Quello che è poco noto è il contesto, quello che accadeva intorno.
Mancano due anni all’inizio del nuovo secolo, c’è fervore, attesa per quella che si prospetta come l’inizio di un’avventura piena di fascino e di incognite.
Purtroppo saranno soprattutto lutti e tragedie che toglieranno il disincanto agli uomini, un “secolo breve” (Hobsbawm) destinato a fungere da spartiacque nella storia dell’umanità.
Non erano queste le attese, ovviamente, si era nel pieno della spensieratezza della Belle Epoque, l’ardore di cui erano pieni i giovani era indirizzato soprattutto verso attività sportive, che pure emulavano la guerra, senza tralasciare il gusto delle novità.
Era approdato da poco in Italia un nuovo sport, il calcio, che, un po’ come tutti gli sport moderni, aveva conosciuto la sua regolamentazione in Inghilterra e che soprattutto attraverso i marinai inglesi che toccavano i porti in tutto il mondo, si stava diffondendo urbi et orbi ed era giunto anche in Italia.
Ancora era visto come un’attività per ricchi e snob, la sua iniziale diffusione si ebbe soprattutto grazie alla Federazione di Ginnastica, che inglobava tutte le discipline sportive e ne organizzò i primi tornei, il primo nel 1896, vinto dall’Udinese Calcio, tra l’altro nell’anno in cui si svolse la prima edizione dei Giochi Olimpici moderni, ad Atene.
All’inizio del 1898 questo non bastava più, di lì a pochi mesi fu fondata la Fif, Federazione Italiana Football, che raggruppava sette società, ma solo quattro avrebbero partecipato al primo campionato italiano, organizzato nell’arco di una sola giornata, l’8 maggio 1898.
Così Antonio Ghirelli ci sintetizza quell’evento:
Le quattro squadre che vi erano iscritte e i loro accompagnatori raggiunsero in tranvai il campetto periferico di Torino, a Porta Susa, nelle prime ore di quello storico mattino. Alle 9, dinanzi a una cinquantina di spettatori, scesero in campo per la prima semifinale due delle tre squadre torinesi impegnate, l’Internazionale e il F. C. Torinese, la prima delle quali si qualificò superando i concittadini (1-0). Nella seconda partita, iniziata alle 11, la Società Ginnastica Torinese si lasciava battere dal Genoa (2-1). Le finali furono giocate al pomeriggio, dopo pranzo, […] dinanzi a un pubblico raddoppiato, […] i genovesi […] riuscirono a prevalere per 2 reti a 1 e a conquistare il titolo. (1)
Questa la storia, non priva di goliardia e che suscita qualche sorriso se si pensa al “buon” incasso di quella giornata (197 lire) e lo si paragona al giro miliardario che è diventato oggi, dal centinaio di persone dell’epoca che assistettero alla finale all’ecumenismo attuale.
Ritornando all’8 maggio, ad un’analisi meno superficiale si nota la mancanza di quello che può considerarsi il terzo polo calcistico italiano, almeno in quell’inizio: Milano.
Per capirne il perché bisogna risalire all’inizio di quest’articolo, capire cioè il contesto, così descritto dallo scrittore Giuseppe Gorgerino:
Tempi eroici ed ameni, s’è detto con tutta quella miseria che c’era d’intorno e guerre e sommosse e rivolte che si spegnevano per lo più nel sangue le cose andarono alla bell’e meglio, cioè alla peggio, fin quando non rincarò il pane, o non mancò addirittura. (2)
Questa la situazione che si viveva in tutta la Penisola, e che raggiunse il culmine proprio quell’8 maggio a Milano:
Dopo una specie di tregua, il giorno dopo, l’8, che era una domenica, fu una giornata di demenza e di sangue. Le autorità, prese letteralmente dalla paura, persero quel poco di cervello che loro restava. I soldati, in assetto di guerra, sparavano; sparavano i questurini, i bottegai calavano le saracinesche, i portinai sbarravano le porte e le finestre, i cavalli dell’artiglieria scalpitavano e in fondo alle strade apparivano le gole dei cannoni. Era giornata di sciopero generale e lo sgomento si spargeva come un’inondazione per la città. (3)
In quel caos generale si perse qualsiasi barlume di coscienza da parte delle autorità:
[…] per le strade di Milano rimbombavano le cannonate dell’esercito che il generale Fiorenzo Bava Beccaris, nella sua veste di regio commissario straordinario attribuitagli per fronteggiare la ribellione popolare, fa sparare dissennatamente sulla folla, provocando un orrendo massacro. (4)
Mentre a Milano si moriva per il pane, a Torino l’Esposizione nazionale per il cinquantesimo anniversario dello Statuto Albertino fu scelta per far esordire il nuovo campionato italiano di calcio.
Mentre nel capoluogo lombardo le cannonate falciavano centinaia di innocenti che avevano il solo torto di avere fame, a Torino un centinaio di persone festanti, spensierate e incuriosite, applaudivano la prima società campione d’Italia, il Genoa Cricket and Football Club.
Come scrisse il Sommo Gianni Brera, “Hic incipit historia italicarum pedatorum.” (5)
1) A. Ghirelli, Storia del calcio in Italia, Einaudi, Torino 1967, p. 22
2) G. Gorgerino, I moti di Milano del maggio 1898, in: Historica, Cino Del Duca Editore, Milano 1961, anno V n. 46
3) G. Gorgerino, op. cit.
4) C. F. Chiesa, La grande storia del calcio italiano, Guerin Sportivo, fascicolo 1898-1907, p. 9
5) G. Brera, Storia critica del calcio italiano, Euroclub, Milano 1976, p. 23
Bibliografia
G. Brera, Storia critica del calcio italiano, Euroclub, Milano 1976
C. F. Chiesa, La grande storia del calcio italiano, Guerin Sportivo, 2020
R. Ciccarelli, Appunti di Storia del Calcio, in: D. Tafuri, Università e Calcio, Filo Refe, Napoli 2019
A. Ghirelli, Storia del calcio in Italia, Einaudi, Torino 1967
M. Grimaldi, Storia del calcio in Italia nel movimento sportivo europeo (1896-1998), Società Stampa Sportiva, Roma 1998
M. Grimaldi, Storia d’Italia, del calcio e della Nazionale, Lab DFG, Latina 2020
Historia, Cino Del Duca Editore, anno V n. 46, settembre 1961
A. Papa/G. Panico, Storia sociale del calcio in Italia, Il Mulino, Bologna 2002