Abbiamo raggiunto e intervistato Andrea Corsini, cinquant’anni, avvocato, ragioniere e revisore contabile … ma la cosa più importante, almeno per noi, è la sua collezione di maglie
Abbiamo avuto la possibilità di intrattenerci e colloquiare con un professionista e collezionista davvero particolare toccando diversi temi relativi alla sua e nostra comune passione: ne è nata una piacevolissima conversazione che ha toccato tanti temi … un racconto appassionato.
Diversamente dal solito allora via le domande … teniamo solo le risposte …
“La mia passione per il calcio d’epoca nasce dalle letture d’infanzia di riviste sportive degli anni Sessanta e Settanta, che riportavano imprese che avevano la capacità di trasportarmi in un mondo parallelo e felice.
Tra queste riviste aveva un ruolo preponderante il calcio, cui assistevo dal vivo per la contemporanea frequentazione, con mio papà, dello stadio di Bologna, in occasione delle partite casalinghe dei rossoblù.
Andrea qualche tempo fa …
Da qui nasce il primo germe del collezionismo, nell’assistere a questi incontri tra squadre che indossavano le maglie degli anni Settanta con i colori così sinceri ed autentici.
Ricordo l’emozione della prima partita dal vivo cui assistetti, in quell’arena dello Stadio Comunale (così si chiamava fino al 1984) che mi parve enorme, colma di spettatori pigiati, come punte di spillo, l’uno accanto all’altro: era Bologna-Lazio 2-1 del 14 aprile 1979, rammento nitidamente la platonica rete laziale di Bruno Giordano su rigore a pochi minuti dal termine, esattamente dietro la porta ove mi trovavo.
Tutto questo è stato fondamentale, perché io non riesco a raccontare ciò che non ho vissuto e ciò che non ho letto, in quanto esiste un legame inscindibile tra la mia vita e la mia collezione. Prova ne è il fatto che, partendo da quella prima partita vissuta mano nella mano con mio papà, in quell’afrore di tabacco e di sigaro che mi penetrava le narici, ho cercato di collezionare anche tutte le maglie della stagione 1978/79 del Bologna e delle altre squadre italiane.
Poi, negli ultimi vent’anni, il collezionismo ha assunto per me un ruolo sempre più rilevante, nonostante si siano accumulati impegni famigliari e professionali più gravosi. E anche questo credo non sia un caso: collezionare per me è un’oasi felice, l’aria pura, l’esilio dai miei tormenti e da quelli dei miei clienti che, con la crisi economica perenne, necessitano di assistenza tecnica, ma soprattutto di conforto, ascolto, leggerezza e consolazione. Nei momenti di frequente solitudine, la presenza del cimelio e della storia che l’accompagna, migliora la qualità della mia vita e anche quella delle persone che mi stanno vicino: mi ha consentito di approfondire ciò che mi sta intorno, di conoscere storie altrimenti ignote, d’incontrare tante persone, mi ha permesso di capirmi meglio, di tentare, almeno con umiltà, di migliorarmi.
Poi c’è anche il lato negativo del collezionismo: Freud sosteneva, non senza ragione, che il collezionismo fosse una forma di perversione, e io, in certi momenti, mi sento un totale pervertito… Perversioni che hanno un legame diretto con i “lutti collezionistici” nei quali sono incappato e nei quali avevo inizialmente creduto, che però non si sono rivelati solo tempo e denaro perduto: mi hanno consentito di comprendere che l’errore di valutazione nel quale incappa il collezionista è talvolta determinato non solo da superficialità, ma anche da avidità, incontentabilità, invidia ed egoismo, e che quando si è preda di queste pulsioni, è giusto venirne puniti. Tutto questo mi ha fatto comprendere meglio anche le mie fragilità, tanto che mi viene da pensare che io sarei una persona peggiore senza queste esperienze.
Il collezionismo è divenuto una parte della mia vita, forse quella ove ho trovato la mia migliore ed autentica capacità espressiva, è un bilancio largamente attivo, l’entusiasmo di svegliarsi per scoprire cosa si cela dietro l’ultimo ritrovamento, al fine di condividerlo nell’illusione di potere rivivere quel tempo meraviglioso. E’ la mia solitudine che viene premiata, giustificando il tempo e la passione profusa nello studio e nella ricerca.
Anche il rapporto con altri collezionisti, salvo rarissime eccezioni, mi ha sempre arricchito di conoscenze, occasioni ed opportunità. Negli ultimi anni, poi, ho ampliato la mia collezione anche all’Inter, per rivalutare la sua storica rivalità con il Bologna, ed alla Juventus, per la quale tifava furiosamente mio nonno. Tutte maglie che non devono superare rigorosamente il perimetro degli anni Settanta, perché è con gli anni Ottanta che termina la mia idea di calcio romantico, che coincide con l’adozione della sponsorizzazione sulle maglie previste dalla stagione 1981/82: è con la vendita dei propri colori e la comparizione di marchi commerciali, che il calcio romantico muore, assassinato dal denaro e dalle logiche del profitto, ed è per questa ragione che aborro totalmente i ricami o le stampe commerciali sulle maglie, considerandole un oltraggio alla storia ed alla sua integrità.
In questo contesto, non esiste una maglia cui tengo di più. Certo che le maglie del Bologna e dell’Inter bianche a bande trasversali rossoblù e nerazzurre conservano un significato di storica iconicità per una rivalità che ha contribuito in maniera decisiva alla crescita a livelli internazionali del calcio italiano.
Il collezionismo è fonte anche di aperture di rapporti sociali: in un paio di occasioni colleghi professionisti, a conoscenza di questa mia passione, hanno fatto da tramite, contribuendo a recuperare maglie che altrimenti non avrei mai rinvenuto. E’ anche elemento di condivisione, che favorisce sempre la comunicazione tra soggetti che altrimenti non avrebbero nulla in comune.
Non ho ambizioni particolari su altri cimeli, possiedo tutto ciò cui aspiravo, e mi si creda se scrivo che la gioia di un amico collezionista, per un ritrovamento che arricchisca la sua collezione, è anche la mia.
Poi c’è un altro aspetto che del collezionismo mi affascina: la circostanza che c’è sempre da imparare, in ogni occasione. Quando scopri il retroscena che giustifica l’uso di quella maglia in quella partita per quella determinata ricorrenza, oppure la coincidenza di eventi sportivi, storici, politici che contaminano e creano la storia, tutto questo per me è adrenalina pura.
Si prenda ad esempio la “Pablo Neruda”, maglia bianca a bande rossoblù, con particolari caratteristiche, del Bologna che debuttò il 23 settembre del 1973 (giorno della scomparsa del Poeta comunista Premio Nobel Pablo Neruda) nella partita Reggiana-Bologna di Coppa Italia, disputata tra le squadre delle due città che allora erano le più comuniste dell’Europa Occidentale. Formidabile coincidenza, che è ciò che il destino non ha saputo o voluto esprimerci.
Ecco, collezionare è proprio e soprattutto questo: contaminare di aneddoti, retroscena e cultura, la vita di ogni cimelio, che possiede in sé sempre una piccola e grande storia da narrare. Il collezionista è un conduttore di memoria, che tramanda dal passato a chi verrà dopo di lui, è un tramite senza il quale si smarrirebbero esperienze da non dimenticare, è la perpetuazione del ricordo.
Incastonare il cimelio in quella determinata era, per giustificarne e comprenderne l’esistenza, capendo nel contempo l’epoca da cui derivano e trasmettere le emozioni che suscitano, è un compito gravoso e stupendo, è un privilegio e, nel contempo, una grande responsabilità, è lo svelare agli altri che, oltre al presente, è esistito un mondo bellissimo prima, è un atto di sconfinato affetto che trova la sua ragione intima nell’essere collezionista, testimone ultimo del tempo e paladino sublime della memoria”.