GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati) – ‘Nominae sunt consequentia rerum’ è un’espressione latina (i nomi sono conseguenza delle cose), utilizzata a volte per esprimere la convinzione che, in fondo, un nome possa rivelare l’essenza o la caratteristica primordiale della cosa o della persona denominata. In effetti, la scelta fatta dai fondatori di questa squadra milanese, che decisero di chiamare la loro squadra ‘Internazionale’ sembrerebbe confermare l’intuizione alla base di questo aforisma latino. Ma, per comprendere le cause e le motivazioni che spinsero i fondatori dell’Inter a fare una tale scelta, è necessario fare alcune considerazione storiche, al fine di inquadrare il periodo in cui l’Inter venne alla luce.
Dopo aver vissuto una prima fase di patriottismo, che era sfociato, nel 1861 nell’unificazione del paese (anche se non ancora completa), l’Italia vide l’emergere di una seconda fase di nazionalismo all’inizio del XX secolo. I governi italiani avevano già messo in atto delle politiche coloniali nel 1879, con lo sbarco di contingenti militari in Eritrea ed i tentativi di penetrazione in Etiopia. Ma gli insuccessi sul campo, ed in particolare la sconfitta di Adua, nel 1896, avevano temporaneamente indebolito questi progetti di espansione territoriale. In seguito, però, dopo un periodo di qualche anno, il movimento nazionalista e la politica coloniale riprenderanno vigore.
Nel 1905 furono fondati l’Istituto Coloniale Italiano ed il periodico che questa istituzione pubblicava: La Rivista Coloniale[1], e nel 1910 fu fondata l’Associazione Nazionalista Italiana. Tutto questo comportò la ripresa di un percorso che, nelle sue derive, avrebbe tragicamente portato dapprima alla guerra di Libia, poi alla Prima Guerra Mondiale, ed infine all’instaurazione della dittatura fascista.
A partire dal 1907, anche il mondo del football subirà la pressione di queste ondate nazionalistiche. In quegli anni, le società di ginnastica, dotate di una sezione calcio, si batteranno per l’esclusione dei giocatori stranieri dal campionato italiano.
Anche le questioni estetiche e linguistiche diventeranno terreno di lotta ideologica e, nel 1909, la Federazione Italiana di Football cambierà la propria denominazione sociale in Federazione Italiana Gioco Calcio[2].
La squadra simbolo di questo periodo è una squadra della campagna piemontese, la Pro Vercelli, che nel 1908 vincerà il primo dei suoi sette titoli nazionali (il primo, appunto, nel 1908 e l’ultimo nel 1922). Si trattava di una squadra formata esclusivamente da giocatori italiani che, tra l’altro, rappresentavano in buona parte anche l’ossatura della nazionale nei suoi primi anni di vita. In effetti, numerosi giocatori di quel club piemontese furono titolari della squadra azzurra: Innocenti, Binaschi, Valle, Leone, Milano, Rampini.
Ma, per tornare alla politica di boicottaggio degli atleti stranieri in Italia, le squadre tradizionalmente caratterizzate dalla presenza di inglesi e svizzeri, al proprio interno, si opposero fortemente a questi tentativi di esclusione e decisero di non partecipare al campionato italiano del 1908[3].
L’anno seguente ci saranno ancora strascichi e ripercussioni, ma alla fine si riuscirà a trovare un accordo e tutte le squadre sopraccitate riprenderanno a partecipare al campionato. Però, nel frattempo, quelle politiche discriminatorie avevano, in qualche modo, condizionato la vita dei club. E, per esempio, il Milan aveva mostrato una tendenza a eliminare o, quantomeno, a ridurre la presenza di stranieri all’interno del proprio club.
Fu così che un socio del Milan decise di convocare una riunione volta alla fondazione di un nuovo club di football nella capitale lombarda.
La persona in questione, Giorgio Muggiani, è spesso presentata nei libri sulla storia del calcio come un pittore. In realtà, in occasione di un’intervista, rilasciata nel 2008, il figlio Giorgio Muggiani Junior, ha tenuto a precisare che il padre non aveva mai venduto un solo quadro in tutta la sua vita, perché era illustratore pubblicitario e caricaturista[4].
Sia quel che sia, questo artista, che aveva studiato all’Istituto Auf Dem Rosenberg di San Gallo, in Svizzera, non solo farà parte dei fondatori ma concepirà e realizzerà il logo dell’Inter.
Il 9 marzo del 1908, dunque, nel ristorante ‘L’Orologio’, Giorgio Muggiani e altri 43 dissidenti decideranno di fondare un nuovo club, per protestare contro la politica ‘autartica’ del Milan. Uno degli obiettivi di questa nuova società sportiva era appunto quello di favorire la pratica del calcio ai giocatori stranieri residenti nella città lombarda[5]. Con un tale programma e otto giocatori svizzeri nella prima formazione, chiamare il nuovo club ‘Internazionale’ doveva essere sembrato qualcosa di assolutamente naturale. Gli otto calciatori elvetici in questione erano i seguenti: Karl Hopf, Käppler, Werner Kummer, Hernst Xavier Marktl, Niedermann, il già citato Ugo Rietmann, Bernard Schüler e Arnaldo Wölkel.
I fondatori dell’Inter, fra i quali si conta almeno una decina di svizzeri. Illustrazione di Stefano Scagni
In tutti i casi, la scissione non passò inosservata, e l’avvenimento fu riportato in numerosi articoli della carta stampata dell’epoca. Nel quotidiano La Perseveranza, per esempio, si può leggere l’articolo seguente, pubblicato all’indomani della fondazione: ‘Siamo stati informati che un certo numero di soci dissidenti della società sportiva Milan Football-Club si sono riuniti ieri sera nel ristorante ‘L’Orologio’ per dare vita ad un club che si chiamerà Foot-Ball Club Internazionale Milano’[6].
Un altro articolo, apparso sul giornale La Lombardia, il 9 marzo 1908, ha, più o meno, lo stesso tenore: ‘Abbiamo appena ricevuto la notizia con cui ci si informa che i soci dissidenti della società Milan Football Club si sono ritrovati, ieri, in una sala del ristorante ‘L’Orologio’ per fondare un club che si chiamerà Foot-ball Club Internazionale Milano’[7].
Un po’ più elaborato è l’articolo pubblicato, il 9 marzo 1908, su La Gazzetta dello Sport:
‘FOOT-BALL CLUB INTERNAZIONALE. È il nome, anzi, il titolo del nuovo club, sorto da pochi giorni a Milano. Il nuovo club, nato da una deplorevole scissura che non pochi malintesi hanno creato in seno al Milan Club, è composto in maggioranza di attivi footballey e di parecchi appassionati. Il massimo buon volere ed i migliori propositi sono le basi della nuova società, che per ora promette poche e buone cose. Scopo precipuo del nuovo Club è di facilitare l’esercizio del calcio agli stranieri residenti a Milano e diffondere la passione tra la gioventù milanese, alla quale vanno fatte speciali e assai lodevoli felicitazioni. I nostri auguri di vita lunga, prospera e, quel che più conta, concorde vadano al nuovo sodalizio, che troverà certo nei suoi fondatori quella buona volontà necessaria perché i buoni intendimenti manifestati abbiano miglior successo’[8].
Alla riunione fondativa, tra gli altri, saranno presenti: Giorgio Muggiani, Bossard, Lana, Bertoloni, De Olma, Hintermann Enrico, Hintermann Arturo, Hintermann Carlo, Dell’Oro Pietro, Rietmann Ugo, Hans, Voelkel, Maner, Wipf, Ardussi Carl[9].
Gli Hintermann erano tre fratelli svizzeri e, secondo la tradizione, in occasione della fondazione lanciarono una maledizione contro la squadra rivale cittadina, dicendo che nel corso della loro vita il Milan non avrebbe ma più vinto un campionato.
La storia del calcio è piena di questi aneddoti[10], ma è interessante notare che nei 43 anni seguenti il Milan non vincerà più un campionato. La prima vittoria rossonera dello scudetto, dopo questo lungo periodo privo di successi nazionali, si verificherà nel 1951 che, per una strana coincidenza, corrisponde all’anno del decesso dell’ultimo dei tre fratelli Hintermann.
La formazione dell’Inter che ha vinto il campionato nel 1910 e che schierava parecchi svizzeri: Henry Müller, Oscar Engler, Carlo Streit, Alfred Zoller, Ernst Peterli, Ermanno Aebi et Bernard Schuler. Illustrazione di Stefano Scagni.
[1] Philippe Foro, L’Italie de l’Unité à nos Jours, Editions Ellipses 2009, pagine 65-67.
[2] Franco Cerretti, ‘Cento Anni di Campionato Italiano di Calcio’, Gremese Editore, 1990, pagina 128
[3] La decisione della Juventus di boicottare il campionato italiano sarà meno netta in confronto alle altre squadre dissidenti.
[4] Giampiero Lotito, Filippo Grassia, ‘Inter, Il Calcio Siamo Noi’, Sperling e Kupfer, 2010, pagina 178.
[5] Elio Gioanola, Il Cielo è Nerazzurro, Jaca Book, 2016, pagine 14 e 15.
[6] Federico Pistone, Inter, la Leggenda, dalle Origini al Ritorno, Sperling e Kupfer Editori, 2014, pagina 247.
[7] Giampiero Lotito, Filippo Grassia, Inter, Il Calcio siamo noi, Sperling e Kupfer, 2010, pagina 76.
[8] Per un certo periodo, la riproduzione di questo articolo è stata visibile sul sito ufficiale dell’Inter. www.interfc.it.
[9] Pier Luigi Brunori, Marcello Melani, Paolo Melani, Inter, Stella Mondiale, Edizioni Omnibus, 1965.
[10] Una maledizione celebre nel mondo del calcio è quella, per esempio, di Béla Guttmann contro il Benfica. Nel 1962 Guttmann, dopo avere vinto due volte di seguito la Coppa dei campioni con il Benfica, domandò ai dirigenti portoghesi un aumento di stipendio che non ottenne. L’allenatore ungherese lasciò il club di Lisbona dicendo: ‘Me ne vado maledicendovi. A partire da oggi, e per cent’anni, il Benfica non vincerà più una coppa europea’. Da allora, la squadra portoghese ha perduto sei finali di coppe europee. Questa vicenda è ricostruita in molti siti italiani. Io l’ho trovata, quando lavoravo alla versione francese del mio libro sugli svizzeri pionieri del football italiano, in un articolo del 13 maggio 2013, dal titolo ‘L’Étrange Malédiction du Benfica’, pubblicato sul sito www.m.7sur7.be.