima guerra mondiale. Ma chi era Aldo Milano? E perché fu ucciso?
Nato a San Bonifacio (Verona) nel 1896 e trasferitosi con la famiglia in giovane età a Vercelli, Aldo aveva assunto negli anni immediatamente dopo la fine della guerra un ruolo centrale nella rinascita della Pro Vercelli, che aspirava a riconquistare quella centralità prebellica nel calcio italiano, guadagnatasi con la vittoria, quasi consecutiva, di 5 stagioni di campionato italiano (1908-1909-1911-1912-1913). Proprio nel campionato del 1920-1921 la squadra vercellese sembrava sulla strada di recuperare, seppur con fatica, gli antichi splendori.
Aldo disputò la sua ultima partita il 2 gennaio 1921, vinta 4 a 0 dalla Pro Vercelli contro l’Amatori Torino. Il giorno 8 gennaio si consumò l’omicidio di Aldo Milano, spesso indicato dalla stampa come “I fatti di Albano Vercellese”, perché il piccolo comune fu il teatro della vicenda, nata come raid di un gruppo di giovani disarmati presso l’edificio delle scuole locali con l’intenzione di distruggere una lapide commemorativa dei caduti della Grande Guerra.
Aldo Milano (Foto Wikipedia)
Si trattò di un evento che si inseriva in quella che è stata chiamata la “battaglia delle lapidi”, avvenuta nel territorio di Vercelli e Biella in quegli stessi anni. Nelle elezioni amministrative del 1920 i socialisti avevano conquistato quarantadue comuni su quarantasei nel circondario e avevano promosso in molte località l’erezione di lapidi a ricordo dei caduti nella Grande Guerra. Queste steli più che onorare i morti tendevano a trasformare i caduti in martiri negli ingranaggi del sistema capitalistico. In tal senso la lapide di Albano era un chiaro esempio di questo uso politico della memoria storica: i morti avrebbero dato “ignari la giovinezza alla causa del capitalismo” e dal “loro sacrificio immane (..) s’eleva severo il monito incitante i lavoratori del mondo alla riscossa”.
Questa appropriazione della memoria dei caduti della Prima guerra mondiale aveva incendiato gli animi di chi non si riconosceva in tale visione politica: si trattava in larga parte di ex combattenti ma non solo. Aldo, che faceva parte del “commando” che si era recato con intenzioni vandaliche ad Albano, non era però mai stato sul fronte, ma aveva subito la perdita di un congiunto durante la guerra e questo spiegava la sua rabbia. Infatti suo fratello più vecchio Felice, noto con il nome di Milano II come calciatore della Pro Vercelli, dell’Alessandria e della nazionale, era caduto sul fronte dell’Isonzo nel 1916.
Pro Vercelli (Foto Stampa Sportiva di Torino Gennaio 1921)
Qualche giorno prima dell’8 gennaio alcuni giovani avevano già pubblicato sui giornali locali una denuncia contro la lapide, in cui preannunciavano che in assenza di una sua rimozione sarebbero intervenuti personalmente. L’amministrazione comunale pertanto aveva predisposto a difesa della lapide due guardie comunali. Una di queste, al vedere i giovani, sparò senza preavviso e ferì mortalmente al petto Aldo Milano, che condotto all’ospedale morì poco dopo.
La sua morte destò una profonda emozione a Vercelli, in tutta la provincia e in tutto il mondo sportivo nazionale. A rendersi conto delle potenzialità mediatiche di questa morte fu il Fascio di Vercelli che aveva avuto vita nei giorni immediatamente prima della morte del calciatore e che si affrettò a proclamare Aldo Milano suo primo martire. In realtà come gli altri partecipanti all’azione vandalica, Aldo non era mai stato iscritto al Fascio, anche se era massone e come gran parte della sua famiglia vicino alle posizioni dei nazionalisti. Ad usare per primo il termine fascista fu il giornale locale socialista “La Risaia”, che tentò di inquadrare l’accaduto nel dilagare degli episodi violenti del fascismo in altri territori.
Nel periodo successivo la sua morte, Aldo Milano divenne un’icona del fascismo vercellese: il sesto scudetto della Pro Vercelli, conquistato nel 1921, fu dedicato alla sua memoria, cui fu intitolata anche una via cittadina e la sezione locale dei Fasci di combattimento. In pratica il calciatore divenne il riferimento costante della virtù fascista e l’ispirazione dei giovani vercellesi, specie durante la campagna “antiborghese”. Ma non solo. Il suo esempio uscì anche dal territorio locale e a suo nome fu intitolato anche lo stadio di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza).
La sua memoria rimase intatta nella liturgia e nella retorica fascista fino al termine della guerra che segnò l’oblio della storia di Aldo, oramai considerato emblema fascista.
Fonti:
Rosaldo Ordano, Aldo Milano. Un’appropriazione indebita del Fascio vercellese, in Bollettino Storico Vercellese, n. 59/2002.
M. Cassetti, I fatti di Albano Vercellese e la nascita e i primi sviluppi del Partito fascista a Vercelli e nel Vercellese, in “Aspetti della Storia della provincia di Vercelli tra le due guerre mondiali.
Deborah Guazzoni nata a Johannesburg da genitori vercellesi, è studentessa del corso di laurea in Storia presso l’Università degli Studi di Milano. E’ una storica contemporanea con la passione per le dinamiche culturali, economiche e sportive. E’ membro della Società Storica Vercellese, consigliere dell’associazione “Vercelli Viva”, tesoriere della Società Italiana di Storia dello Sport, redattore del Bollettino Storico Vercellese e membro del European Committee for Sports History (Cesh).
Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.