Gli allenatori in Italia, storia di un mestiere
Questo articolo, come il precedente ed il successivo, hanno come riferimento il volume Gli allenatori di calcio in Italia: una storia socioculturale.
Nel secondo dopoguerra, il calcio italiano vive una situazione complessa e contraddittoria, segnata dalla necessità di imprimere importanti cambiamenti al movimento resa più difficile dalla permanenza dei dirigenti che avevano gestito il calcio durante il fascismo. La FIGC tornava ad essere un organismo democratico, la cui base erano le società sportive che, in assemblee di difficile gestione, assumevano le decisioni su tutti gli aspetti della vita federale compresa, naturalmente, l’organizzazione dei campionati. Gli stadi avevano nuove denominazioni, i simboli fascisti erano stati (quasi ovunque) rimossi, ma la guida della FIGC era rimasta praticamente invariata: Ottorino Barassi, storico segretario federale, divenne presidente; Giovanni Mauro tornò come vicepresidente, affiancato da Ferruccio Novo, presidente del Torino. Vittorio Pozzo mantenne il ruolo di commissario tecnico della Nazionale.
Il Paese era a pezzi, le infrastrutture e le vie di comunicazione andavano ricostruite, la borsa nera prosperava e l’arte di arrangiarsi veniva elevata a stile di vita. Questa situazione si rifletteva anche nel mondo del calcio, dove emersero mediatori specializzati nel reclutare calciatori rimpatriati dal Sud America. Tale pratica, già diffusa durante il fascismo, metteva in luce le difficoltà delle squadre italiane nel ricostruire le proprie rose dopo la guerra, anche a causa del sanguinoso prezzo pagato dalle giovani generazioni nel conflitto.
Nel gennaio 1947, la FIGC istituì la Commissione Tecnica Federale (CTF), con l’obiettivo di regolamentare la professione di allenatore e di fornire una formazione adeguata ai tecnici, ma anche di stabilire un indirizzo tattico unitario per il calcio italiano, dilaniato dallo scontro tra fautori del “sistema” (WM) e sostenitori del vecchio “metodo”.
Vittorio Pozzo, in una conferenza tenuta, sempre nel 1947, evidenziò i principali problemi che affliggevano il calcio italiano: la lunghezza eccessiva del campionato; le pessime condizioni dei campi di gioco; i rapporti tesi tra dirigenti e allenatori, con frequenti licenziamenti ingiustificati; lo sproporzionato numero di calciatori stranieri presenti nelle squadre italiane.
La tragedia di Superga, il 4 maggio 1949, sconvolse il calcio italiano e l’intero Paese. La scomparsa del Grande Torino, squadra simbolo del dopoguerra e cuore della Nazionale, fu un trauma collettivo di enormi proporzioni, tanto da essere considerato il primo grande lutto civile dell’Italia repubblicana. La Federazione dovette costituire una nuova squadra Nazionale e, profondamente scossa dalla tragedia, decise di farla viaggiare in nave, anziché in aereo, per raggiungere il Brasile sede della Coppa del Mondo 1950.
Nel febbraio 1949 la FIGC aveva istituto il Centro di Preparazione Tecnica (CPT) a Firenze. Il CPT si proponeva di formare gli allenatori attraverso corsi specifici, riprendendo l’esperienza del Centro Tecnico creato da Ridolfi prima della guerra. Nello stesso anno, vennero organizzati tre tipi di corsi per allenatori: uno per aspiranti allenatori, uno per il passaggio da aspirante ad allenatore e uno di aggiornamento per gli allenatori già abilitati.
Il corso per aspiranti allenatori si tenne a Firenze nell’estate del 1949. Il programma prevedeva lezioni su diverse materie: tecnica e tattica calcistica, preparazione atletica, medicina sportiva, regolamento del gioco e organizzazione federale. L’obiettivo del corso era fornire agli aspiranti allenatori le conoscenze di base per poter esercitare la professione, utilizzando docenti esperti nelle varie materie, compreso il dottor La Cava per la medicina sportiva. Il corso prevedeva anche conferenze tenute da importanti figure del calcio italiano, come Giovanni Mauro e Fulvio Bernardini. Il corso terminava con un esame scritto.
A novembre si tenne un secondo corso per aspiranti allenatori, con un programma simile al precedente. Nel dicembre 1949, la FIGC pubblicò il volume Corso per allenatori che raccoglieva le lezioni tenute durante il corso estivo. L’anno successivo, nel 1950, fu pubblicato Criteri per l’addestramento del calciatore, un manuale, curato da Baccani, segretario del CPT, e Giovanni Ferrari, che conteneva lezioni sulla preparazione tecnica e atletica ed analizzava le diverse tattiche di gioco e i metodi di allenamento più diffusi.
Nel 1950 venne approvata la proposta di un nuovo regolamento per allenatori e massaggiatori, elaborato dalla CTF. Il nuovo regolamento introduceva diverse novità, tra cui l’abolizione della categoria dei Direttori Sportivi. Gli allenatori stranieri furono obbligati a frequentare un corso di aggiornamento ogni due anni, per mantenersi aggiornati sulle regole e sui metodi del calcio italiano.
Il 14 gennaio 1951 il Consiglio Federale nominò Luigi Ridolfi presidente della Commissione Tecnica Federale, con sede a Firenze. Fu la conferma definitiva che la FIGC era ripartita, nel dopoguerra, dall’esperienza del Centro di Preparazione Tecnica degli anni Quaranta. Furono istituì i corsi provinciali d’istruzione tecnica (il primo si svolse dal 28 gennaio al 10 febbraio 1952 a Firenze) con l’obiettivo di formare gli istruttori delle società minori e delle squadre giovanili. Questi corsi, organizzati a Firenze, Milano, Torino, Genova, Bologna e Roma, si proponevano di uniformare la formazione dei giovani calciatori e di diffondere i principi tecnici di base del gioco.
Il Centro Tecnico Federale di Coverciano
La Commissione Tecnica Federale, su proposta di Ridolfi, decise la costituzione di un Centro Tecnico Federale, un complesso di impianti sportivi e di opere adatte ad ospitare le manifestazioni tecniche, per rispondere alle esigenze della Federazione: innalzamento tecnico del gioco, sviluppo dell’attività giovanile, preparazione delle rappresentative nazionali. La sede fu scelta nell’area di Santa Maria a Coverciano. I lavori cominciarono nel corso del 1953 e il Centro venne inaugurato il 6 novembre del 1958.
Il 10 febbraio 1953, a Roma, fu costituita l’Associazione Nazionale Allenatori Italiani Calcio (ANAIC), con la partecipazione dei gruppi regionali esistenti a Trieste, Roma, Genova, Milano, Firenze, Venezia, Napoli, Bari, Palermo e Torino. L’ANAIC concluse la sua esperienza dopo pochi anni.
Furono anni di continue fibrillazioni nel mondo federale. I nuovi dirigenti, il più importante fu Giuseppe Pasquale, brandivano la parola d’ordine della modernizzazione del nostro calcio. La nascita dell’UEFA (1954) aveva cambiato lo scenario di riferimento. Non bastava più mantenere le relazioni con le federazione storicamente amiche: occorreva definire una nuova politica internazionale. La Nazionale, da sempre il termometro della salute federale, inanellava insuccessi su insuccessi. Nella Coppa del Mondo 1954 gli azzurri si fermarono al primo turno, mentre nel 1958 non riuscirono a qualificarsi per la fase finale. Pochi mesi prima dell’inaugurazione del Centro Tecnico Federale di Coverciano venne istituito il Settore Tecnico con sede a Roma, creando un dualismo con la sede di Firenze.
I corsi di abilitazione per allenatori si svolsero con cadenza annuale fino al 1956, chiudendo una fase che vide “qualificare” l’intera platea dei tecnici italiani.
Complessivamente fu un periodo di grande trasformazione non governata che si concluse con la requisitoria del presidente del CONI Giulio Onesti contro “i ricchi scemi del calcio” e la conseguente nomina, 13 agosto 1958, di Bruno Zauli a commissario straordinario della FIGC
Dopo il commissariamento Zauli venne eletto presidente federale, nell’agosto 1959, Umberto Agnelli. Il giovane presidente della Juventus presentò un programma di rinnovamento del calcio italiano. Tra le sue proposte vi era la creazione di una scuola per allenatori biennale, con esami di ammissione, poiché la breve durata dei corsi esistenti era inadeguata a formare tecnici di livello.
Nel 1959 il Settore Tecnico fu ribattezzato Settore della Istruzione e della Preparazione Tecnica (SIPT) che, presieduto da Walter Mandelli, avviò una revisione dei ruoli tecnici proponendo la creazione di una Scuola Allenatori a Coverciano dove il SIPT si insediò, ponendo fine al precedente dualismo. Nel 1960, i corsi per allenatori professionisti diventarono biennali, con un programma più rigoroso e selettivo. L’obiettivo era formare allenatori “convenientemente istruiti e non solo sommariamente abilitati”.
Nel corso degli anni, la FIGC continuò ad aggiornare i corsi per allenatori, cercando di renderli più completi e in linea con gli standard internazionali – nel 1961 l’UEFA iniziò ad organizzare un incontro annuale per allenatori di calcio.
La Coppa del Mondo 1966, conclusa con l’eliminazione inflitta dalla Corea del Nord, portò ad una nuova resa dei conti all’interno della Federazione. Il SIPT assunse il nome di Settore Tecnico e Mandelli, nella veste di presidente, assunse la responsabilità delle squadre nazionali. Era finita l’era Pasquale, che aveva sostituito Agnelli alla presidenza nel 1961.
Artemio Franchi, eletto presidente della FIGC nel 1967, dette vita ad un’epoca di grandi riforme. L’obiettivo, da realizzare con la professionalizzazione dei dirigenti e la formazione di tecnici di alto livello, era modernizzare il sistema calcistico. Nel 1968, fu istituita una nuova Scuola Allenatori con tre livelli di abilitazione: 1ª, 2ª e 3ª categoria, definendo una chiara piramide professionale. La Scuola Allenatori, sempre con sede a Coverciano, si proponeva di fornire ai tecnici una formazione completa, basata su un approccio scientifico e su un costante aggiornamento. Il Settore Tecnico organizzò viaggi di studio all’estero per gli allenatori italiani, con l’obiettivo di aggiornarli sulle nuove metodologie di allenamento e favorire lo scambio di esperienze con i tecnici stranieri. I corsi di 3ª categoria furono organizzati nelle varie regioni.
Il 19 settembre 1966 fu costituita a Roma, promossa dall’avvocato Ernesto Corigliano, l’Associazione Italiana Allenatori Calcio (AIAC), per valorizzare la professione dell’allenatore, garantire la rappresentanza e l’assistenza agli associati nelle vertenze, assicurare forme previdenziali e assistenziali alla categoria. Nell’assemblea di Firenze, del 20 giugno 1967, venne eletto il primo Consiglio direttivo. La sede, in origine a Cosenza, fu trasferita a Genova dal 15 luglio 1968.
La Nazionale vinse il Campionato europeo nel 1968 e arrivò seconda alla Coppa del Mondo 1970 in Messico. Paradossalmente proprio l’esito del mondiale, e le numerose polemiche sulla gestione della trasferta messicana, in particolare lo scontro con Rivera, portarono Mandelli a rassegnare le dimissioni dal Settore Tecnico. In un decennio Mandelli aveva impresso un grosso impulso al Settore e al Centro di Coverciano. Aveva riorganizzato la Scuola Allenatori e il Settore ed iniziato il coordinamento di tutte le rappresentative azzurre, dalle giovanili alla Nazionale A. Il 12 agosto 1971 il Consiglio Federale nominò Franco Carraro presidente del Settore Tecnico che s’impegnò a seguire la linea tracciata da Mandelli.
L’eliminazione della Nazionale nel girone eliminatorio della Coppa del Mondo 1974 impose un nuovo riassetto. Il Consiglio Federale decise “una revisione generale dell’organizzazione tecnica federale, sia per quanto riguarda le squadre nazionali, sia per quanto riguarda il Settore Tecnico”. A gestire questi passaggi fu direttamente Franchi che, sistemata la Nazionale con Bearzot e Bernardini, nel 1975 affidò a Italo Allodi, l’incarico di elaborare un piano di ristrutturazione del Settore Tecnico.
Il piano di Allodi, presentato al Consiglio Federale nel giugno 1975, ipotizzò una serie di innovazioni radicali per la formazione dei tecnici del calcio italiano. Tra le principali novità proposte dal piano di Allodi vi era la creazione di una Facoltà di medicina dello sport applicata al calcio e di una Facoltà di educazione fisica calcistica. Queste facoltà, con sede a Coverciano avrebbero dovuto formare medici e preparatori atletici specializzati nel calcio, contribuendo alla crescita del livello professionale del sistema. Allodi propose la creazione di un sistema informativo e la raccolta di documentazione tecnica, con l’obiettivo di creare un archivio completo e aggiornato a disposizione dei tecnici.
Il piano Allodi prevedeva l’istituzione di un corso superiore per allenatori di 1a categoria e istruttori di giovani calciatori, con una durata di dieci mesi e un programma più completo e selettivo. Questo corso, che avrebbe sostituito i vecchi corsi biennali, si proponeva di formare tecnici di altissimo livello, in grado di competere con i migliori allenatori stranieri.
Per gli allenatori già abilitati, Allodi propose l’organizzazione di corsi integrativi, con l’obiettivo di aggiornarli sulle nuove metodologie, uniformando il livello di preparazione dei tecnici italiani.
Il piano, approvato dal Consiglio Federale, rappresentò una svolta epocale per la formazione dei tecnici del calcio italiano. Le innovazioni introdotte, anche se non furono tutte quelle proposte, posero le basi per un sistema di formazione moderno capace di rispondere alle sfide del calcio contemporaneo.
GLIEROIDELCALCIO.COM ( Massimo Cervelli)