Per la nostra rubrica dedicata ai collezionisti, oggi vi raccontiamo la storia di Andrea Furlanetto, un esperto di logistica che colleziona gagliardetti fin dal 1979, spinto da un sano amore per il calcio inteso come elemento fondamentale nel contesto sociale e culturale.
Andrea, come nasce il tuo amore per il collezionismo e per i gagliardetti?
Credo che l’amore per il collezionismo sia una caratteristica innata, io ho sempre raccolto e catalogato diverse cose, fin da bambino. Secondo me, esistono due categorie di persone: i collezionisti e i non collezionisti. Per i secondi è impossibile capire i primi, mentre un collezionista si appassiona sempre alle collezioni degli altri, indipendentemente dal valore o dalla bellezza degli oggetti.
Cosa rappresentano calcio e collezionismo per te?
Il calcio è stato il mio principale interesse per un periodo della mia vita, soprattutto in quanto veicolo per conoscere diversi Paesi. Citando Simon Kuper, il giornalista inglese che ha scritto “Calcio e potere”, fino agli anni ’80 e ’90 si giocava un calcio diverso in ogni Paese, le squadre avevano caratteristiche diverse nel modo di stare in campo, oggi è tutto molto omologato. Questo fatto, unitamente alla sovraesposizione mediatico-finanziaria del pallone, mi ha fatto perdere l’interesse per quello che succede sul rettangolo di gioco. Continua a interessarmi tutto il resto, la storia del calcio e – soprattutto – le storie del calcio, aneddoti, elementi sociali, culturali… Il collezionismo è una fatica di Sisifo. Impegno molto tempo a preservare oggetti e memorie, pur essendo consapevole del fatto che un giorno la mia vita finirà, e questi oggetti prima o poi diventeranno irrilevanti. Tuttavia, la vedo come una battaglia giusta, anche romantica nella sua inutilità. A parte la filosofia, è anche un bel modo per entrare in contatto con altre persone, ricevendo e dando reciproci insegnamenti.
Che cosa collezioni?
Nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza ho collezionato tantissime cose, penne, tappi, monete, modellini di auto, portachiavi, ma prima o poi tutte queste collezioni hanno trovato un nuovo padrone e mi sono concentrato sui gagliardetti. La ragione è stata che tali oggetti comprendevano in sé numerosi argomenti di mio interesse: il calcio, la geografia politica, l’araldica, la vessillologia e la grafica. La mia collezione è passata attraverso tre o quattro periodi: all’inizio raccoglievo qualsiasi cosa, poi ho iniziato a prediligere pezzi di formato più grande, in seguito ho limitato la raccolta a squadre professionistiche. Infine, nel 2020 ho adottato un criterio cronologico, scegliendo di mantenere nella collezione solo pezzi emessi fino al 1979, che è l’anno in cui ho iniziato a collezionare, dopo aver scambiato con un amico tedesco i gagliardetti delle rispettive squadre locali.
Come cerchi i pezzi che vuoi inserire all’interno della tua collezione?
Non avendo contatti con l’ambiente calcistico, restano due canali: uno più piacevole ma minoritario, rappresentato dagli scambi con un ristretto numero di collezionisti che possiedono materiale simile, l’altro – nettamente preponderante – è il web, nelle sue diverse accezioni.
Ci racconti quale è il pezzo al quale tieni di più e quello più costoso o ricercato?
E’ davvero complicato stilare una classifica dei pezzi a cui tengo maggiormente. C’è una rosa abbastanza ampia di oggetti che mi vengono in mente, perché si legano a fatti biografici, oppure perché mi piacciono particolarmente dal punto di vista estetico o, ancora, per la loro vetustà. Forse il pezzo più raro è quello che il Peñarol Montevideo consegnò all’Huracán di Buenos Aires in occasione della finale di Coppa Aldao nel 1929, visibile in foto. Era una competizione che si disputava quasi ogni anno tra le vincitrici dei campionati argentino e uruguaiano: per inquadrare il livello di prestigio di tale coppa, a questa finale parteciparono due giocatori che otto mesi dopo vinsero il primo campionato del mondo indossando la maglia dell’Uruguay. Più semplice è definire l’oggetto per il quale finora ho speso la cifra maggiore: si tratta di un gagliardetto del Hask Zagreb, scambiato nel 1925 in una amichevole con il Rapid Vienna.
Ci sono racconti specifici su come sei arrivato ad avere un gagliardetto particolare?
Le storie da citare in questo caso sarebbero numerose, in generale le mie preferite sono quelle che confermano il proverbio inglese “one man’s trash is another man’s treasure”, ad esempio quando comperi per poche decine di euro quattro gagliardetti degli anni ’30. Come sempre nella vita, ci vuole applicazione (impiegare del tempo), talento (ad esempio, riconoscere uno stemma antico) e fortuna (arrivare prima degli altri). Per fare un esempio di circostanza fortunata, la scorsa settimana ho partecipato a una riunione aziendale in Germania e il mio collega Franck Gress mi ha portato alcuni gagliardetti, tra cui i due che mostro nella seconda foto: un Milan del 1964 e un VfB Stuttgart risalente al 1966. Pezzi legati alla luminosa carriera di suo padre Gilbert, prima capitano del Racing Strasbourg che eliminò i rossoneri dalla Coppa delle Fiere 1964/65, poi ingaggiato dalla squadra sveva e primo francese a giocare e segnare nella Bundesliga tedesca, che era allora appena alla quarta edizione.
C’è qualcosa che stai cercando e che vorresti avere nella tua collezione?
La mia collezione si muove in tante direzioni geografiche, ho provato a dare un saggio di questo fatto nella terza foto, in cui stili, colori e alfabeti diversi si sovrappongono in modo quasi caotico. Sono nato in una famiglia con radici italiane, tedesche e slave, a causa di circostanze fortuite sono venuto presto in contatto con persone di ogni parte del mondo, quindi la mia raccolta non potrebbe mai avere l’obiettivo della completezza e cerca di supplire con la rappresentatività. D’altra parte, le collezioni d’arte più importanti del mondo non hanno tutte le opere di un pittore, ma mirano a fornire una rappresentazione di ciò che è stato prodotto in un certo periodo. Tanto per chiarire il concetto, se dovessi elencare le squadre importantissime che attualmente cerco inizierei probabilmente da: Lazio, Torino, Sampdoria, Celtic, Olympiakos, Partizan, Feyenoord, IFK Goteborg, Tottenham Hotspur, Estudiantes, Racing, Fluminense e potrei continuare per altre venti righe.
Cosa ne pensa la tua famiglia di questa tua passione?
Per gran parte della mia vita il fatto che impiegassi tempo e denaro per le “bandierine” è stato a malapena tollerato. Ora sono riuscito a trasmettere un moderato interesse almeno alla persona che ho accanto e lo considero un enorme passo avanti.
Cosa ti trasmette il collezionismo?
Per me il collezionismo dovrebbe essere più condivisione e meno competizione. Ultimamente osservo tendenze in qualche modo opposte: da una parte il vorticoso aumento dei prezzi allontana i giovani dal collezionismo sportivo e crea le condizioni per il proliferare di falsi e repliche spacciati per originali. Tuttavia, sull’altro piatto della bilancia, vedo persone che si sforzano a diffondere la conoscenza e la cultura collezionistica: il primo esempio che verrà in mente a tutti è quello della Lega dei Collezionisti, che fa notevoli sforzi per divulgare e mostrare ciò che i suoi membri hanno raccolto in decenni di passione. Questo è ancora più vero se si pensa ai collezionisti che io chiamo “verticali”, cioè a quelli che si concentrano sulla propria squadra locale, aprendo spazi fissi o temporanei, che avvicinano i giovani calciatori alla storia del club di cui indossano la divisa. Ecco, se oggi i miei principali riferimenti restano i Grandi Maestri del gagliardetto (Paolo Gatti, Carlo Bianchi e Marco Cianfanelli, elencati in rigoroso ordine d’età biografica), mi piacerebbe in futuro approfondire i legami già esistenti con colleghi collezionisti conosciuti più di recente, magari nella nuova casa che i miei gagliardetti dovrebbero avere nel corso del 2024.