L’allenatore in Italia, storia di un mestiere
Questo articolo, come i due precedenti, ha come riferimento il volume Gli allenatori di calcio in Italia: una storia socioculturale.
Dal Supercorso ad oggi: l’evoluzione della Scuola Allenatori
Il piano proposto da Italo Allodi per la Scuola Allenatori venne in buona parte realizzato, segnando una svolta epocale nella storia del Settore Tecnico. Si voltava pagina rispetto alle precedenti esperienze dei corsi, cambiando profondamente metodologia, programma ed impostazione didattica. Lo strumento fu rappresentato dal cosiddetto Supercorso. Le caratteristiche erano quelle di un corso para universitario. Il programma comprendeva materie inusuali (sociologia, psicopedagogia, sessuologia, alimentazione, psicologia, materie giuridiche e sociali, i compiti del sindacato, le questioni fiscali, la medicina sportiva applicata al calcio). Gli aspiranti allenatori dovevano studiare anche l’inglese ed avevano un corpo insegnante vastissimo: professori universitari titolari di cattedre specialistiche; magistrati e uomini di cultura; i migliori allenatori italiani e stranieri. Il Supercorso introdusse un modello duale nel processo di formazione: lezioni in aula e missioni di studio a contatto con l’esperienza pratica dei maggiori club, arricchite da viaggi di studio presso federazioni straniere. Gli allievi del Supercorso mettevano in conto una stagione senza lavoro (da settembre a maggio), ma ottenendo una significativa qualificazione, molto più robusta dell’abilitazione concessa dal sistema corsuale precedente.
Il Supercorso formò anche Istruttori di giovani calciatori, l’altro asse strategico teorizzato da Allodi per il rilancio del calcio italiano.
Nella stagione 1980-81 il Supercorso venne sospeso, per stabilizzare il numero degli abilitati e consentire lo svolgimento del 1° corso per Direzione di Società di Calcio di società professionistiche (corso per Manager), che si avvalse delle esperienze maturate nelle quattro edizioni del Supercorso.
Complessivamente si svolsero quattro edizioni del Supercorso per allenatori, oltre al corso per manager. L’Italia era diventata il punto di riferimento internazionale per la formazione dei tecnici, ma, come spesso succede, questa esperienza venne interrotta.
Paradossalmente fu la vittoria della Coppa del Mondo 1982 a licenziare Allodi. L’incompatibilità tra Bearzot ed Allodi, che aveva radice nella comune esperienza con la Nazionale al Mondiale 1974, produsse l’allontanamento del manager che non accettò il ridimensionamento a responsabile del calcio giovanile.
La Scuola Allenatori attraversò un periodo di stallo, segnato dal ritorno a un’impostazione più tradizionale. Il corso di abilitazione ad Allenatore Professionista di 1a Categoria del 1983-84 segnò la fine del Supercorso e il ritorno all’ancien régime. Il corso tornò ad essere biennale, la frequenza fu limitata ai due mesi estivi, con una prima sessione di carattere nozionistico e una seconda dedicata all’approfondimento tecnico e alla presentazione di relazioni sulle esperienze acquisite. Il programma riproponeva l’impostazione precedente alla gestione Allodi, recuperando dal Supercorso le missioni di studio e lo studio della lingua inglese, ma concentrandosi principalmente su tecnica e tattica calcistica, preparazione fisica e medicina sportiva.
Con la nomina, alla fine del 1988, di Giancarlo Abete alla presidenza del Settore Tecnico, la Scuola Allenatori riprese la strada dell’innovazione. Venne introdotta la progettazione dei corsi di formazione, definendo obiettivi chiari, misurabili e pertinenti, strutturando le unità didattiche e scegliendo le metodologie di insegnamento più efficaci. La didattica si orientò al rapporto interattivo tra docenti e allievi, con l’utilizzo di “casi” di studio e del lavoro di gruppo.
Venne dato maggiore spazio alla cultura calcistica e scientifica, intensificando gli scambi con realtà estere. Tutte queste novità confluirono nell’introduzione del Master (1989-90), un corso di alto livello che mirava a formare allenatori di 1a categoria altamente qualificati, capaci di applicare le conoscenze teoriche alla pratica. L’obiettivo dichiarato da Abete era formare una generazione di tecnici in grado di gestire la complessità del calcio moderno, di comunicare efficacemente e di adattarsi alle nuove sfide.
Entrò, in quegli anni, come materia fondamentale la comunicazione che, nella figura di Felice Accame, diventò uno degli aspetti qualificanti della scuola di Coverciano. Un passaggio indispensabile, attestata la necessità di competenze specifiche per comprendere la comunicazione altrui e per comunicare a chiunque nel modo più appropriato. Lo sapeva il dirigente sportivo, alle prese con la stesura dei comunicato stampa, lo sapeva ancor meglio l’allenatore che doveva capire la disponibilità tecnico-tattica di un suo giocatore.
All’inizio degli anni Novanta si svolsero i primi corsi per allenatori di 3a categoria con specializzazione per il calcio femminile, che assumeranno cadenza annuale. Nel 1995 il Settore Tecnico unificò i ruoli degli Istruttori di Calcio e degli Allenatori di Giovani Calciatori nella qualifica di Istruttore Giovani Calciatori. Il corso Master continuò a formare allenatori di alto livello, mentre i corsi per altre figure professionali, come i preparatori atletici, i direttori sportivi e gli allenatori di calcio a 5, si consolidarono. Il Settore Tecnico si dimostrò attento a queste evoluzioni, cercando di offrire una lettura sistemica dei nuovi scenari e di adeguare la propria offerta formativa alle esigenze del calcio contemporaneo.
Negli ultimi vent’anni si può parlare di una crescita continua dei processi formativi, avvenuta su due direttrici di fondo:
1. Metodologica. L’esperienza pratica è diventata una componente fondamentale del processo formativo. La Scuola ha integrato il valore esperienziale, promuovendo attività pratiche, laboratori e stage per consentire agli allievi di applicare le conoscenze apprese in situazioni reali. Ha inoltre trasformato l’istruzione in permanente, affermando il concetto di apprendimento continuo per i professionisti del calcio, offrendo iniziative di aggiornamento e perfezionamento per garantire lo sviluppo costante delle competenze. L’approccio formativo si è spostato da un modello tradizionale, basato principalmente su corsi frontali, a un modello che incoraggia i tecnici ad aggiornarsi costantemente, in linea con le direttive UEFA.
2. Specializzazione. L’offerta formativa, storicamente, era limitata ai corsi per allenatori, con alcune specificità (calcio a 5, calcio femminile, istruttori per giovani calciatori), e occasionalmente per direttori sportivi e, dagli anni Novanta, per preparatori atletici. Con l’evoluzione del calcio, sono emerse nuove figure e specializzazioni. La struttura dei club è ora caratterizzata da una stratificazione complessa di ruoli e funzioni, lontana dalla tradizionale organizzazione centrata su Presidente – Direttore Sportivo – Allenatore, quest’ultimo affiancato da un vice e da un preparatore atletico, in passato forniti dalla società. Oggi, negli staff, sono presenti una decina di tecnici specializzati in ruoli diversi. La Scuola Allenatori ha conseguentemente intrapreso la strada delle specializzazioni per mantenere alta la competitività del sistema calcio italiano. Sono stati introdotti nuovi corsi per formare figure professionali in grado di gestire la mole di informazioni a disposizione e di utilizzarle per migliorare le prestazioni delle squadre. È stato messo a regime un percorso formativo per le varie figure professionali emergenti (match analyst, osservatore calcistico, responsabile del settore giovanile, preparatore dei portieri).
Oggi, la Scuola Allenatori di Coverciano offre un’ampia gamma di corsi che coprono tutti gli aspetti della professione.
L’indirizzo della Scuola Allenatori
Sotto la direzione di Renzo Ulivieri si è passati da un approccio rigido al paradigma della flessibilità, valorizzando l’importanza dell’adattamento, dell’integrazione delle conoscenze e della capacità di interpretare le novità del gioco. Agli aspiranti allenatori vengono fornite competenze sulle diverse impostazioni tattiche, filosofie di gioco e tendenze del calcio moderno, con l’obiettivo di formare tecnici con una visione critica e autonoma, capaci di adattarsi alle sfide di uno sport in continua evoluzione. Il messaggio è chiaro: il calcio si rinnova ogni giorno, e bisogna essere pronti a cogliere e interpretare le novità. L’insegnamento mira a evitare false certezze, anzi, a smantellarle in chi detiene una visione unica del gioco, stimolandolo a pensare e a sfruttare il proprio bagaglio di conoscenze per anticipare soluzioni. Gli allievi devono comprendere che non esiste un modo migliore assoluto di fare calcio, ma il miglior modo per valorizzare i calciatori a disposizione.
Questo, della flessibilità e dell’ibridazione, è il vero punto di arrivo dopo decenni in cui, ricorrentemente, seppure in forma diversa, si ripresentava la tentazione utopica di dare una comune identità tecnico-tattica, uno stile di gioco preciso.
E, particolare non trascurabile, gli allenatori italiani continuano a ottenere successi in campionati esteri, a dimostrazione dell’eccellenza della scuola italiana e della capacità di adattamento dei suoi tecnici.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Cervelli)