Noi non sappiamo cosa combinerà l’enigmatica squadra italiana, ma abbiamo il giusto orgoglio di riaprire allo sport le porte delle Alpi
Il numero è il 290 del 10 Novembre 1945, la testata La Gazzetta dello Sport. Con un titolo pieno di orgoglio e di rivalsa, il principale quotidiano sportivo italiano annuncia l’inaspettata amichevole contro la Svizzera. La partita che farà da spartiacque tra il vecchio ed il nuovo ciclo azzurro e segnerà la rinascita di un movimento calcistico dilaniato dal secondo conflitto bellico.
Il ricordo della ineguagliabile Nazionale di Pozzo era rimasto sepolto sotto le macerie di una guerra durante fin troppo ed il blasone di Meazza e compagni aveva lasciato il posto ai pregiudizi stranieri. In quel contesto storico, in cui l’Italia non veniva vista di buon occhio nemmeno dalla FIFA (che valutava seriamente la proposta di escludere i nostri calciatori dalle competizioni internazionali), a tendere la mano alla FIGC, oltre all’amichevole aiuto della ASFA elvetica, anche l’improvviso forfait della Spagna, invitata a giocare a Zurigo l’11 Novembre di quell’anno. Probabilmente, senza quella indisponibilità iberica, gli azzurri avrebbero fatto molta più fatica a rientrare nelle grazie del maggiore organo calcistico mondiale.
Vittorio Pozzo, inizialmente contrario, fu chiamato a comporre un organico d’emergenza, senza la possibilità concreta di poter visionare le condizioni dei calciatori (eccezion fatta per quelli della Juventus e del Torino) e con l’estrema difficoltà di reperirli.
Nonostante le prime obiezioni, l’Italia ci andò a Zurigo e giocò una partita d’orgoglio nel fango dell’Hardtum Stadion. I calciatori italiani, capeggiati dai fuoriclasse Piola e Mazzola, riuscirono a strappare un rocambolesco 4-4, risultato più che soddisfacente se si pensa che i rossocrociati avevano sconfitto Inghilterra, Francia e Portogallo e non avevano subito lo stop forzato della guerra. Un pareggio ottenuto con la forza della rivalsa, il talento dei campioni e la voglia dei giovani.
Dieci undicesimi giocavano all’ombra della Mole, con il bolognese Biavati a fare da intruso in una squadra improvvisata. Sarà proprio lui a segnare due gol, tra il 62esimo ed il 69esimo, che porteranno la Nazionale sul momentaneo 4 a 2.
Quell’11 Novembre del 1945, sotto le note dell’Inno del Piave, il Metodo di Pozzo condusse alla riconquista dell’identità calcistica a discapito del famoso Sistema. Se ne accorsero anche i cronisti del tempo, che ebbero però il merito di esaltare il gesto svizzero e la rinascita azzurra.
La prima pagina de La Gazzetta dello Sport del 12 Novembre 1945